Tra i mercati emergenti, il Brasile, seppur lontano, è uno di quelli a cui l’Italia del vino guarda con maggior interesse, vista l’inarrestabile crescita economica ed i tanti punti di contatto in termini culturali, che spingono una classe medio-alta sempre più facoltosa a ricercare l’eccellenza anche nel vino. Senza accontentarsi, però, delle solite etichette, ma ricercando la qualità nelle denominazioni top, come l’Amarone della Valpolicella, protagonista assoluto di “Encontros de Vinhos Off”, la degustazione di scena a San Paolo il 23 aprile, un appuntamento importante, replicato durante l’anno nelle maggiori città del Paese, e capace di aprire la strada a nuovi rapporti commerciali. E proprio qui, i palati più fini del Brasile hanno premiato il vino principe del Veneto, che domina la top 5: al primo posto l’Amarone 2008 “Antichello” Santa Sofia, al n. 3 l’Amarone 2008 Scriani ed al n. 5 l’Amarone 2007 Tenuta Chiccheri, intervallati dallo spagnolo Tinedo Cala 2009 e dal cileno Chilcas Cabernet Franc 2010.
L’import di vino in Brasile è in crescita, ma l’Italia sta approfittando solo marginalmente dell’opportunità di ampliare la propria quota di mercato: è solo il terzo fornitore dopo Cile e Argentina in termini di quantità, e quarto in termini di valore, dopo la Francia. La cosa interessante, però, è che oltre alla quantità totale importata (pari nel 2012 a quasi 80 milioni di litri, dei quali oltre 11,5 dall’Italia) sta aumentando più che proporzionalmente il valore del vino (complessivamente oltre 234 milioni di euro), cresciuto in 5 anni di quasi 90 centesimi al litro, con un incremento, nel 2012, dell’8%. Una media superata dalla performance del prezzo del vino italiano, cresciuto dell’8,62% sul 2011, un andamento che presuppone un innalzamento della richiesta qualitativa dei consumatori brasiliani, un fatto positivo per le tante produzioni d’eccellenza del Belpaese enoico, compresi i vini della doc Valpolicella.
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