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L'espresso

Guerra aperta a Velenitaly ... Vino. Olio. Mozzarelle. Il neo-ministro delle Politiche agricole promette linea dura sugli alimenti. “Chi commette sofisticazioni è un delinquente. E va trattato come gli spacciatori di droga”. Colloquio con Luca Zaia... Luca Zaia non smentisce i ritratti che i giornali gli hanno dedicato. Il nuovo ministro delle Politiche agricole ha modi schietti, alla mano. “Vuole stravolgere le vecchie abitudini del dicastero”, sussurrano gli impiegati, che osservano come un alieno il leghista sceso dal Veneto per occuparsi di terre, contadini e agroalimentare.
Le pompose stanze volute dal Cavour, che da perito agricolo puntò per primo sulla modernizzazione del settore, “saranno rivoluzionate”, conferma lui. Capello impomatato, fazzoletto verde nel taschino come ordina la militanza nel partito di Bossi, Zaia ha subito deciso di strappare le vetuste livree ai fattorini che si aggirano a via XX Settembre. “Togliere la muffa, serve aria nuova”, ripete ai collaboratori. Il pierre delle discoteche, figlio di un meccanico, diplomato in enologia a Conegliano e laureato in “Scienza della produzione animale” a Udine (lo dice fiero) di strada ne ha fatta parecchia.
Classe 1968, da 15 anni assessore all’Agricoltura e contemporaneamente popolarissimo presidente della provincia di Treviso, per lui il Senatur ha chiesto e ottenuto un ministero che la Lega considera “strategico”. Zaia con televisioni e media ci gioca, e qualche trovata l’ha già fatto finire dalle cronache venete a quelle nazionali. Famoso per aver piazzato sei asini brucaerba ai bordi delle strade al posto delle falciatrici per risparmiare carburante e spese di personale, ha fatto notizia anche quando ha spedito in orbita con lo Shuttle centinaia di semi di radicchio trevigiano, e quando ha stabilito il record mondiale di incroci trasformati in rotonde (300, dicono i biografi). I dossier che sta maneggiando da neoministro sono più impegnativi, a partire dalla questione Brunello (con alcune aziende leader finite sotto inchiesta per presunti episodi di taroccamento) passando per la
crisi della pesca, alle quote latte e alla sofisticazione alimentare.
Il blocco dell’export di Brunello verso gli Usa non è ancora scongiurato?
“Abbiamo ottenuto una proroga di qualche settimana, l’ultimatum scade il 23 giugno. Gli americani vogliono chiarezza, vogliono comprare quello che promettono le etichette sulle bottiglie. Il marchio Docg prevede Sangiovese al 100 per cento, chiedono che il vino rispetti il disciplinare. Non vogliono pagare come Brunello prodotti che contengono Merlot e Syrah. Ho parlato con il ministro Ed Shafer, incontrerò l’ambasciatore Spogli, la diplomazia Roma-Washington è al lavoro. Senza sosta”.
Intanto dopo lo scandalo del Brunello “allungato” il presidente del Consorzio si è dimesso.
“Agli americani non basta. Ho subito esonerato il Consorzio dai controlli, e l’ho sostituito per decreto con un Comitato di garanzia. La situazione era seria, la frode in commercio è un’accusa pesante: appena arrivati abbiamo preso in cura un ammalato grave, l’abbiamo intubato e stabilizzato, ora stiamo operando a cuore aperto. Non possiamo permetterci errori con il bisturi, il mondo ci guarda”.
Lo stop sarebbe un disastro, ha detto. Perché?
“Il Brunello è il più prestigioso vino nazionale, e il nostro mercato agroalimentare spedisce negli States merci per un miliardo di euro l’anno. La bilancia commerciale è in attivo. Se bloccano il Brunello, un simbolo mondiale del made in Italy di qualità, c’è il rischio di un effetto a catena per tutti gli altri prodotti. Bisognava muoversi prima, il vecchio governo non ha mandato tempestivamente le informazioni che ci avevano richiesto gli stranieri”.
Il disciplinare va cambiato?
“Lo decideranno i produttori. Noi di certo non complicheremo le scelte di chi lavora. Le regole per fabbricare un vino Doc non sono il Vangelo, persino la Costituzione è flessibile e può essere modernizzata. Io sono per il mercato: se i consumatori, che il disciplinare sanno a stento cosa sia, preferiscono un vino più rotondo e morbido, si conceda al loro palato la giusta soddisfazione. I vini duri, per quel che mi riguarda, hanno fatto il loro tempo. Il gusto cambia. Basta vedere il trend degli aperitivi: ieri i ragazzi ordinavano gin tonic, oggi va di moda la dolce caipirinha”.

Le inchieste hanno travolto anche il vino da tavola, l’olio e la mozzarella. Com’è possibile che siano finiti in tavola cibi potenzialmente pericolosi?
“La mozzarella di bufala, per la stragrande maggioranza dei casi, è buona e sana. Le analisi a tappeto hanno certificato la salubrità del prodotto. Le aziende, in tutto una quarantina, nei cui campioni abbiamo trovato residui di diossina, sono state sospese dalla produzione a tempo indeterminato”.
Aziende napoletane e casertane. Parte di quel territorio sembra compromesso.
“Abbiamo messo in piedi una commissione interministeriale con il ministero dell’Ambiente per restituire a contadini e produttori terre completamente bonificate. Per quanto riguarda l’olio, stiamo facendo di tutto affinché la Ue obblighi le imprese del vecchio continente a scrivere sulle bottiglie il paese di provenienza delle olive. L’idea dell’ex ministro De Castro è giusta, per me l’identità dei prodotti va difesa con il coltello tra i denti. Le resistenze dei partner europei, ovviamente, sono molte: poter scrivere made in Italy per noi sarebbe un vantaggio enorme”.
Secondo i pm di Verona e Taranto sono stati prodotti migliaia di ettolitri di vino all’acido. Un attentato ai consumatori. Che farete contro i sofisticatori?
“Il dossier non l’ho ancora aperto, ma lo farò presto. Dico solo che chi mette a repentaglio la salute deve essere trattato come un delinquente a tutti gli effetti. Non c’è nessuna differenza con gli spacciatori: droga e sofisticazioni dannose sono altamente pericolose. Bisogna condannare duramente chi fa certe schifezze, ed essere certi che scontino la pena per intero. I criminali però sono pochissimi, una goccia nel mare delle migliaia di agricoltori e imprenditori che lavorano onestamente. Non possiamo permettere che mettano a rischio un mercato cruciale. Le pecore nere vanno tosate. Il mandato che ho dato alla mia squadra è questo: difendere la salute della gente e garantire i marchi di qualità”.
I pescatori, intanto, rischiano di finire travolti dall’aumento del prezzo del gasolio.
“È una situazione difficile, inutile negarlo. Servirebbero circa 200 milioni di euro. L’Unione europea non può fare finta di niente, non deve bloccare aiuti fondamentali per la sopravvivenza di migliaia di posti di lavoro. Noi non siamo disponibili a rottamare 14 mila imbarcazioni e lasciare a casa 44 mila persone. Per la prima volta nella storia l’Italia ha organizzato un summit dei ministri della pesca. Noi, con Francia, Portogallo, Grecia, Spagna, Slovenia e Malta, facciamo lobby comune per i nostri interessi. Abbiamo strappato Parigi all’alleanza classica con Berlino, è un’operazione di sistema di cui vado orgoglioso”.
Dicono: riecco i soliti leghisti antieuropei.
“Dicano quello che vogliono, io credo che a Bruxelles dobbiamo portare come fanno gli altri Stati le nostre istanze. E difenderle strenuamente. Anche sulle quote-latte non faremo passi indietro. L’ho già detto al commissario Fischer Boel. Perché se non combattiamo, quelle che rischiano di chiudere sono le nostre aziende”.
Per calmierare il listino degli alimentari molti puntano sugli Ogm. Lei non sembra entusiasta.
“Più di un sondaggio ci dice che gli italiani sono contrari alla diffusione degli alimenti geneticamente modificati, e io sono d’accordo con loro. Soprattutto, faccio parte di un governo che non intende certo marciare contro l’opinione della stragrande maggioranza della popolazione. Ovviamente c’è Ogm e Ogm: se oggi vietassimo la canna da zucchero ‘modificata’, sarebbe difficile addolcire i caffè che ordiniamo al bar. In qualche caso c’è la certezza che la salute è al sicuro, in altri casi bisogna effettuare supplementi d’istruttoria. Degli Ogm sappiamo ancora troppo poco, e non sono tipo da scrivere leggi ad occhi bendati”.

Tavola a rischio...
Il Brunello - Ad aprile la procura di Siena sequestra migliaia di bottiglie di aziende leader del settore come Banfi, Antinori e Frescobaldi: l’accusa è quella di aver mischiato uve di Sangiovese, le uniche previste dal disciplinare, con altre vietate dalle regole. Gli americani hanno minacciato il blocco delle importazioni di Brunello. Truffe anche nella produzione di Chianti classico e nel Nobile.

Le cantine di Taranto - Nello stesso periodo la procura di Taranto ha ordinato il sequestro in varie cantine italiane di milioni di litri di vino a basso costo: i pm sospettano che il vino sia prodotto con l’utilizzo di acqua, zucchero, acidi e sostanze pericolose. Le inchieste sono ancora aperte.

La mozzarella - I carabinieri del Nas sequestrano a marzo decine di allevamenti della Campania, la procura di Napoli e la Dda indagano oltre cento persone. L’ipotesi è che la mozzarella di bufala contenga elevate quantità di diossina. Su 900 controlli effettuati, la maggior parte ha dato esito negativo. Il 14 per cento dei campioni provenienti da Napoli, Caserta e Avellino presenta invece percentuali elevate della sostanza tossica.

L’olio - Secondo gli inquirenti in Puglia tra il 2006 e il 2007 sono state messe in vendita oltre tre milioni di bottiglie di olio “falso”: sarebbero state spremute non olive italiane, come scritto nell’etichettatura, ma liquido a bassa qualità proveniente da Grecia, Tunisia e Spagna. Un’altra recente inchiesta ha sgominato una banda criminale che usava la velenosa clorofilla per trasformare olio scadente in extravergine.

Bufera Brunello...
Nel senese, dove la procura sta lavorando senza sosta sulla questione Brunello, la parola d’ordine è “dimissioni”. Travolto dallo scandalo del vino taroccato, lo scorso 9 giugno il presidente del Consorzio di Montalcino Francesco Marone Cinzano ha deciso di lasciare l’incarico (al suo posto Patrizio Cencioni). E hanno abbandonato il cda anche Roberto Guerrini, Francesco Lenza e il presidente del collegio sindacale Stefano Cinelli Colombini. A che punto è l’inchiesta? I pm Nino Calabrese e Mario Formisano stanno rileggendo le carte in attesa di capire che cosa decideranno i giudici della Cassazione, dove si discuterà del sequestro dei vini di Banfi e Frescobaldi.
La magistratura senese ritiene che le due aziende vitivinicole abbiano commesso frode in commercio: sarebbero responsabili, secondo gli inquirenti, di aver tagliato il Brunello con uve Sauvignon (con una percentuale che oscilla tra il 7 e il 10-15 per cento). Identica accusa per gli altri big del vino finiti sotto inchiesta, come Antinori e Argiano. I giudici hanno sequestrato anche le bottiglie della Cooperativa Vecchia Cantina, iscrivendo sul registro degli indagati il presidente Enrico Trabalzini. Accusato di frode in commercio anche Luca Gattavecchi, dell’omonima cantina che si è dimesso, subito dopo, dalla carica di presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.
Si è infine aperto un nuovo filone, che riguarda la Vernaccia di San Gimignano. I carabinieri del Nas, coordinati dalla procura di Siena, hanno messo i sigilli a oltre sessantamila litri di vino, tra rosso di San Gimignano e Chianti. Il vino, compresi 350 litri di Vernaccia, si trovava in una piccola cantina: qualcuno aveva infilato nelle botti dei trucioli provenienti dal Cile, infilati in una calza, per far invecchiare molto prima i vini. Il vino è stato dissequestrato quando i proprietari lo hanno declassato. Ci ha poi pensato il sindaco di San Gimignano a chiudere la cantina.


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