Il contesto del consumo del miele in Italia
Per poter parlare di strategie per la promozione del miele italiano, occorre soffermarsi brevemente sul contesto dei consumi di questo prodotto alimentare. Per quanto noi italiani non siamo dei grossi consumatori di miele (circa 400 grammi pro-capite, rispetto al triplo della Germania e della Grecia) non è da ritenersi che esso sia un prodotto negletto nelle nostre abitudini alimentari: se confrontiamo infatti i consumi pro-capite di alcuni caratteristici prodotti della nostra alimentazione, il miele rappresenta un decimo circa, in quantità, del consumo di caffè ad esempio. Come paese mediterraneo, legato alle sue antiche civiltà, noi spesso riteniamo che il consumo del miele in via diretta, allo stato originario e non inglobato in altri prodotti (consumi, farmaci, cosmetici, ecc ...) sia ancorato alle nostre tradizioni e, quindi, alle loro modificazioni che si succedono nel tempo, destinato perciò a vivere una fase di maturità avviata al declino. Ma secondo questo paradigma lo stesso fenomeno sarebbe dovuto accadere anche per la pasta, il prosciutto, i salumi, alcuni formaggi, che invece hanno conosciuto un'impensabile rivitalizzazione e pervasione nei consumi che, anche al livello internazionale, ha decretato il loro successo, quello dei settori produttivi e delle imprese che li formano e spesso dell'intero sistema Italia.Analisi molto attente su questi vari comparti hanno dimostrato che queste performances sono legate alle varie sfaccettature dei modelli alimentari moderni, in ognuno dei quali essi hanno trovato un'appropriata collocazione.Proviamo a fare altrettanto per il miele e vedremo che le opportunità di consumo non solo non si attenuano ma, al contrario possono trovare significativa amplificazione. E' questo il basilare principio del marketing sulla segmentazione dei consumatori e sul concetto di mercato-obiettivo, su cui come vedremo, si deve basare qualsiasi strategia di comunicazione e promozione.Il primo contesto entro il quale esaminare i consumi del miele è quello relativo agli stili di vita secondo i quali sono, oggi, segmentati i consumatori e che danno luogo a vari modelli di consumo alimentare, per ciò che ci concerne in questa sede.
I modelli di consumo alimentare
Nell'attuale società dominata da modelli di consumo nazionali e internazionali, un prodotto alimentare si inserisce in un complesso sistema di valori individuali e collettivi da cui originano motivazioni e preferenze d'acquisto determinati dai più svariati criteri di scelta, che si possono ricondurre però a quattro grandi categorie:
-nutrizione
-tradizione
-gustosità e varietà
-salubrità
Ognuna di queste categorie sottende "modelli" alimentari differenti sul piano temporale (modelli antichi e modelli moderni) e sul piano spaziale (modelli nazionali, regionali o etnici e modelli internazionali). Questi modelli non sono immediatamente cumulabili tra di loro ma sono certamente ricchi di sinergie, e per ciascuno dei quali il prodotto "miele" può esser accettato con valenze del tutto differenti, che noi cercheremo di mettere in evidenza, anche se spesso ovvie ma poco meditate. Il modelllo nutrizionale, o fisiologico, rappresenta le modalità e i tipi di alimentazione di un individuo in relazione alla fase storica dello sviluppo della società cui appartiene. Oggigiorno il modello nutrizionale si basa su metodi prescrittivi prevalentemente scientifici che individuano e classificano gli alimenti a seconda del loro apporto calorico, minerale, acqueo, proteico e così via. Su di esso si basa quella che oggi è la scienza della nutrizione, i cui specialisti hanno un grande potere di indirizzo verso un alimento piuttosto che un altro, basandosi sui risultati della loro ricerca. A fianco dei ricercatori vi è tutta la classe medica d’applicazione (i dietologi) che sono in pratica gli elaboratori dei menù alimentari di coloro che, sempre più spesso per ragioni indipendenti dalla loro volontà, devono adottare questo modello. Esso è inoltre diffuso per la definizione dei criteri da adottare nell'alimentazione collettiva (mense, ospedali, caserme..). Non sono un nutrizionista, ma credo che il miele, pur con tutti i requisiti perfettamente rispondenti a questo modello, sia molto trascurato nella scienza dell'alimentazione italiana, forse proprio per la sua "ovvietà" di essere un ottimo e particolare nutriente. Il modello tradizionalista è quello che come dice il nome, lega i cibi alle proprie tradizioni, etnico-regionali o solo iconografiche. In effetti, si possono distinguere due sottomodelli: il primo etnico-regionale è un modello molto reale e diffuso in quanto si lega al principio della conservazione delle abitudini e delle esperienze alimentari ed è espresso in tutte le società complesse dove sono presenti specifiche etnie o culture regionali significative (gli italiani in Usa o i meridionali a Torino). Fino a quando la minoranza etnica o regionale non è inglobata nella società maggiore, essa tende a conservare le proprie abitudini alimentari e i propri cibi originari.Credo che un greco o un tedesco, per il mondo, tenderanno sempre a cercare il miele per la propria alimentazione; molto meno un italiano. Il secondo sottomodello, quello iconografico e quindi ricco di suggestioni, si basa non tanto sulla conservazione dei valori antichi ma sulla loro riscoperta. Tornare alle origini alimentari (che hanno assicurato la "sopravvivenza della specie") è un appeal molto di moda, che si diffonde progressivamente coinvolgendo in un processo prevalentemente imitativo i produttori. Il modello iconografico ha forte presa psicologica sui consumatori specie nelle moderne società industriali. E cosa c'è di più antico e iconograficamente forte del miele, non foss'altro per i richiami e le locuzioni ad esso legati? Il modello edonistico o della gustosità e varietà degli alimenti è perseguito da consumatori elitari alla continua ricerca di cibi raffinati, delicatessen e particolari specialità alimentari.Il prodotto alimentare base è spesso un semplice complemento di una ricetta raffinata ed elaborata. Esso perde, nella percezione del consumatore, le sue caratteristiche nutrizionali per acquisire nuovi valori.Gli alimenti posizionati in questo segmento o nicchia di mercato sono molto numerosi e tra essi si può senz'altro annoverare il miele italiano, che con le sue decine e decine di varietà differenti risponde alla ricerca della varietà degli adepti di questo modello, che sono inoltre potenti opinion leader, diffusori e amplificatori del mangiare e del bere raffinato e nelle moderne società dei consumi tracciano il solco per consumi imitativi e di "status".Il modello salutista, infine, si inquadra nella ricerca di alimenti sani, genuini, di qualità che assicurino, insieme alla loro bontà, il principio del mangiar sano, prevenzione a molti malanni dell'era moderna (obesità, problemi cardiocircolatori, arteriosclerosi...).In questo modello alimentare si affermano di prepotenza i prodotti alimentari antagonisti dei cibi con forte connotazione industriale o i cui componenti non hanno chiari riferimenti a prodotti facilmente rinvenibili in natura. Lo si può considerare un modello che si affianca e interagisce con quello nutrizionista e, seppur scientifico, si basa su motivazioni molto spesso psicologiche (paura d'ingrassare, di ammalarsi, di essere colpiti da eventi critici)Un prodotto naturale, biologico (altro recente requisito richiesto dai salutisti), di qualità, come il miele italiano, si colloca eccellentemente in questo modello.
I contesti di mercato
Il secondo contesto cui riferire i consumi del miele sono quelli dell'ambito di mercato entro il quale essi vengono effettuati.Da questo punto di vista possiamo distinguere tre grandi mercati di riferimento dei consumi globali di miele:- il mercato dei consumi intermedi destinati all'industria dolciaria e a quella farmaceutica e cosmetica, che già oggi detengono circa un terzo (68.000 quintali) dei totali consumi interni;- il mercato dei consumi finali domestici cioè quelli che si attuano nell'ambito della famiglia e che dovrebbero rappresentare gli altri due terzi del mercato interno (150.000 quintali);- il mercato dei consumi finali extra-domestici che riguardano l'uso del miele nella ristorazione commerciale (bar, ristoranti, alberghi e simili) ed in quella collettiva (mense, ospedali, caserme..). Non si conoscono dati al proposito del solo miele, ma si tenga conto che nel complesso della spesa alimentare italiana i consumi extradomestici del tipo di quelli elencati rappresentano circa il 20% del totale.Un discorso a parte andrebbe fatto per il mercato estero del miele italiano (trasversale a quelli descritti innanzi), ma la scarsità delle nostre esportazioni a livello aggregato rende interessante il discorso solo per singoli produttori o loro aggregazioni, che ci porterebbero fuori dal discorso di sistema che ora stiamo perseguendo.
Le strategie di promozione
Intesa la promozione in generale come quell'insieme d’attività volte a sollecitare favorevolmente un pubblico verso un'idea, un bene o un servizio, essa può assumere differenti connotazioni in relazione alla natura dell'obietttivo che intende perseguire (obiettivi strategici od obiettivi tecnici) e alla natura del soggetto promotore (istituzionale, collettivo, individuale).Per quanto riguarda il caso di questa relazione, l'obiettivo di promuovere il consumo del miele italiano si configura chiaramente come di natura strategica, in quanto tende ad incidere su comportamenti atavici e consolidati dei consumatori, le cui modificazioni si verificano solo nel medio-lungo termine e quindi deve avere una connotazione istituzionale, più che commerciale, anche se promosso da soggetti imprenditoriali singoli o collettivi.
Nel merito delle strategie promozionali per lo sviluppo del consumo di miele, e cioè entrando nei contenuti delle attività, queste devono tendere a tre obiettivi di fondo:
- diffondere l'uso del miele nei non consumatori: non esistono indagini che misurano la dimensione di questa parte del mercato potenziale, ma certamente esistono numerosi consumatori che non utilizzano mai il miele direttamente e probabilmente sono le persone più giovani non educate neanche dalla tradizione al consumo di questo prodotto;
- aumentare l'uso del miele nei già consumatori: il più basso livello di consumo pro-capite medio (400 grammi globali, di cui solo 270 assunti allo stato naturale) rispetto alle medie europee (570 grammi) induce a ritenere che esiste uno spazio significativo per lo sviluppo dei consumi di miele presso coloro che già lo consumano, purchè se ne riesca ad aumentare il consumo, ma non con tattiche promozionali effimere e di breve durata (aumentare, ad esempio, l'unità minima di confezione per la vendita al pubblico, portandola, per dire, ad un chilogrammo)
- sviluppare e diffondere usi nuovi o differenziati del miele: la millenaria storia del miele ci insegna quanti e quali fossero stati in passato i suoi usi; chissà che i moderni ricercatori non possano trovare nuove strade per questo prodotto e quelli collaterali, esaltandone anche gli usi complementari (ingrediente fisso di preparazioni e ricette) e gli usi sostitutivi (il miele al posto di altri ingredienti).
La logica delle proposte strategiche
Se ora noi combiniamo i modelli alimentari, gli ambiti di mercato e le modalità strategiche per lo sviluppo dei consumi, ci rendiamo immediatamente conto che nel caso del miele, come per tanti altri beni, sarebbe del tutto inutile appellarsi, con campagne istituzionali ad esempio, ai requisiti del prodotto esaltandoli al massimo, quasi che fosse automatica la sua accettazione e amplificazione nel sistema delle preferenze dei consumatori.Addirittura potremmo affermare che uno o più requisiti del prodotto sono una variabile dipendente della strategia di comunicazione e promozione adottabile per ogni singolo mercato obiettivo al quale ci si rivolge.Né d'altronde, sarebbe efficace un "messaggio universale", che seppur adeguatamente elaborato, potrebbe avere uguale effetto sui vari segmenti di mercato o mercati-obiettivo individuati.Seppure sarebbe necessario avere a disposizione ricerche sul sistema dei consumatori e non consumatori di miele (motivazioni, abitudini, preferenze ecc...) e senza voler essere esaustivi, in quanto le combinazioni prodotto/mercato da esaminare risultano innumerevoli (almeno 24), proviamo a definire alcune strategie di base per lo sviluppo del consumo del miele italiano.
Le strategie per il mercato intermedio
Questo mercato è retto essenzialmente da logiche economiche sul quale fa quindi leva il prezzo del prodotto, tanto è vero che i suoi operatori rappresentano i maggiori importatori di miele straniero, molto più economico di quello prodotto in Italia. Ma poichè numerose industrie, sulla via della qualità totale, si avviano a richiedere le certificazioni di processo, in cui rientra anche il controllo delle materie prime, potrebbero avere interesse a trattare miele che goda di una sua autonoma certificazione di qualità o i cui standard qualitativi sono superiori a quelli dei concorrenti esteri. In questo caso il miele italiano acquisterebbe un vantaggio competitivo non indifferente.A ciò si aggiungono le industrie orientate a prodotti biologici, che potrebbero introdurre il miele di qualità (altamente biologico) nei loro processi, come prodotto sostitutivo di altre materie prime.In questi casi la strategia si deve fondare su una comunicazione tecnico-scientifica, che documenti certificazione e requisiti del miele italiano ed i suoi vantaggi comparativi rispetto a prodotti o materie prime sostitutive concorrenti.
Le strategie per il mercato finale
Questo rappresenta senz'altro il mercato più stimolante, ma anche il più difficile data la sua ampiezza ed eterogeneità.Per poterlo adeguatamente ampliare nei suoi consumi è necessario, a mio avviso, richiamarsi in modo univoco, ma separato, ai singoli modelli alimentari precedentemente illustrati, ricercando anche gli strumenti adeguati al bisogno con il miele italiano e i suoi attributi.Si possono individuare almeno tre campagne promozionali differenziate. Una prima campagna, che definiremo educativo-nutrizionale, va rivolta a tutti coloro che hanno voce in capitolo per definire e orientare l'alimentazione dei consumatori e cioè ricercatori di scienza dell'alimentazione, medici, dietologi, maestri, nei quali sollecitare una maggiore considerazione dell'alimento miele nella dieta dei consumatori, di modo che si possa avere una spontanea amplificazione dei consumi nei segmenti di mercato contraddistinti dai soggetti alla ricerca della salubrità e del mangiar sano, il cui aumento nella nostra società è stato documentato anche recentemente dall'Istat. Finanziamenti di ricerche scientifiche, pubblicazioni, materiale tecnico-divulgativo, inserti redazionali su riviste scientifiche o di opinione, partecipazione a trasmissioni televisive specializzate possono essere strumenti appropriati per sensibilizzare e raggiungere il gruppo di referenti di questa prima campagna.Una seconda campagna, di richiamo alle origini, si rivolge direttamente ai consumatori finali, soprattutto ai non "user" di miele, facendo appello alla sempre più diffusa tendenza di ritorno alla tradizione, alla quale iconograficamente si assegnano valori di genuinità, di semplicità, di gusti dimenticati o travolti dall'industrializzazione, non solo nell'alimentazione.Il lato debole di questa strategia sta nel fatto che tutti i mieli, anche quelli stranieri, possono benficiare di questo appello, in quanto il miele non si può definire come un prodotto tipico italiano (anche se la qualità e la varietà italiane sono differenziate dagli altri mieli) al quale legare la tradizione nostrana, come la pasta, il pomodoro o la mozzarella.Rivolgendosi al pubblico, anche se ad un particolare target, la campagna si deve avvalere di mezzi dicomunicazione di massa, costosi e spesso dispersivi, se non legati alla forza di un marchio già affermato, che in Italia nel campo del miele, riguarda solo alcune realtà industriali, il cui sviluppo potrebbe avere però degli effetti di trascinamento per tutto il settore.La terza campagna, definibile di ricerca del gusto e della varietà, si rivolge anch'essa al consumatore finale, ma questa volta in maniera più selettiva del caso precedente, in quanto tende a coinvolgere particolari soggetti aggregati in qusto segmento di mercato, che hanno comportamenti similari per quasi tutti i loro consumi, elitari e specializzati, ma che fanno tendenza nei comportamenti dei segmenti attigui, più numerosi.La qualità del miele italiano, le sue innumerevoli varietà, le ricette raffinate elaborate con questo ingrediente rendono agevole elaborare una campagna di comunicazione e promozione, che si deve avvalere essenzialmente di opinion makers e opinion leaders della società italiana nel campo dello sport, della gastronomia, dell'arte e della cultura, della politica.
Le strategie per il mercato extra-domestico
Come si è detto in precedenza, una quota rilevante di consumi alimentari avviene fuori delle pareti domestiche, in viaggio, in vacanza, al lavoro, a scuola. In questi momenti e in questi luoghi sono altri soggetti che decidono la natura, la qualità e la varietà dei cibi che noi consumiamo o che ci vengono somministrati.E' a questi soggetti che vanno indirizzate le strategie di questo contesto. Come nel primo caso, dei consumi intermedi, essi sono soggetti prevalentemente economici e quindi sollecitati prevalentemente dalla leva del prezzo o addirittura dal confezionamento del prodotto (dalla maxi confezione per le collettività numerose alla mono dose per gli albergatori, ad esempio), ma ad essi può essere efficace rivolgere sollecitazioni che fanno leva sugli stessi richiami utilizzabili per i consumatori diretti (nutrizione, tradizione, gusto e varietà), che possono trovare sinergie con le strategie delineate nel caso precedente e offrire agli operatori stimoli a differenziare la propria offerta ed immagine anche attraverso questo prodotto semplice.Data la bassa numerosità del target, la comunicazione, di concerto con quella rivolta al pubblico, può avvenire su media specializzati (pubblicazioni di settore) o addirittura in forma personalizzata.
Le risorse necessarie
Ogni progetto promozionale trova spesso notevoli ostacoli nella sua realizzazione, in ragione delle risorse che possono essere messe a disposizione.A questo proposito i principi fondamentali da rispettare sono due:- il principio dell'intensità degli interventi che devono essere sostanzialmente congrui, nella qualità e nella quantità, con i risultati attesi;- il principio della continuità degli interventi per tutto il periodo entro il quale si ritiene di raggiungere i risultatiQuesto significa che un progetto globale di promozione del consumo di miele deve possedere risorse (materiali e immateriali) sufficienti a raggiungere la massa critica necessaria per avere degli effetti positivi e significativi e che tali risorse siano rese disponibili per un arco di tempo non inferiore ai tre-cinque anni.Un criterio corretto per definire la misura delle risorse finanziarie da mettere a disposizione delle attività di promozione è quella di ancorarle ai risultati attesi: se, ad esempio, si ipotizza che gli effetti possono raggiungere in cinque anni un incremento dei consumi del 10% e che quindi anche il valore del mercato globale s'incrementi della stessa misura, passando dagli attuali 250 miliardi a 275 miliardi di lire a prezzi costanti, una quota del valore dell'incremento (dal 10 al 20%) potrebbe essere destinato alle azioni promozionali, cioè in media da 500 milioni ad 1 miliardo l'anno, forse sufficienti per il principio dell'intensità e della continuità.
Prof. Gennaro CuomoDocente di Marketing - Università "La Sapienza" di Roma
Settimana del Miele di Montalcino, Anno 1997
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024