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L’ITALIA PRODUCE PIÙ VINO DI TUTTI. E ALLORA? ANALISI DI UN PRESUNTO TRIONFO CHE DICE TUTTO E NIENTE. PERCHÉ CON MENO QUANTITÀ LA FRANCIA, NELL’EXPORT GUADAGNA QUASI IL DOPPIO. ANCHE SE IL BELPAESE “RUBA” PICCOLE QUOTE DI MERCATO ...

Italia
La sfida infinita sul vino tra Italia e Francia

Bravi, voi avete prodotto più vino nel 2010, ma il valore delle nostre esportazioni è quasi il doppio. Ecco, in sintesi, la risposta francese alla notizia (l’ennesima) del sorpasso italiano nella quantità di vino prodotto, certificata, per Coldiretti, dai dati dalla Commissione Europea (49,6 milioni di ettolitri l’Italia, 46,2 la Francia), sul quotidiano “Le Figaro”, che ricorda come il valore delle esportazioni transalpine sia stato di 6,33 miliardi di euro, sui 3,93 miliardi del Belpaese. Chi ha facoltà di esultare, dunque? Tutti e nessuno, probabilmente. Di per sé, infatti, il primato produttivo per l’Italia vuol dire poco o nulla, se, come accade, il prezzo medio al litro non cresce o cresce poco, se si espiantano vigneti per ridurre la produzione, se si chiede la distillazione di crisi straordinaria perché il vino, in parte, non si sa dove metterlo. D’altro canto è vero che l’Italia cresce in valore e in volume all’export, soprattutto in Usa, e che sta conquistando quote di mercato, spesso a discapito proprio della Francia. Quindi, visto che la capacità di bere di un consumatore non è infinita, se stappa qualche bottiglia made in Italy in più, anche se più a buon mercato, e rinuncia a qualche tappo francese, di certo male al Belpaese non fa. Non di meno, è sbagliato annunciare trionfi, come hanno fatto tanti (non tutti), dando l’impressione che, in un sol colpo, siano risolti i tanti problemi del vino italiano.

Alcuni produttori hanno preferito non commentare quella che hanno definito una “non notizia”, perché quello che conta, se ci si raffronta ad un competitor, è vedere se si è “rubato” mercato, se la promozione funziona meglio e così via. Altri sono stati più morbidi, ma per nulla entusiasti. Come Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio del Chianti Classico, una delle denominazioni più grandi ed export-oriented d’Italia: “non condivido l’enfasi di questa notizia, anche perché produrre è importante, ma lo è di più vendere e fare fatturati, e da questo punto di vista i francesi sono ancora avanti. Tuttavia questo dato ci da il senso di essere un grande Paese produttivo, che punta su questo prodotto che incide molto, e in positivo, sul Pil dell’agroalimentare, e quindi va tutelato e sostenuto anche per quel che vale per il mondo del lavoro dove gli occupati sono davvero tanti. E se è vero che qualche quota di mercato la stiamo guadagnando, soprattutto negli Stati Uniti, bisogna considerare che i francesi negli ultimi anni hanno spostato il tiro e recuperato gran parte di quel che avevano perso nel mondo occidentale grazie all’Asia. I loro numeri in Cina di oggi sono numeri di grande sviluppo e positivi, anche perché hanno fatto un certo tipo di politica: in quel Paese hanno catene distributive molto potenti come Carrefour e Auchan, che sono riuscite sicuramente ad entrare sul mercato in modo pesante, e stanno avendo grossi risultati. Le nostre esportazioni, nel mondo, sono consolidate e gli stiamo “rubando” quote di mercato in Occidente, ma dobbiamo lavorare per farlo, nel rispetto della concorrenza leale, anche in Asia”. Senza giocare a chi produce qualche ettolitro di vino in più.

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