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CROAZIA VS ITALIA

La Croazia torna alla carica per il riconoscimento del “Prosěk”: levata di scudi dall’Italia

De Castro: “le denominazioni geografiche devono essere tutelate”. Albiera Antinori (Federvini): “da Commissione atteggiamento incomprensibile”

Covava sotto la cenere già dal 2013, anno in cui la Croazia è entrata formalmente a far parte dell’Unione Europea. Già allora, il Prosěk, un passito prodotto tradizionalmente nella zona meridionale della Dalmazia, rappresentava un problema, perché il nome è obiettivamente evocativo di una delle produzioni enoiche più importanti del Belpaese, il Prosecco. Subito, dalle parti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, sono tornati a farsi vivi i fantasmi di un’altra diatriba in salsa enoica, di qualche anno prima, che andò malissimo per l’Italia: il Tocai friulano perse infatti il confronto con il Tokaij unghesere, nome sì di un vino, ma anche di un luogo geografico, a differenza del vitigno più popolare della viticultura friulano, diventato, dal 2007, semplicemente “Friulano”. Adesso, la Croazia fa sul serio, con l’avvio, qualche giorno fa, della procedura di riconoscimento della menzione tradizionale “Prosěk”. Un passo che, come ovvio, ha provocato la levata di scudi italiana, a tutti i livelli, da Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, alla Federvini, con la netta presa di posizione di Albiera Antinori, presidente del Gruppo Vini, da Marina Montedoro, Presidente dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, all’Assessore all’Agricoltura e al Turismo del Veneto, Federico Caner.

“Non possiamo tollerare che la denominazione protetta “Prosecco”, una delle più emblematiche a livello Ue, diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea”, tuona Paolo De Castro in una lettera inviata al commissario all’Agricoltura Ue, Janusz Wojciechowski. “Di fronte alla richiesta di tutela di una menzione, Prosěk, che altro non è se non la traduzione in lingua slovena del nome “Prosecco” - sottolinea De Castro - bisogna ricordare che il regolamento Ue sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che le denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione, anche quando il nome protetto viene tradotto in un’altra lingua. Senza contare che, al momento della sua adesione all’Ue, la Croazia non aveva chiesto la protezione della denominazione “Prosěk”, consapevole del fatto che fosse in conflitto con la tutela riservata al nostro Prosecco”. “Un’approvazione da parte della Commissione di questa richiesta, che dovrà comunque superare in seconda battuta anche lo scrutinio degli Stati membri - aggiunge il coordinatore del Gruppo S&D alla Commissione Agricoltura del Parlamento Ue - potrebbe far passare il messaggio pericoloso che la protezione di Dop e Igp nell’Ue possa essere facilmente aggirata tramite altri schemi, come le menzioni tradizionali, e indebolire la posizione dell’Ue nel quadro di negoziati commerciali con Paesi terzi, tra cui quelli in corso con Australia, Nuova Zelanda e Cile, che già si oppongono alla protezione completa del “Prosecco”. Per questi motivi - conclude De Castro - abbiamo chiesto l’impegno del Commissario Wojciechowski, al fine di evitare la pubblicazione in Gazzetta ufficiale Ue della domanda di protezione della menzione tradizionale “Prosěk”, e di dimostrarsi ancora una volta al fianco dei nostri produttori di qualità nel rafforzamento delle Indicazioni geografiche, come richiesto anche dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen”.

Anche Federvini chiede con forza che il Governo italiano si faccia garante della protezione della nostra denominazione, che tanto successo ha avuto negli ultimi anni in tutto il mondo e faccia pressione sulla Commissione affinché riconosca l’inammissibilità della richiesta. “Riteniamo questa richiesta inaccettabile - dice Albiera Antinori, presidente del Gruppo Vini di Federvini - e appare incomprensibile l’atteggiamento della Commissione Europea che sta lasciando andare avanti il dossier. Il Regolamento europeo in materia (1308/2013) stabilisce che ogni denominazione di origine, come il nostro Prosecco, deve essere difesa da ogni tentativo di imitazione, anche attraverso la semplice traduzione linguistica. E il termine croato Prosek è semplicemente la traduzione di Prosecco”.

“Ogni tentativo di indebolimento della nostra denominazione - aggiunge Micaela Pallini, presidente Federvini - deve essere respinto con forza. Ringrazio quanti fra Ministero e Parlamento Europeo si sono mossi già nei giorni scorsi in tal senso. Ora diventa fondamentale che il sistema Paese si muova unito e in maniera coordinata. Il pericolo è la proliferazione di prodotti che sembrano italiano ma non lo sono: evitiamo di ripetere il caso del Parmesan, che tanti danni ha arrecato al nostro export caseario. Tra l’altro indebolire le denominazioni di origine mette in pericolo i negoziati in corso con molti Paesi extra Eu, negoziati che hanno nella difesa delle denominazioni di origine una delle principali ragioni alla base di innumerevoli tentativi di accordi commerciali per rilanciare l’export europeo. Difendere oggi Prosecco significa tutelare le denominazioni italiane ed europee sul mercato Ue e nei mercati internazionali, non farlo sarebbe un boomerang ed un grave danno per tutto il sistema vinicolo, italiano ed europeo”.

Allineato sulle posizioni delle presidenti Antinori e Pallini, Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, azienda di riferimento del mondo Prosecco. “È tassativo difendere in tutte le sedi un prodotto simbolo di italianità nel mondo proprio grazie alla sua identità legata ad una precisa area produttiva. Sono fiducioso che come già successo in occasione di altri attacchi al Prosecco, le nostre istituzioni riusciranno a difenderne e tutelarne l’unicità ed esclusività”.

“Difendere l’identità, il nome e il valore della denominazione Prosecco significa difendere l’identità del territorio. Se l’Unione Europea accettasse la richiesta della Croazia di registrare il nome “Prosék”, si creerebbe confusione non solo rispetto al prodotto “Prosecco” sui mercati ma anche nei turisti e in tutti i visitatori, soprattutto esteri, portando ulteriore danno all’immagine, alla cultura, alle tradizioni e all’economia”, aggiunge Marina Montedoro, Presidente dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. “Oggi l’italian sounding è un fenomeno che riguarda tanto i prodotti agroalimentari quanto i loro territori di origine e risulta gravemente lesivo per intere categorie economiche e per tutti i cittadini. Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono il frutto del lavoro tra le viti di uomini che, con la loro maestria e il loro ingegno, in centinaia di anni lo hanno reso unico. Una unicità riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio mondiale. Il Prosecco, insieme alle cultura enogastronomica, alle tradizioni, all’arte e al paesaggio - conclude Montedoro - rappresenta il cuore delle Colline del Prosecco ed è importante difenderne l’identità, anche per tutelare appassionati e turisti che cercano e vogliono una certificazione di autenticità”.

Dalla Regione Veneto, arriva l’ovvia condanna dell’Assessore all’Agricoltura e al Turismo, Federico Caner: “mi auguro davvero che l’Europa, accogliendo la richiesta dei nostri europarlamentari, blocchi la richiesta avanzata dalle autorità di Zagabria, ai servizi della Commissione Ue, per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della procedura per il riconoscimento della menzione tradizionale Prosek. Non è certo questo il modo di tutelare un’eccellenza Veneta riconosciuta in tutto il mondo, frutto del lavoro di produttori di un’area, quella delle nostre Colline di Conegliano e Valdobbiadene, riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il Prosecco non è solo agricoltura, ma è anche turismo: quello enologico rappresenta infatti un asset strategico del Veneto. È ora di mettere fine al fenomeno dell’Italian sounding - continua Caner - ovvero al tentativo di promuovere dei prodotti attraverso nomi, immagini o riferimenti geografici che ‘suonano’ come italiani ma che invece non lo sono. L’unico vero Prosecco è quello prodotto nelle nostre terre, l’unico tutelato e riconosciuto a livello internazionale. Questo tentativo di appropriazione indebita del nostro prodotto ci ricorda che il nemico non è interno, tra coloro che producono, vinificano o imbottigliano, bensì all’esterno. Evitiamo, dunque, di produrre tensioni interne e, al contrario, lavoriamo insieme per mettere in campo strategie di marketing e comunicazione che ci permettano di esplorare e conquistare nuove quote di mercato. Sarà fondamentale, poi, continuare a lavorare per aumentare e far percepire la qualità del nostro prodotto che è unico al mondo e, come tale, non è solo certificato ma deve essere anche tutelato”, conclude Caner.

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