Forse nulla, come l’escalation sulla scala dei punteggi di un guru mondiale del vino come James Suckling, riesce a spiegare meglio il Rinascimento vissuto dal vino italiano negli ultimi quarant’anni, perché se fino ad allora “per un vino italiano raggiungere i 90 punti era una notizia, oggi è l’attualità”, come racconta a WineNews la firma storica della critica enoica, che, a Firenze, nella Villa di Maiano, che domina la città, ha chiamato a raccolta i 400 produttori di vino migliori d’Italia per l’esclusivo evento “Magnum Party”. “È incredibile quanti vignaioli lavorino bene in vigna - riprende Suckling - e questa è la cosa più importante, ma anche in cantina, eliminando ogni difetto. È il momento giusto per comprare e bere i grandi vini italiani, il livello medio è ormai altissimo”.
Ma se l’alta qualità è ormai una realtà consolidata, ad apparire ancora lontana è la Cina, dove il vino italiano avrebbe bisogno di un Marco Polo moderno che, sulla scia del viaggiatore veneziano, facesse conoscere a tutta l’Asia la ricchezza del vino italiano. Un ruolo che affascina James Suckling: “l’idea di diventare il Marco Polo del vino italiano mi piace, lavoro molto nella Cina Continentale, dove passo lunghi periodi, pur vivendo di base ad Hong Kong. Non c’è nessuno, a livello di media del vino, che fa il nostro lavoro in Cina, il nostro è un grande investimento sul mercato cinese. Del resto - continua Suckling - è interessante, per me, come i migliori vini italiani siano ormai in grado di suscitare non solo la curiosità, ma l’interesse dei maggiori distributori dei vini di Bordeaux sui mercati orientali, dalla Cina al Giappone, dalla Russia ai Paesi emergenti come il Kazakistan, dove è difficile per i vini italiani entrare. È il segno che l’Italia sta arrivando”.
In questo senso, diventa importante saper comunicare le peculiarità e le unicità del vino italiano, perché l’Italia ha la sua caratteristica principale nei tanti vitigni autoctoni e nelle tante espressioni territoriali, ma a ben guardare, nel mondo, e quindi anche sul mercato asiatico, i vini di maggior successo sono i Super Tuscan, o comunque bottiglie di taglio bordolese, se si escludono i campioni del Barolo, del Brunello e del Chianti Classico. “A volte la gente non capisce cosa si trova di fronte - spiega il critico - ma i consumatori asiatici sono curiosi, vogliono imparare, per questo credo ci possa essere un grande futuro per i vini italiani in Asia. La cosa più importante adesso è fare promozione, tutti sotto la bandiera italiana, facendo capire che bere un vino italiano vuol dire bere la storia dell’Italia, la sua moda e l’arte. Il vostro - ricorda James Suckling, che è stato il corrispondente nel Belpaese per “Wine Spectator” fino al 2010 - è un Paese pazzesco, dove la gente è gentile ed il cibo buonissimo. È un’immagine che il vino italiano deve saper comunicare, questa è la chiave per vendere bene, specie perché ci sono tanti cinesi e coreani che scelgono l’Italia per le loro vacanze, dopo aver visitato la Francia, alla scoperta dei vini e della cucina italiana, è una grande fortuna che l’Italia deve saper sfruttare”.
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