Non abbiamo fatto in tempo ad acclimatarci a “Caligola”, la sesta alta pressione di questa estate 2012, davvero torrida, che è in arrivo “Lucifero”, la settima alta pressione, con temperature ancora più roventi. Un andamento stagionale a dir poco critico per i vigneti prossimi alla vendemmia e che arriva dopo un giugno e un luglio altrettanto caldi e, soprattutto, privi di piogge. Un ondata di calore (paragonabile, dicono gli esperti, a quella del 2003, se non superiore) che va ad aggiungersi ad uno stato di siccità diffusa in quasi tutte le regioni d’Italia. Segnali non molto confortanti per una vendemmia già iniziata in alcune zone come la Franciacorta e che presto comincerà dappertutto con i tempi, grosso modo, di quella del 2011, e cioè in anticipo. E se dal punto di vista quantitativo il calo è ormai da considerarsi un dato certo, da quello qualitativo la raccolta 2012 non dovrebbe quasi sicuramente produrre vini memorabili.
Una situazione per certi versi prevista, e da più parti, rubricabile come uno degli effetti del global warming e, per altri, eccezionale, visto le temperature e il particolare andamento stagionale registrato. Ma in entrambi i casi, una situazione rischiosa per il Vigneto Italia e che dovrebbe esigere qualche misura di contrasto. Come la possibilità di una irrigazione “d’emergenza” (diversa da quella permessa “di soccorso” e destinata ai vigneti più giovani) per tamponare almeno le situazioni più gravi.
“La situazione attuale è complicata anche se è ancora presto per dire l’ultima parola - spiega Riccardo Cotarella, uno dei migliori winemaker del Belpaese - questa volta però i giochi sembrano fatti. Sarà una vendemmia calda o caldissima e che difficilmente potrà essere importante. E questo, almeno dal punto di vista quantitativo è già un fatto acquisito. L’ondata di calore, l’ennesima, che si sta per riversare sull’Italia, sembra una specie di “colpo di grazia”. Ho fato una cinquantina di vendemmie - aggiunge - ma mai mi sono ritrovato in una situazione come questa, fatta tutta di condizioni estreme”.
Una stagione siccitosa come la 2012, con la stragrande maggioranza delle regioni colpite, ha messo di nuovo, evidentemente, sul tappeto l’opportunità di usare l’irrigazione anche fuori dai consueti limiti imposti dai disciplinari di produzione. “Tutte le scelte tecniche non possono essere dettate né dai politici né dai giornalisti e né, tanto meno, da quelli che rincorrono astrattamente la tradizione - conclude Cotarella - Il clima è cambiato e bisogna lasciare ai produttori tutte le possibilità aperte per fare bene un vino. L’irrigazione, in questo senso, diventa fondamentale”.
E se le condizioni estreme del 2012 invocherebbero una maggiore attenzione alla conduzione presente, passata e futura dell’intero Vigneto Italia - da un “divieto” (quello sì da imporre davvero) di sfogliare le viti con condizioni di caldo intenso come quello di quest’anno, alla scelta dei terreni e delle esposizioni adeguate, dalla selezione di cloni e portinnesti resistenti alla siccità, alla buona pratica di conservare un vigneto in buona salute oltre i canonici 30 anni d vita, per produrre finalmente da vigne vecchie più resistenti alle avversità atmosferiche, fino alla scelta di zone veramente vocate per la viticoltura - l’attualità preme per conoscere almeno per sommi capi e in modo approssimativo le sorti della vendemmia 2012.
“Le impressioni ad oggi, in una situazione che è stazionaria da almeno tre mesi, non sono del tutto positive - spiega Carlo Ferrini, consulente-enologo di aziende del calibro di Casanova di Neri, Castello di Fonterutoli e Tasca d’Almerita - e il peggio potrebbe ancora non essere arrivato. Ci sono zone dove il caldo ha inciso meno, penso alle Marche, all’Abruzzo, e altre dove la siccità è una costante storica come in Puglia e in Sicilia, zone dove le aziende sono attrezzate adeguatamente e l’esperienza su queste condizioni estreme è ben sviluppata. Vedo, invece, una problematicità più acuta in Toscana e in Piemonte, dove, in quest’ultimo caso, è stata la grandine ha fare qualche danno, in decisa controtendenza climatica. Sono preoccupato - continua Ferrini - anche se delle vere e proprie previsioni saranno possibili soltanto ad inizio settembre. L’irrigazione potrebbe essere un aiuto ma non la soluzione definitiva. L’acqua va gestita bene e poi ci sarebbero da fare grandi investimenti per le aziende che - conclude l’enologo toscano - di questi tempi, non sono proprio fra le priorità più urgenti”.
Una criticità diffusa, anche se a macchia di leopardo, dove ogni analisi finisce per coincidere in modo , purtroppo, abbastanza evidente.
“La situazione non è delle migliori - afferma Lorenzo Landi, enologo-consulente di aziende quali Lungarotti e Rocca delle Macìe - non piove da due mesi e, prima, le piogge sono state sostanzialmente scarse e le temperature molto alte. Non sono le premesse giuste per una grande vendemmia. Ci sono zone che hanno avuto un corso stagionale diverso, come per esempio il Friuli dove è piovuto con buona continuità. Oppure le zone più fresche dell’Abruzzo e determinate e particolari situazioni che vedono, per esempio, sommarsi vecchie vigne, più resistenti alla siccità, ad esposizioni meno soleggiate e terreni più profondi. Se arrivassero a fine agosto le piogge potrebbe esserci un possibile migliorante qualitativo nelle zone più tardive, ma non è detto. Sulla questione di una estensione dell’uso dell’irrigazione - conclude Landi - non capisco il suo divieto, anche se non è una soluzione, quanto, se mai, una possibilità per tamponare criticità impreviste come quelle di quest’anno”.
“Ci troviamo di fronte ad una vendemmia complicata - afferma Leonardo Valenti, cattedra di viticoltura all’Università di Milano e consulenze per aziende quali Paladin e Berlucchi - e non sappiamo ancora con precisione quello che sarà il suo esito tendenziale. Le variabili sono molte, per esempio in Oltrepo Pavese e in Piemonte i terreni hanno trattenuto maggiormente l’acqua dopo le abbondanti nevicate invernali. In Veneto e Friuli, l’irrigazione è abbastanza diffusa, come in Puglia e Sicilia. Ma certo parlare di una grande vendemmia è decisamente fuori luogo. Molto critica resta la situazione al centro, in Toscana e Umbria, per esempio, dove soltanto i vigneti vecchi e i terreni più profondi sembrano reggere all’attacco della siccità. Sulla questione dell’irrigazione - prosegue il professore di Milano - c’è da mettere in chiaro che l’acqua per la vite è un fattore di diluizione ed assunzione di minerali che non sempre favoriscono maturità e qualità delle uve. L’irrigazione, qualora venisse introdotta al di là dei suoi confini di soccorso per le piante più giovani, andrebbe usata con grande saggezza e competenza, nelle situazioni limite e di emergenza. Ricordandosi - conclude Valenti - di irrigare da viticoltori e non da frutticoltori, per evitare di diventare produttori di vino senza territorio come è nel caso di quasi tutto il Nuovo Mondo enologico, e per non perdere la nostra peculiarità e il nostro valore aggiunto, legato appunto ai benefici di un territorio vocato”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025