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LA NAZIONE/IL GIORNO/IL RESTO DEL CARLINO

L’Italia beve meno, ma il vino brinda con lo straniero ... Consumi interni in picchiata. I produttori guardano all’estero. Le stime degli esperti: quantità e qualità stabili... La Barbera a 30 centesimi al litro ha fatto scendere in piazza i produttori dell’Astigiano che hanno riempito gratis le taniche dei cittadini. Nelle cantine piemontesi ci sono oggi 220 mila ettolitri di vino in giacenza, soprattutto Barbera, Dolcetto e Brachetto. Situazione per tanti versi analoga per il sangiovese in Romagna e Toscana, per il Montepulciano d’Abruzzo nel centro Italia. Le previsioni sulla vendemmia 2010, elaborate da Assoenelogi a fine agosto, danno quantità stabili rispetto al 2009 (circa 45,5 milioni di ettolitri) mentre la qualità “si prospetta buona con diverse punte di ottimo”, dice sempre Assoenelogi. Questo rito delle previsioni va comunque preso con beneficio d’inventario. “Se serve a concentrare l’attenzione su un comparto che è un pilastro del made in Italy, va bene. Però attenzione al “tanto rumore per nulla di shakesperiana memoria””, dice Alessandro Regoli, direttore di www.winenews.it, sito di riferimento per l’informazione di settore. “A luglio la Coldiretti parlava di vendemmia da record prevedendo 47,5 milioni di ettolitri. Adesso Assoenologi scende a 45,5 milioni, quando, allo stato attuale, meno del 10% delle uve è stato effettivamente raccolto. Ma dove sono finiti due milioni tondi di prodotto?”. In sostanza, “come insegnano i vignaioli, di una vendemmia si può parlare con certezza soltanto quando tutta l’uva è in cantina. E della qualità, soltanto all’epoca della prima svinatura, più o meno a novembre, tanto per intenderci” insiste Regoli. Comunque, se il dibattito sulle previsioni è aperto - e le condizioni meteoclimatiche di settembre faranno la differenza - meno dubbi ci sono sui temi che assillano i produttori: il mercato, i prezzi, i consumi, l’export. I consumi interni sono in picchiata: 43 litri pro capite contro i 50 dell’inizio del millennio (erano 120 negli anni ‘70). La produzione negli ultimi 20 anni si è progressivamente ridotta (stava sui 60 milioni di ettolitri) ma non ancora a sufficienza, decine di milioni di ettolitri di prodotto non hanno mercato. E contribuiscono ad abbassare ai minimi termini i prezzi all’ingrosso delle uve. Le cantine cooperative ogni anno tornano a chiedere distillazioni straordinarie per smaltire il prodotto e sostenere i loro bilanci. Angelo Gaja, a nome dei produttori-artigiani di alta gamma, dice che i fondi dati alle cantine cooperative sono per la metà sprecati e “le cantine sociali continuano a vendere il vino sottocosto”. Su una cosa tutti sono d’accordo, l’unica via d’uscita è l’export che dopo un difficile 2009 ha ripreso a correre. “Bisogna far tesoro delle risorse messe a disposizione dall’Unione europea (48 milioni solo nel 2011, ndr.) per la promozione sui mercati extra Ue, e valorizzare mosse importanti come l’apertura di Eataly a New York”, insiste Regoli. “La crisi ha portato incertezza ed è difficile fare previsioni o programmi - aggiunge Marco Pallanti, presidente del Consorzio Chianti Classico - ma dall’estero arrivano segnali positivi”. “Il mercato italiano è assolutamente piatto - conferma Filippo Mazzei (Fonterutoli) - ma all’estero c’è un risveglio generalizzato. Direi un +10%, con la Russia in testa e la Germania in netta ripresa”. Situazione a macchia di leopardo in Veneto dove, secondo Fabio Poggi, numero uno della Federazione vitivinicola di Confagricoltura, “tengono, e bene, solo le grandi denominazioni che hanno un mercato affermato all’estero, Prosecco in primis, ma anche l’Amarone e il Valpolicella, che hanno ancora abbondanti margini. Soffrono tutti gli altri, Soave in testa, che ha grandi difficoltà. “Niente ferma l’avanzata del Prosecco - aggiunge Gianluca Bisol, grande produttore -. Nonostante quest’anno siano entrati in produzione molti nuovi ettari, i prezzi delle uve hanno avuto un aumento del 10% nella Docg e del 5% nella Doc”.

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