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ITALIANI E GRANDE DISTRIBUZIONE: CALANO I CONSUMI IN QUANTITÀ, MA SI PUNTA SEMPRE PIÙ SULL’“EDONISMO” ALIMENTARE. ECCO IL RAPPORTO DI COOP SULLA SPESA NEL BELPAESE. MA SULLA RIPRESA PESA IL “RISCHIO INFLAZIONE”

L’onda lunga della crisi economica continua a farsi sentire anche nei consumi alimentarti degli italiani: nella grande distribuzione calano le vendite (-0,3% nella prima metà del 2010 sul 2009). Anche se, va detto, i consumatori del Belpaese sembrano sempre più orientati, in una sorta di paradosso, a una diminuzione delle quantità dei prodotti di base pasta di semola (-2,8%), conserve a base di pomodoro (-2,3%), olio di oliva (-1,7%) e olii di semi (-5%), privilegiando un approccio più edonistico, salutare e rapido al cibo, che porta ad una crescita decisa dei carrelli “etnico” (+6,5%), “salute” (+6,4%) e “pronto” (+8%), anche se, in genere, gli italiani sono diventati più sobri (il 14% dichiara di aver ridotto l’acquisto di alcolici e l’11% persino il fumo) e hanno messo in atto strategie di contenimento della spesa. Ecco la fotografia scattata dal Rapporto Coop 2010 “Consumi & Distribuzione”.
Al supermercato, dunque, che gli italiani continuano a privilegiare come luogo dove fare la spesa, diminuiscono le quantità acquistate, e si punta sempre più sul “private label”. Ma, segno che è forse proprio la percezione dell’importanza e del valore del cibo che sta cambiando, se il carrello della spesa si riduce, nel 2010 l’elettronica di consumo (televisori a schermo piatto e smartphone su tutti) torna a crescere a doppia cifra (+16%).
Coop, in questo contesto,che ha realizzato l’indagine, dichiara di andare meglio del mercato e di recuperare quote, con una crescita del 2%. “E’ l’effetto di un impegno nella tutela concreta del potere d’acquisto - spiega Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di Gestione di Coop Italia - con iniziative sul prodotto a marchio e sui prezzi delle categorie più importanti per la spesa quotidiana”.

Focus - Il rapporto Coop 2010 “Consumi & Distribuzione” ...
L’eredità della crisi e il comportamento degli italiani. Si conferma il gap fra le famiglie. Se è vero che il 2008 e i primi mesi del 2009 sono stati il momento più difficile per l’economia internazionale dal dopoguerra, è inevitabile che pur a fronte di un’inversione di rotta - peraltro appena avviata e dunque ancora debole - pesa ancora sulla situazione attuale l’eredità lasciata dalla crisi. L’Italia non fa eccezioni e pur godendo della ripresa internazionale che la trascina fuori dalla recessione condivide con gli altri una comune incertezza sull’imminente futuro.
D’altro canto è il nostro Paese ad aver subito con maggior evidenza l’impatto sociale della crisi tanto che oltre il 37% degli italiani, a fronte di una media dell’Unione Europea che si attesta al 24%, percepisce un aumento della povertà nel tessuto sociale in cui vive e questa percezione trova riscontro nelle difficoltà delle famiglie a far fronte a impegni di pagamento di carattere ordinario per non parlare delle spese occasionali e straordinarie. Una spesa imprevista di 1.000 euro mette in difficoltà 2/3 dei cittadini e il 21% (a fronte di una media Ue che non supera il 12%) ammette di avere più difficoltà a sostenere spese peraltro necessarie come quelle relative alla cura dei propri bambini. A fronte di simili preoccupazioni, inevitabile la contrazione dei consumi procapite che, nel biennio 2007-2009, si sono ridotti di oltre 600 euro l’anno a prezzi costanti, di cui 181 solo nella componente alimentare. Diverso l’andamento europeo dove la crisi c’è stata, ma la reazione a livello di consumi è stata diversa e meno penalizzante. Fatta eccezione per la Spagna, infatti in Germania i consumi hanno subito una leggera flessione e sono addirittura cresciuti in Francia.
A svolgere un ruolo decisivo per la ripresa dei consumi l’evoluzione del mercato del lavoro. Negli ultimi 2 anni di crisi si è registrata una caduta netta di 817.000 occupati italiani, solo parzialmente compensata dall’incremento dell’occupazione della popolazione immigrata (+405.000 occupati). Il dato è tanto più negativo perché occorre aggiungervi una contrazione occupazionale aggiuntiva e “latente” di 280.000 lavoratori tuttora in cassa integrazione e come tali a rischio nei prossimi mesi. A pagare di più in termini di perdita del posto di lavoro i giovani (nella fascia d’età fra i 15 e i 24 anni e fra i 25 e i 34 cadute del 14 e dell’11%), gli autonomi e i lavoratori a termine, gli occupati del Sud (-4% rispetto al -1% nelle regioni del centro nord). La disoccupazione di un componente di una famiglia determina una compressione dei consumi familiari che il Rapporto Coop stima in oltre 330 euro al mese in meno con effetti soprattutto sulle spese per la mobilità, lo svago e la manutenzione dell’abitazione.
La componente territoriale d’altronde gioca un ruolo significativo anche sui comportamenti dei consumatori. “A “tirare di più la cinghia” i residenti al sud e nelle isole: soltanto prendendo in considerazione la spesa media mensile per alimentari e bevande, la riduzione al nord si è attestata all’1,3% nel biennio a prezzi correnti, mentre al Centro e nel Mezzogiorno la flessione è stata molto più consistente attestandosi non lontano dal -4%. E comunque un po’ ovunque è il ceto medio ad aver sofferto di più.
Cresce il divario a livello di consumi anche fra le famiglie che hanno o non hanno l’accesso a Internet. Le prime già nel 2008 hanno speso circa 1200 euro in più al mese rispetto alle seconde destinando maggiori quote di spesa allo svago, all’abbigliamento, alla mobilità: frutto sicuramente di un maggiore budget disponibile. E sono proprio queste famiglie una delle poche componenti dinamiche della società italiana dei prossimi anni.

Il carrello alimentare e non
La crisi, come ci si poteva aspettare, ha fatto cadere la domanda per quei prodotti il cui acquisto è possibile rinviare: arredamento (-7% a quantità nel 2007/2009), elettrodomestici (-8,7%), abbigliamento (-10,9%). Sorprendentemente però anche i consumi di beni di uso quotidiano hanno subito contraccolpi negativi e tra questi persino i prodotti alimentari divenuti l’epicentro della crisi come mai negli ultimi trent’anni (da quando esiste la rilevazione Istat). Nella classifica dei consumi che hanno subito maggiori diminuzioni a prezzi costanti figurano il pane e cereali (-5,2% nel 2007/2009), il pesce (-4,3%), latte formaggi e uova (-3,3%), olii e grassi (-3,4%).
Gli italiani, più formiche che cicale, sono diventati più sobri (il 14% dichiara di aver ridotto l’acquisto di alcolici e l’11% persino il fumo) e hanno messo in atto strategie di contenimento della spesa.
Al supermercato che continuano a privilegiare come luogo dove fare la spesa diminuiscono le quantità acquistate, cercano le private label. Dichiarano di averlo fatto durante la crisi, ma dichiarano anche di continuare a volerlo fare. Tanto che le previsioni del Rapporto Coop per il biennio 2010-2011, a fronte di un aumento del Pil stimabile rispettivamente in un +1,2% e + 0.9% segnalano una ripresa, benché debole, dei consumi delle famiglie (0,3% nel 2010 e 0,6% nel 2011).
D’altro canto tra i prodotti che viceversa hanno continuato a crescere anche durante la crisi e ancora nel primo semestre 2010 spicca l’elettronica di consumo (televisori a schermo piatto e smartphone su tutti) che da sola fa segnare un +16%. Apparecchiature e servizi per la telefonia (a partire dall’iPad), computer, audiovisivi continuano a figurare al top anche nelle voci dei consumi che cresceranno di più nel prossimo triennio seguiti da altre voci (farmaci e articoli sanitari, protezione sociale, servizi ambulatoriali) che fanno riferimento alle necessità di una popolazione che invecchia. In prospettiva riemergono i consumi di nuova necessità come i servizi ricreativi e culturali, le vacanze, i pasti fuori casa. A dispetto della crisi, gli italiani aspirano infatti a consumi edonistici, con una quota aggiuntiva di servizio e improntati alla ricerca del benessere e non a caso nella prima metà del 2010 riacquistano quota i carrelli “Etnico” (+6,5% a quantità), “Salute” (+6,4% integratori e complessi vitaminici, dolcificanti, prodotti senza glutine, yogurt) e “Pronto” (+8% un paniere composto da paste fresche, sughi pronti, pizze e snack surgelati, merendine e frullati).

L’andamento delle vendite nel primo semestre 2010 e il rischio inflazione
Al momento la ripresa dei consumi ancora non c’è: nelle prime 33 settimane del 2010 il mercato della grande distribuzione registra una flessione delle vendite dello 0,3%. Persiste un quadro problematico: per la prima volta, calano i consumi alimentari e calano in quantità prodotti di base come la pasta di semola (- 2,8%), le conserve a base pomodoro (-2,3%), l’olio di oliva (-1,7%) e gli olii di semi (-5%) segno evidente delle difficoltà delle famiglie italiane. Coop va meglio del mercato, recupera quote, crescendo nello stesso periodo del 2%. “E’ l’effetto di un impegno di Coop - afferma Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di gestione di Coop Italia - nella tutela concreta del potere d’acquisto, con iniziative sul prodotto a marchio e sui prezzi delle categorie più importanti per la spesa quotidiana. La dinamica dei prezzi Coop dei primi 8 mesi, in deflazione del -0,9%, risulta significativamente più bassa rispetto a quella nazionale registrata dall’Istat che è del -0,1%. Per le previsioni a fine anno e le proiezioni 2011 sulla inflazione bisogna fare attenzione: ci sono evidenti segnali di una possibile ripresa inflattiva.
La tensione sulle materie prime, denunciata anche recentemente dalle autorità europee, in parte riconducibile a fattori oggettivi di calo della produzione (incendi in Russia e alluvioni in Pakistan, India e Cina), rischia di attivare una spinta speculativa che potrebbe portare i prezzi sui livelli massimi del 2008, cioè ad un più 5%; un livello insostenibile in una situazione dove permangono le difficoltà per le famiglie”.
“Coop, come è successo anche nel 2008, farà la sua parte per contrastare rialzi immotivati. Sarebbe però opportuna - aggiunge Tassinari - un’azione di prevenzione dei fenomeni speculativi. Le autorità competenti devono vigilare e intervenire. C’è bisogno più complessivamente di una strategia che punti al rilancio dei consumi sulla quale far convergere l’impegno di tutti: Governo, istituzioni e imprese”.

Una strategia economica per uscire definitivamente dalla crisi. Alcune proposte di Coop
Fuori dalla recessione dunque, ma ancora nel cono d’ombra della crisi. Il vero problema dell’Italia di oggi è la bassa produttività Solo stimolandone la crescita, rompendo la fase di protratta stagnazione, riattivando il metabolismo del sistema economico si possono generare contraccolpi positivi. “Non c’è - dichiara Aldo Soldi, presidente Ancc-Coop - una ricetta unica ma una serie di azioni che messe in campo possono produrre benefici di media e lunga durata. In primo luogo, una ripresa delle liberalizzazioni che permetta all’Italia di assumere una fisionomia europea, sia per quanto riguarda la distribuzione commerciale sia insistendo su settori solo parzialmente liberati (farmaci, carburanti, servizi finanziari). Azioni convergenti che genererebbe secondo le nostre stime una maggiore capacità di spesa in termini di nucleo familiare di 3.000 euro all’anno, 250 euro al mese.
Prendiamo solo il caso della distribuzione italiana che sconta un gap con i parametri medi degli altri grandi Paesi europei: solo l’ammodernamento della rete distributiva determinerebbe un risparmio potenziale per le famiglie che supera i 350 euro annui”.
“L’apertura dei mercati - conclude Soldi - si lega infine al tema della mobilità sociale e della necessità di riequilibrare le distanze sociali presenti nel Paese (ricchi vs poveri, nord vS sud, uomini vs donne, giovani vs anziani) garantendo una tenuta del tessuto sociale. Secondo una simulazione fatta nel Rapporto se, a parità di occupazione si spostasse a favore delle donne il 10% dei redditi da lavoro con opportune misure di politica economica si genererebbero consumi aggiuntivi di circa 7 miliardi di euro l’anno. Una società più equa cresce di più”.
Info: www.e-coop.it

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