#Andràtuttobenese se avremo cura della Terra, del suolo, dei mari, dei fiumi, della natura tutta come abbiamo cura dei nostri cari; ci impegneremo, noi e le istituzioni, a rimediare alla crisi climatica che dovrebbe farci più paura del virus; proteggeremo la biodiversità per mantenere in salute noi e il pianeta; rispetteremo i diritti dei lavoratori, contro lo sfruttamento; mangeremo molta meno carne e prodotti animali da allevamenti intensivi; rinunceremo all’agricoltura intensiva, alle monoculture, e all’uso della chimica che inquina; riporteremo il verde nelle nostre città (con tanti orti!); riscopriremo la comunità, nelle botteghe, nelle cascine, conoscendo chi fa e come il nostro cibo; capiremo che dare invece che ricevere è un privilegio perché vuol dire che non abbiamo bisogno, ovvero cosa sia davvero la solidarietà; se, finalmente, non dovremmo più preoccuparci delle differenze di genere semplicemente perché non ce ne saranno più. Ecco l’invito lanciato da Slow Food, nell’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra, che si celebra oggi in un pianeta accomunato dall’emergenza Coronavirus, che dal solo parlarne ci ha messo di fronte le gravi conseguenze cui può portare la crisi ambientale, costringendosi non più a sperare in un mondo migliore, ma a doverlo costruire. “Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema - dice la Chiocciola - e questo virus ci sta insegnando come la nostra salute, la salute di ciascuno di noi non può prescindere dalla salute della Terra”.
E chissà se quello che stiamo vivendo riuscirà ad invertire i trend del passato, come il prevalere della cementificazione nei confronti delle coltivazioni: secondo Coldiretti negli ultimi 25 anni la superficie agricola utilizzabile in Italia si è fermata a 12,8 milioni di ettari con un crollo del 28%. “Un modello di sviluppo sbagliato”.
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