“Rivalutazione e riconoscimento del vino che è un composto d’umore e luce”. Così Giacomo Tachis, uno dei più grandi enologi italiani, piemontese di nascita ma toscano d’adozione, ha riassunto dieci anni di esperienza che ha rivoluzionato l’enologia siciliana. Il “principe degli enologi”, che ha dischiuso nuove insperate prospettive tra i “filari siciliani” era presente a Palazzo dei Normanni, per la presentazione del libro “Giacomo Tachis enologo corsaro. Dieci anni di rivoluzione siciliana”, scritto dal giornalista Bruno Donati.
Tachis è ritenuto il padre della nuova “Sicilia enologica”. Il suo vino, secondo Donati “è diventato un’unità di misura. Conosciuto per il lavoro compiuto su Nero d’Avola, Frappato, Inzolia, Grillo, Grecanico, è stato anche premiato con una targa dall’Istituto regionale della Vite e del Vino con cui ha collaborato strettamente in questi ultimi dieci anni. Il binomio Tachis-Sicilia? “Per me l'Isola - dice l’enologo - è stata una scommessa: c’erano vini da migliorare”. Secondo l’assessore regionale all’agricoltura, Innocenzo Leontini “Il libro di Bruno Donati narra la storia di una vera e propria rivoluzione tecnica che, negli anni ‘90 ha visto la trasformazione della vitivinicoltura dell’intera Isola che ha permesso la produzione di vini di qualità, che hanno consentito di elevare la Sicilia a livelli prima riservati soltanto al Piemonte e alla Toscana”.
Come ha sottolineato Vincenzo Melia, responsabile del settore tecnico-sperimentale dell'Istituto regionale della Vite e del Vino, “Tachis ha impresso una svolta decisiva al destino del vino siciliano”.
A Palazzo dei Normanni, presente anche il padre dell’Oscar del Vino, Franco Ricci, presidente dell’Associazione Italiana Sommelier (Ais) di Roma, che ha recentemente consegnato l’Oscar a Tachis dopo la nomination dei lettori della guida “DuemilaVini”. “Anche il vino come il cinema e la televisione - dice Franco Maria Ricci - è arte”.
Bruno Donati, nel libro, racconta come Tachis, il pacioso uomo del vino, detto il “corsaro” perché rimanda ad un’enologia epica, è arrivato ad essere il numero uno degli enologi. Basterebbe un solo nome: “Sassicaia”. Si è spesso seduto davanti a prodotti precari e li ha trasformati”.
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