Le azioni dell’Unioner Europea per ristrutturare ed evitare un eccesso di offerta nel settore vitivinicolo non perseguono direttamente l’obiettivo della competitività. L’obiettivo primario della misura di ristrutturazione è aumentare la competitività dei viticoltori, mentre il sistema di autorizzazione degli impianti mira a conseguire la stabilità del mercato, limitando l’aumento degli impianti viticoli, in modo da evitare le eccedenze di produzione osservate in passato. Il sistema ha inoltre la capacità di migliorare la competitività dei viticoltori se gli Stati membri decidono di utilizzare criteri specifici al momento di concedere le autorizzazioni per nuovi impianti. Sono le osservazione contenute nella relazione speciale “Misure di ristrutturazione e autorizzazioni all’impianto di vigneti nell’Ue - Impatto poco chiaro sulla competitività e modesta ambizione ambientale”, firmata dalla Corte dei Conti Europea, che ha riscontrato che il quadro normativo in questo settore per rendere i viticoltori più competitivi presenta carenze a livello di concezione ed attuazione. Inoltre, non consente di raggiungere gli obiettivi ambientali della Pac, raccomandando quindi alla Commissione Ue di rendere la misura di ristrutturazione e il sistema di autorizzazione degli impianti più mirati alla promozione della competitività, o accrescere l’ambizione ambientale della politica nel settore vitivinicolo.
Una relazione, quella della Corte dei Conti Europea, che ha spiazzato il mondo della politica agricola europea e dell’imprenditoria del vino, come è emerso oggi dagli “Stati Generali del vino”, il confronto tra rappresentanti di Governo, Istituzioni Ue, Regioni e stakeholders su competitività, export, sostenibilità e turismo del settore, di scena nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, a Roma, dove il tema è venuto fuori con una certa spontaneità nel dibattito. Herbert Dorfmann, parlamentare europeo ed in Commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale e Relatore della Strategia dal produttore al Consumatore, si è detto “stupito”, sottolineando che “la Corte dei Conti Ue è diversa da quella italiana, non sono giudici, ma si limitano ad analisi della spesa pubblica dell’Ue, valutando se una determinata voce di spesa è stata capace di raggiunge gli obiettivi che si era prefissata o meno. Questo rapporto è completamente fuorviante, e su larga scala stupido. Dice che l’impegno della Ue sul vino non raggiunge gli obiettivi perché non soddisfa i requisiti di sostenibilità. Ma la sostenibilità non è solo ambientale, è anche economica. Il problema è che oggi per Bruxelles tutta la spesa pubblica deve essere messa sulla sostenibilità ambientale, come se fosse l’unico bene pubblico, ma lo sono anche lavoro, economia e paesaggio. Il rapporto è quello che è, fortunatamente la Commissione Ue ha risposto subito, sottolineando che l’obiettivo della Pac sul vino non è solo la sostenibilità”, ha aggiunto Dorfmannn.
Sulla stessa linea il collega, in Parlamento ed in Commissione, Paolo De Castro, relatore della Riforma delle Indicazioni Geografiche, ma anche Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini (Uiv) e Albiera Antinori, presidente Gruppo Vini Federvini: “leggere il documento della Corte dei Conti è stato a suo modo illuminante, è un’analisi numerica, fatta da persone che non credo abbiamo un minimo collegamento con l’agricoltura, è un confronto tra soldi spesi e benefici ricevuti che poteva essere fatto su tutti i settori”, commenta Albiera Antinori. “Non tiene conto di tutto quello che poi è uscito a livello di immagine e qualità di prodotto, ma chi lo legge ed è del settore si rende conto di avere di fronte un documento che non porta nulla di buono, sostenuto da un atteggiamento è sospettose, come se il settore si fosse approfittando indebitamente di queste risorse”, chiosa Albiera Antinori.
Tornando ai contenuti della relazione, a partire dal 2016 - ricorda la Corte dei Conti Europea - i viticoltori possono chiedere autorizzazioni per l’impianto di nuovi vigneti, autorizzazioni che sono gratuite e che possono essere distribuite proporzionalmente e/o sulla base dei criteri di ammissibilità e di priorità. La finalità di questo sistema di autorizzazione degli impianti è consentire la crescita progressiva, evitando al tempo stesso una capacità di offerta eccessiva che avrebbe effetti negativi ambientali e sociali. La Corte ha quindi voluto verificare se la misura di ristrutturazione e il sistema di autorizzazione degli impianti abbiano effettivamente contribuito a rendere i viticoltori più competitivi e la produzione vinicola più sostenibile da un punto di vista ambientale, esaminando le modalità con cui la misura era stata impostata nell’ambito dei piani strategici della Pac per valutare il grado di ambizione ambientale di tali piani, partendo dal presupposto che si tratta di una misura rilevante, che vale oltre 5 miliardi di euro per il periodo 2014-2023, e che non era stata oggetto di audit della Corte dal 2012.
La conclusione di questo lavoro è che il quadro normativo, in questo settore, per rendere i viticoltori più competitivi, presenta carenze a livello di concezione ed attuazione. Inoltre, non consente di raggiungere gli obiettivi ambientali della politica agricola comune. Il quadro che disciplina la misura di ristrutturazione manca di definizioni adeguate, strategie coerenti e di indicatori pertinenti. I cinque Stati membri visitati (Repubblica Ceca, Grecia, Italia, Francia e Spagna) hanno finanziato tutte le richieste ammissibili, e non hanno utilizzato criteri per selezionare progetti che promuovessero la competitività. Questi Stati membri hanno inoltre finanziato progetti per i quali non è stato osservato alcun cambiamento strutturale. Né la Commissione né gli Stati membri visitati dagli auditor della Corte valutano in che modo i progetti contribuiscono all’obiettivo della competitività, e i beneficiari non sono tenuti a comunicare in che modo l’attività di ristrutturazione li abbia resi più competitivi.
Il sistema di autorizzazione degli impianti mira a evitare un eccesso di offerta limitando l’aumento annuo della superficie viticola dell’1 %, ma non è stata condotta alcuna valutazione d’impatto prima che tale limitazione venisse proposta ed adottata dai co-legislatori. Gli Stati membri hanno inoltre la possibilità di limitare la crescita in determinate zone di produzione. Pertanto, l’aumento a livello regionale e locale potrebbe essere ben superiore al limite dell’1%, e gli Stati membri non sono tenuti a valutare l’impatto di tale crescita. La Corte ha osservato che la ristrutturazione di vecchi vigneti può aumentare significativamente la produzione, e al momento di concedere le autorizzazioni, gli Stati membri visitati utilizzavano solo un numero limitato di criteri di ammissibilità e di priorità connessi alla competitività, e le autorizzazioni sono spesso distribuite su base proporzionale. Ai beneficiari vengono assegnate particelle molto piccole: ciò può rendere impossibile un pianificazione anticipata, compromettendo potenzialmente il conseguimento dell’obiettivo della competitività, si legge ancora nella relazione speciale della Corte dei Conti Europea.
Che ha rilevato come la misura e il sistema sottoposti ad audit hanno integrato solo in parte la tutela dell’ambiente, nonostante gli ingenti finanziamenti in causa. I cinque Stati membri visitati non avevano valutato l’impatto ambientale atteso dai rispettivi programmi nazionali di sostegno, e gli obiettivi strategici ed i valori-obiettivo fissati per la misura di ristrutturazione erano poco ambiziosi in termini di sostenibilità ambientale. In pratica, i progetti non miravano a ridurre l’impatto della viticoltura sull’ambiente e/o sul clima. In alcuni casi, la Corte ha riscontrato che i progetti potevano addirittura produrre l’effetto opposto, come il passaggio a varietà che richiedono più acqua, con la conseguente necessità di installare sistemi di irrigazione.
Secondo la Corte dei Conti europea, l’ambizione ambientale resta modesta per il periodo di programmazione 2023-2027: la condizionalità è stata eliminata per i beneficiari della misura di ristrutturazione, e gli Stati membri devono spendere almeno il 5 % della dotazione del settore vitivinicolo per gli obiettivi collegati al clima e all’ambiente, ma nel contesto di una politica agricola comune più verde, il 40 % della spesa prevista deve essere diretta al conseguimento degli obiettivi collegati al clima.
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