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API & PESTICIDI: UN RAPPORTO EUROPEO DI GREENPEACE, IL PIÙ VASTO MAI REALIZZATO, HA TROVATO 53 SOSTANZE IN 72 CAMPIONI DI POLLINE SU 107 TOTALI DA 12 PAESI. L’ITALIA? HA LA GAMMA PIÙ AMPIA. VICINO AI VIGNETI. PANELLA: “MODELLO AGRICOLO DEVE CAMBIARE”

La più ampia gamma di fungicidi e le alte concentrazioni presenti nel polline raccolto vicino ai vigneti in Italia, l’uso diffuso di insetticidi killer delle api in quello dei campi polacchi, la presenza di DDE (un prodotto di degradazione del DDT, tossico e bioaccumulabile) in Spagna, il ritrovamento frequente del neonicotinoide thiacloprid in molti campioni raccolti in Germania, per un totale di 53 diverse sostanze chimiche individuate in 72 campioni su 107 analizzati in 12 Paesi: ecco i risultati di “Api, il bottino avvelenato” di Greenpeace, il più vasto rapporto nel suo genere a livello europeo, in termini di aree geografiche interessate e numero di campioni prelevati simultaneamente (nel 2012-2013), sui residui di pesticidi nel polline raccolto e stoccato dalle api bottinatrici (Apis mellifera), prelevato all’ingresso degli alveari e stoccato nei favi (pane d’api). “Una situazione preoccupante” secondo il rapporto, i cui risultati confermano i risultati di un recente studio dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che evidenzia vaste lacune conoscitive sulla salute delle api e degli impollinatori in genere, tra le quali gli effetti dei “cocktail di pesticidi” - in parte vietati, come i neonicotinoidi, ma poi sostituiti da altri - a cui sono esposti (minano il sistema immunitario degli insetti, rendendoli più sensibili a malattie, agenti patogeni e parassiti), e invita l’Ue e i governi nazionali a colmare queste lacune con ulteriori indagini scientifiche. Il perché lo ricorda Greenpeace: le api svolgono un ruolo enorme e fondamentale per la nostra sicurezza alimentare: un terzo del nostro cibo, inclusa la maggior parte delle piante, dipende dall’impollinazione effettuata dalle api e dagli altri impollinatori naturali. Il valore globale di questo “servizio” è stato stimato in circa 265 miliardi di euro all’anno.
“Stiamo “coltivando la morte” - commenta a WineNews Francesco Panella, alla guida degli apicoltori italiani dell’Unaapi, in lotta da anni per salvare le api - è un modello agricolo che deve cambiare, in primis per la sicurezza di quello che mangiamo ma anche di quello di cui ci circondiamo, come i fiori ornamentali che portiamo a caso o regaliamo. Sono come la “mela di Biancaneve”. E’ ora di cambiare registro, si può fare, ci sono tutti gli elementi per farlo”. Al momento, anche in Italia, vige lo stop deciso dall’Ue per i neonicotinoidi “killer” delle api clotianidin, imidacloprid e tiametoxam e per il pesticida fipronil, parziale solo sulle colture visitate dalle api e temporaneo per due anni, da dicembre 2013. “Ma quest’anno - spiega Panella - abbiamo già avuto 10.000 alveari avvelenati Pianura Padana, un grave scenario che non possiamo approfondire perché non troviamo api da studiare. E una questione che in Italia, grazie anche a studi e ricerche, i Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute (che decidono sugli stop ai pesticidi, ndr) conoscono bene”. In Italia l’impiego di sementi di mais trattate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive neonicotinoidi, considerate responsabili del grave fenomeno della moria delle api, sono state reiteratamente sospese dal 2008 fino al 2013.
In totale, le analisi del rapporto di Greenpeace su oltre 100 campioni di miele raccolto in 12 Paesi europei, hanno rilevato la presenza di 53 composti chimici: 22 insetticidi/acaricidi, 29 fungicidi e due erbicidi. I residui di almeno uno di questi sono stati identificati in 72 dei 107 campioni di polline. La più ampia gamma di ingredienti attivi rilevati fanno riferimento ai campioni di polline raccolti in Italia, specialmente quelli prelevati in prossimità dei vigneti. Ad esempio, i residui di 17 pesticidi diversi (di cui 14 fungicidi e 3 insetticidi/acaricidi), sono stati rilevati nel polline raccolto in prossimità di vigneti a ridosso di Cisterna d’Asti (Asti), nella frazione di S. Matteo, mentre 12 residui (10 fungicidi e 2 insetticidi/acaricidi), sono stati identificati in un campione raccolto nel comune di Montebelluna (Treviso).
Anche secondo il rapporto, i progressi fatti finora per limitare l’esposizione delle api ai pesticidi durante l’attività di foraggiamento sono limitati, e anche Greenpeace ricorda i divieti parziali e temporanei sull’uso degli insetticidi sistemici adottati. Ma al fine di garantire una maggiore protezione degli impollinatori, “questi divieti dovrebbero diventare permanenti e riguardare anche altri usi e altri insetticidi”. Attraverso la ricerca e una valutazione di carattere complessivo, “è necessario impedire che i pesticidi dannosi per le api vengano commercializzati e che i prodotti vietati vengano semplicemente sostituiti da altri che potrebbero non essere stati adeguatamente valutati”. Il thiacloprid, per esempio, è stato trovato abbastanza frequentemente nei campioni di polline di questo studio, prova del suo uso diffuso in Europa nel 2013 e del suo possibile utilizzo per sostituire gli insetticidi neonicotinoidi, oggetto delle attuali restrizioni.
Per Greenpeace, occorre aumentare i finanziamenti per ricerca, sviluppo eapplicazione di pratiche agricole ecologiche che ci svincolino dalla dipendenza da sostanze chimiche per il controllo dei parassiti, mettendo a punto in modo sempre più efficace strumenti basati sulla biodiversità per controllare i parassiti e migliorare la salute degli ecosistemi. A livello europeo, bisogna indirizzare maggiori fondi per la ricerca sull’agricoltura ecologica nell’ambito della Pac (pagamenti diretti) e di Orizzonte 2020 (programma europeo di ricerca)”.
Info: www.greenpeace.org

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