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REGOLAMENTAZIONE

La Francia stringe i controlli sulle carte dei vini: il richiamo del Ministero dell’Economia

Un tema che torna al centro dopo l’inchiesta di “Le Parisien” sui ristoranti che avrebbero ingannato i clienti servendo loro un vino più economico
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La Francia stringe i controlli sulle carte dei vini (ph: Freepik)

L’importanza di una carta dei vini chiara e veritiera è tornata al centro del dibattito dopo l’inchiesta che ha scosso la ristorazione parigina condotta da “Le Parisien”, quotidiano francese di proprietà del Groupe Amaury, nelle settimane scorse, che ha sollevato un velo su una pratica ingannevole diffusa in alcuni ristoranti della capitale francese: servire ai clienti un vino diverso, e spesso più economico, rispetto a quello ordinato, come avrebbero fatto alcuni locali. In questo contesto, la carta dei vini non è più solo un raffinato complemento alla proposta gastronomica, ma uno strumento cruciale per garantire trasparenza e legalità. Come sottolineato dalla Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (Dgccrf) che fa capo al Ministero dell’Economia francese, nelle linee guida aggiornate a marzo 2025, la sua redazione richiede rigore, precisione e una comunicazione trasparente, a tutela del consumatore e del patrimonio enologico.
“Ogni carta dei vini deve contenere informazioni essenziali - precisa il Ministero dell’Economia - presentate in modo chiaro e leggibile tra cui denominazione di vendita: deve essere indicata l’Aop (denominazione di origine protetta), l’Igp (Indicazione geografica protetta), o, in mancanza, la provenienza generica come “vin de France”; quantità: il volume del vino (es. 75 cl, 50 cl) e, per il vino al bicchiere, la quantità effettiva servita (es. “Kir 12 cl”); il prezzo, espresso in euro, comprensivo di tasse e servizio; allergeni, ovvero la presenza di solfiti, uova o latte. A queste si possono aggiungere informazioni facoltative come colore, gradazione alcolica, vitigno, produttore, millesimo, premi e metodo di produzione biologico, purché verificate e non fuorvianti”, si legge nel documento. “I vini con Aop o Igp devono riportare la denominazione completa, come “Aop Bordeaux” o “Igp Pays d’Oc”. Per i vini stranieri, si accettano equivalenti come Doc o Docg per i vini italiani. I vini senza Indicazione geografica devono invece indicare chiaramente il Paese d’origine, evitando diciture ambigue come “vin du Languedoc””, afferma la Dgccrf.
“La carta dei vini deve essere visibile sia all’interno che all’esterno del locale, con almeno cinque vini e relativi prezzi esposti durante gli orari di servizio. Il vino può essere servito alla bottiglia (aperta davanti al cliente), alla caraffa (con corrispondenza alla denominazione indicata sulla carta dei vini) o al bicchiere (dalla bottiglia originale)”, stabilisce ancora il Ministero. Questo perché, secondo la Dgccrf, “la carta dei vini è molto più di un elenco: è un atto di fiducia tra ristoratore e cliente. In un’epoca in cui anche il vino può diventare oggetto di sofisticate frodi, la trasparenza e il rispetto delle normative diventano strumenti essenziali per tutelare il consumatore e valorizzare il patrimonio enologico”.

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