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“LA SACROSANTA LOTTA AD ABUSI DELL’ALCOL HA COINVOLTO TROPPO IL VINO, PERCHÉ NON LO SI È SAPUTO DISTINGUERE DA ALTRI ALCOLICI. E L’ETILOMETRO, CHE HA STRAVOLTO I CONSUMI, NON È AFFIDABILE”. COSÌ IL PRESIDENTE FIVI (VIGNAIOLI INDIPENDENTI), CHARRERE

“La sacrosanta lotta agli abusi dell’alcol ha coinvolto troppo il comparto del vino, perché non lo si è saputo distinguere dagli altri alcolici. E l’etilometro a fiato, che peraltro è inaffidabile come strumento, ha profondamente modificato le abitudini di consumo: un cliente su tre non beve più al ristorante”. Così Costantino Charrere, presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), oggi a Milano, secondo cui bisogna fare maggiore distinzione tra vino e alcol, e recuperare la cultura del vino tra i giovani.

A sostenere la tesi dell’inaffidabilità anche il contributo dello pneumologo Hlastala dell’Università di Seattle. Secondo l’esperto americano, il test dell’etilometro “si basa sull’assunto che la concentrazione di alcol nell’ultima porzione di aria espirata sia pari a quella presente negli alveoli polmonari e in rapporto diretto con la quantità di alcol presente nel sangue, cosa che non corriponde a verità”.

Secondo Charrere, quindi, servono altre azioni, come il recupero della cultura del vino tra i giovani, fortemente diversa dall’idea dello “sballo”, e l’impiego di altri strumenti, “strumenti efficaci per la costatazione del livello di sobrietà e di capacità di guida, come il “riflesso metro”, che, in tempo reale, misura uno dei requisiti essenziali per una guida sicura e cioè la rapidità di risposta a uno stimolo esterno”.

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