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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino / Inserto Economia

“Noi agricoltori d’assalto. La nuova frontiera è all’Est”. Dalla Romania alla Nuova Zelanda: cresce il numero delle nostre aziende che cercano spazi oltre frontiera … A Bucarest chi avesse la curiosità di spulciare fra i soci di Fundatia Sistema Italia-Romania e Unimpresa-Romania, i due organismi che rappresentano il mondo imprenditoriale italiano nel paese balcanico, troverebbe non solo calzaturieri veneti o produttori di rubinetti bresciani, ma anche un’organizzazione agricola, Confagricoltura accanto al simbolo della nostra Confindustria. Le due organizzazioni imprenditoriali hanno aperto uffici e sedi in Romania, testa di ponte di un più ampio progetto agroindustriale che offre servizi alle tante imprese ‘verdi’ di casa nostra che hanno ‘diversificato’ tra i Carpazi. Qui sono già insediati un grande produttore avicolo come la marchigiana Monaldi, un signore del vino toscano come Fabio Albisetti, un grande produttore di cereali come il lombardo Radice Fossati. Prossima tappa Sofia e la Bulgaria, altra candidata all’ingresso nella grande Europa.
L’agroindustria italiana fa shopping ovunque. C’è chi va a produrre zucchero in Serbia come la romagnola Sfir, chi va a produrre biologico in Egitto per sfruttare le ‘controstagioni’ come la romagnola Celox della famiglia Peron. E, in prima fila, ci sono i vignaioli che già da anni si stanno ‘globalizzando’ in tutte le direzioni (Est Europa, Nord Africa, Sud America) un po’ per sfruttare i prezzi assai competitivi di quelle aree (800-1.200 euro l'ettaro contro una media di 12-15 mila euro in Italia), un po’ per cogliere le opportunità legate a mercati lontani (California, Cile, Cina, Nuova Zelanda, Australia) dove si può produrre a mani libere e senza tutti i ‘lacci e lacciuoli’ in vigore in Europa.
Il Sole-24 Ore ha monitorato negli ultimi anni acquisti di terreni all’estero per circa 10mila ettari. In molti casi si tratta di fondi "nudi" o boschi, in altri di terreni per cereali e orticoltura; gli investimenti in terre da vino sfiorano i 2mila ettari per un valore totale stimato tra 100 e 120 milioni di euro. Il via allo shopping di vigneti all’estero lo diede sul finire degli anni ‘70 l'imprenditore veneto Gianni Zonin, che acquistò 450 ettari di terreni vergini nei pressi di Barboursville, in Virginia. Altra acquisizione rilevante è quella fatta nei mesi scorsi da Genagricola (gruppo Generali) in Romania: 5.500 ettari incolti e destinati a diventare fiore all'occhiello della futura agricoltura rumena. Una parte importante del progetto è la realizzazione di un vigneto su un'area di 500 ettari lungo il confine ungherese e che, come ha dichiarato il presidente Giuseppe Perissinotto, “mette il gruppo al riparo dalla penuria dei terreni utili alla nostra attività”. Ed è ancora nel cuore dell'Europa danubiana che un altro grande marchio vinicolo italiano, Antinori di Firenze - alleato con Jacopo Mazzei (Castello di Fonterutoli) e con l'ungherese Peter Zwack (amaro Unicum) - ha messo pianta stabile in Ungheria con il progetto Bàtaapàti (140 ettari di vigna), cui più di recente ha fatto seguito (in collaborazione con il bottaio Gamba) un'attività di produzione di barrique destinate alle cantine di mezza Europa. Per Antinori il progetto ungherese è stato il primo di una serie: oggi il gruppo fiorentino possiede quasi 300 ettari di vigneti tra California, Washington, Cile e, da ultimo, Nuova Zelanda, dove è andato con i fratelli Lodovico e Ilaria. E non da meno è l'impegno di Campari. Il gruppo liquoristico milanese con l'acquisto della vinicola Sella & Mosca s'è trovato in eredità due realtà estere «che hanno un grosso potenziale di crescita», spiega Enzo Visone, amministratore delegato aggiunto del gruppo. La prima (Chateau Lamargue) si trova lungo la valle del Rodano, in Francia; la seconda a Shandong, in Cina, dove il gruppo ha avuto in gestione dallo Stato 200 ettari che sono stati riconvertiti a vigneti e che producono vino (Catai) già venduto nella regione.
Dall'Asia all'Africa, alla Tunisia, dove s'è insediata la vinicola siciliana Calatrasi: il titolare Maurizio Miccichè nel '99 ha vinto due gare d'appalto indette dal Governo locale riguardanti terreni demaniali per 900 ettari, solo in parte coltivabili. E altrettanto impegnativi sono gli investimenti nelle Americhe: da quello realizzato dalla friulana Fantinel a San Cristobal di Cuba (30 ettari di vigneti che, grazie al clima, permettono di fare due vendemmie l'anno), a quello della veronese Masi in Argentina.
E in Sud America è andato anche Francesco Marone Cinzano. L'erede della dinastia di spumantieri italiani, dopo essere uscito del tutto dalla casa di famiglia, ha concentrato le proprie attività in Toscana (Col d'Orcia di Montalcino) e ora anche in Cile. Qui Marone Cinzano ha rilevato con un partner locale la fazenda Vigna la Reserva di Caliboro: 230 ettari a Sud di Santiago, le cui terre - assicura l'imprenditore - hanno un elevato potenziale per la produzione di vini rossi da lungo invecchiamento. Vini, cioè, ottenuti da basi importate anche dall'Italia.
Gianni Zonin: “Andammo negli States e rompemmo il tabù del vino”
Trent’anni fa chi ci pensava a comprare vigneti all’estero, addirittura negli Stati Uniti? A battere tutti sul tempo è stato l'imprenditore vicentino Gianni Zonin, che alla fine degli anni ’70 acquistò 450 ettari di terreni vergini nei pressi di Barboursville, in Virginia. “Allora da quelle parti la produzione del vino era tabù”, ricorda oggi il banchiere-vignaiolo che solo in Italia possiede 11 tenute in 7 regioni diverse, per un totale di 1800 ettari di vigneto specializzato. “Partimmo tra mille difficoltà. Il vino non faceva moda come oggi e neppure gli italiani erano ben visti”. Dopo anni di duro lavoro nasce quello che oggi è considerato il secondo polo vitivinicolo più importante degli Stati Uniti, dopo la californiana Napa Valley. Dalle cantine di Barbousville escono vini di punta per gli States: il Cabernet sauvignon, lo Chardonnay riserva e l’Octagon, uvaggio di cabernet e merlot. Etichette che i ristoranti più ‘in’ di New York e di Chicago hanno nella loro carta. “Una grande soddisfazione l’abbiamo avuta l’anno scorso quando il direttore della tenuta, il piemontese Luca Paschina, è stato nominato uomo dell’anno dal Parlamento della Virginia”.
A Barboursville - appartenuta nei primi dell’800 al presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson - ogni anno arrivano anche 60.000 turisti e si respira atmosfera tutta italiana nel lussuoso ristorante Palladio, tempio dell’enogastronomia italiana. Perché la Virginia e non la California, la costa est e non quella ovest? Zonin non ha dubbi: “Sarei stato uno in mezzo a tanti, invece qui abbiamo aperto la strada. Dopo di noi sono arrivate altre 60 cantine, attirate da un territorio davvero vocato alla viticoltura di qualità”. Sicuramente anche un ottimo investimento…”E’ una azienda storica, con la casa appartenuta a Jefferson. Sicuramente rispetto al ’76 il valore sarà di trenta volte tanto. Però è tutto virtuale, perché noi non vendiamo”. Però con lo shopping estero vi siete fermati lì…”Il cuore della nostra azienda è in Italia, già viaggiamo molto. Non si sempre andare su e giù per il mondo”. E l’est Europa? “Una grande opportunità, ma servono dimensioni importanti, dai mille ettari in su. E poi bisogna seguire l’investimento in prima persona per farlo rendere”.
Fabio Albisetti: “Dal mio Chianti alla rinascita del vino romeno”
Dai raffinati scenari del Castello della Paneretta nel Chianti classico alle pianure del Danubio. E’ l’ultima scommessa di Fabio Albisetti: la rinascita della viticoltura romena. Con alle spalle un gruppo di investitori italiani ed europei ed uno staff tecnico di prim’ordine - l’enologo è Attilio Pagli, il consulente agronomo è Federico Curtaz, il winemaker è Fiorenzo Rista - è nato il progetto Vinarte: 500 ettari in produzione dal ’99, altri 700 in arrivo. Vinarte è produttrice in Romania in quattro territori: Cotnari, Sahateni-Zoresti, Samburesti e Vanju Mare. Obiettivo: vini di alta qualità, eleganti e complessi, che hanno già debuttato a Vinexpo di Bordeaux. Il tutto con prezzi di vendita decisamente sbalorditivi: da 1,20 a 8 euro a bottiglia. Quattro le tenute: a Cotnari 50 ettari di vigneto; a Samburesti, Domaine Bolovanu, uno degli “chateau” della Romania 60 ettari di vigneto (30 ettari di Merlot e 30 ettari di Cabernet Sauvignon); a Sahateni-Zoresti, 130 ettari di vigneto di varietà a bacca rossa (Merlot, Pinot Noir, Cabernet Sauvignon), con antiche cantine di invecchiamento (con barriques francesi); a Turno Severin-Vanju Mare, la cantina di Starmina: 190 ettari di vigneto, di cui 60 ettari di uve rosse (Merlot, Cabernet Sauvignon) e 130 ettari di uve bianche (Sauvignon, Muscat Ottonel).
“Dopo aver lavorato molto in Romania - ha spiegato Albisetti a winenews.it - volevo ridare qualcosa a questo Paese. Così ho trovato degli amici-investitori e mi sono messo al lavoro, con tantissimo entusiasmo. E così è nata Vinarte, società che ha già investito, in vigneti ed in cantine in Romania, ben 8,5 milioni di euro”.
Le tre realtà attorno a cui ha preso corpo il progetto Vinarte sono Villa Zorilor a Zoresti, nell’area di Dealul Mare, Castel Bolovanu nel Dragasani e Stirmina nel distretto di Mehedinti, ai bordi del Danubio. “Siamo partiti a costruire materialmente l’attività giorno per giorno, assieme alla gente del luogo, dando il via alla ristrutturazione - racconta Albisetti - di tutti i vigneti e cantine. Anche la gente che ha lavorato con noi nei vigneti ha il marchio del sole dei millenni sulla pelle: è gente che è nata e da sempre ha vissuto per la vigna e il vino. La nostra unica preoccupazione è stata quella di ridare dignità ad un lavoro svilito, che aveva perso lo stile della qualità per poter rispondere all’esigenza di ridurre al minimo costi diventati insostenibili per le aziende, private dei capitali necessari al proprio sviluppo nel periodo successivo al cataclisma politico del 1989”.
Parola d’ordine: ritorno alla qualità, con un occhio al territorio e alla sua gente. “Prima di ristrutturare le cantine ed i vigneti - racconta Albisetti a winenews.it - abbiamo restaurato le case per gli operai, abbiamo creato la mensa e delle strutture sociali nelle cittadine in cui sono le nostre cantine. E lo stesso spirito ha caratterizzato l’opera di ammodernamento tecnologico delle cantine e l’addestramento del personale ad una nuova pratica enologica attenta al dettaglio di ogni singola operazione”. In breve tempo Vinarte è diventata l’azienda leader in Romania, con una produzione a regime di 10 milioni di bottiglie e 600 operai tra stagionali e fissi.

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