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La sostenibilità a 360 gradi al centro del dibattito, dalla vigna al consumatore, con produttori, organizzazioni di filiera ed istituzioni, i grandi vini di Toscana nel calice: si apre oggi il Congresso Assoeonologi (Firenze, 17-19 novembre)

Italia
Sostenibilità e grandi vini di Toscana nel calice: parte #Congresso Assoenologi, a Firenze, dal 17 al 19 novembre

“Fra carbon footprint, riduzione degli input e tutela del paesaggio e della biodiversità, il tema della sostenibilità alimenta pareri discordi. Per cui è un argomento sul quale si avverte la necessità di fare chiarezza. Essere “sostenibili” significa lavorare per sottrazione, riducendo l’emissione del gas serra e, unitamente, razionalizzare il consumo d’acqua e di agrofarmaci. Il termine si coniuga perfettamente all’ecosistema e all’ambiente, ma è anche un modus operandi che si estende, in senso più globale, anche all’ambito economico, sociale e soprattutto culturale, essendo tutti questi elementi strettamente correlati e interdipendenti”. Da questa riflessione del presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella (fresco di riconferma anche alla guida della Union Internationale des Oenologues insieme a Serge Dubois) parte il congresso degli Enoogi Italiani n. 72, di scena dal 17 al 19 novembre a Firenze (http://assoenologi.it). A “battezzarlo”, tra gli altri, il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, oggi alle ore 18 alla Stazione Leopolda, insieme alla autorità cittadine, e ai vertici di Fedevini, Coldiretti, Confagricoltura e Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, per una tre giorni di lavori che dipanerà il tema della “sostenibilità” da diversi punti di vista, tra degustazioni e assaggi dei grandi vini toscani, e dei vini del Portogallo, Paese ospite.
Ad aprire i lavori, alle 14, sarà proprio il tasting guidato da Filippo Bartolotta (che ha curato la degustazione per Barack Obama nella sua visita in Italia) e Pierluigi Gorgoni, docente di Alma, dedicato alle più prestigiose denominazioni di Toscana (in assaggio Bolgheri Superiore 2013, Brunello di Montalcino 2012, Chianti 2016, Chianti Classico Gran Selezione 2013, Vernaccia di San Gimignano 2015 Riserva e Vino Nobile di Montepulciano 2013), Regione che mette insieme 11 Docg e 41 Doc, che coprono 54.000 ettari sui 60.000 vitati in totale. Alle ore 18, come detto, l’inaugurazione ufficiale con i saluti istituzionali e la presentazione di due progetti. Uno vede in campo, unite, Assoenologi e Federvini, che mettono a sinergia competenze tecniche e specializzazione nei servizi alle imprese, che spiegano i presidenti Riccardo Cotarella e Sandro Boscaini, hanno costituito un gruppo tecnico di progettazione per lavorare da subito su temi come il miglioramento del sistema dei controlli, con una analisi e proposta di revisione del processo certificativo e del suo inquadramento nelle prescrizioni della regolamentazione alimentare, di un progetto nazionale unico sulla sostenibilità, con la realizzazione di uno studio di convergenza dell’attuale sistema normativo e di certificazione, e come origine e originalità del vino, con un approfondimento della tecnica analitica per la rilevazione delle tipologie di uve, per indagare e valutare la genuinità e l’origine dei vini.
L’altro sarà illustrato da Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc e di Equalitas, progetto “il cuoi varo, avvenuto un paio d’anni or sono, ha rappresentato un primo punto di arrivo rispetto ad almeno cinque anni di esperienze e confronti con l’accademia e le imprese (per il tramite di diversi “contenitori”, che confluirono infine nel Forum per la Sostenibilità del Vino). Il progetto e i relativi protocolli si possono applicare a un prodotto vitivinicolo (e quindi alla “filiera”), a un azienda vitivinicola, a un Consorzio di tutela (Doc/Docg) e al territorio su cui esso insiste. Applicando requisiti in parte comuni e in parte dedicati alle varie casistiche, è quindi possibile “certificare” come “sostenibili” le aziende, i prodotti, i territori”.
Sostenibilità al centro di tutto, dunque, come spiegano i relatori che si alterneranno nei lavori il 18 e 19 novembre. Come il “pioniere” della viticoltura biodinamica, Nicolas, Joly, secondo cui “fino a 40 anni fa le denominazioni garantivano una “tipicità”, un gusto che recava l’impronta dell’originalità climatica (idrometria, luminosità, calore) e geologica del suolo. Le foglie coglievano le diverse sfumature del clima, come se si trattasse di antenne, le radici quelle del suolo, come se si trattasse di nervi sensibili. Cosa rimane di questa magnifica concezione? Ben poco, purtroppo. I diserbanti hanno ucciso i microrganismi che consentivano alle radici di legarsi al suolo (micorrize) e i fertilizzanti chimici hanno preso il posto di quella crescita che i suoli donavano così generosamente. Attualmente la biodinamica è il miglior catalizzatore esistente per ritrovare l’autenticità dei gusti delle Doc”.
O come il californiano Steve Matthiasson, proprietario, viticoltore, enologo della “Matthiasson Wines” in Napa Valley, e, tra le altre cose, coautore del “Codice di condotta sostenibile”, il manuale standard per la viticoltura sostenibile in California. “Ci sono diversi programmi di sostenibilità che vengono realizzati in Napa Valley - spiega Matthiasson - tra cui l’allevamento di pesce, la certificazione “Napa Green” e il Codice di condotta sostenibile. Sono tutti programmi basati sulla scienza con diversi focus che vengono ampiamente adottati dai coltivatori. Oltre a rivolgersi all’impiego di fertilizzanti e antiparassitari, essi comprendono altre aree di potenziali miglioramenti, come la salute complessiva delle acque (fiumi e torrenti), l’habitat della fauna selvatica, la conservazione dell’acqua e del suolo e lo sviluppo degli addetti. I programmi sono diversi ma possono essere complementari all’agricoltura biologica tradizionale. Al Congresso descriverò come e perché questi programmi sono stati creati, i successi e le sfide che devono affrontare”.
Di sostenibilità in vigna parlerà anche l’agronomo Ruggerro Mazzilli, fondatore della Stazione Sperimentale per la Viticoltura Sostenibile: “la sostenibilità è il punto di incontro tra l’oggi e il domani perché è la sintesi dei presupposti che ogni attività umana deve considerare per gli aspetti ambientali, economici, energetici, salutari, etico-sociali. In viticoltura - spiega Mazzilli - i risultati di ogni strategia sono misurabili secondo appositi indici ma questo può portare la questione lontano dal problema. L’entità dell’impatto ambientale dipende da dove (zone vocate) e come (vigoria equilibrata) si coltivano i vigneti. Solo con piante a basse esigenze (autoregolazione e ridotta suscettibilità) si ottiene con continuità un’elevata espressione territoriale dei vini (lavorando sulle cause e non sugli effetti). Il “bio” è lo strumento eccellente per realizzare contemporaneamente i migliori traguardi enologici (massima impronta territoriale), economici (giusto reddito e maggiore durata degli impianti) ed ecologici (con dosi di rame/zolfo molto basse)”.
A dare il suo sguardo sul tema ci sarà anche il professor Attilio Scienza, dell’Università di Milano: “l’approfondimento degli studi di fisiologia e di genomica, relativi al ruolo dell’apparato radicale nella regolazione e nel funzionamento dei processi vegetativi e riproduttivi della chioma, hanno in questi anni aperto delle nuove prospettive nel miglioramento genetico dei portinnesti - sottolinea Scienza - considerati non solo per la resistenza alla fillossera o al calcare attivo, ma per le loro capacità di modulare il rapporto interattivo del vitigno con i vari ambienti di coltivazione. L’andamento climatico di questi anni, soprattutto quello del 2017, hanno consentito di valutare le performance di questi portinnesti in numerosi ambienti viticoli italiani, mettendo in luce la loro superiorità nei confronti dei portinnesti commerciali. In particolare l’ M 4 si è rivelato nettamente superiore ai portinnesti noti da tempo per la tolleranza alla siccità, confermando le sperimentazioni preliminari fatte negli anni precedenti”.
Ma il tema della sostenibilità sarà affrontato anche dal punto di vista delle aziende. Come farà Renzo Cotarella, ad di una delle più importanti realtà del vino italiano mondiale: “per Marchesi Antinori “sostenibilità” ha significato incrementare la sensibilità alla gestione del vigneto a 360° attraverso investimenti diretti all’implementazione di strumenti e competenze idonee ad una corretta gestione delle fitopatologie e fitofagi del vigneto e ad un adeguamento del parco macchine. Il raggiungimento di una viticoltura sostenibile richiede competenza tecnica ed una forte passione per la viticoltura. Il costo di tali investimenti, che nel medio periodo è ammortizzato dalla riduzione degli oneri di acquisto dei prodotti specifici per l’agricoltura - spiega Cotarella - è soprattutto premiato dalla possibilità di fare vini con un forte legame con il territorio. Nell’esperienza di ormai alcuni anni si è rilevato come il costo di gestione di un vigneto “sostenibile” sia sempre più vicino al costo di gestione di un vigneto “tradizionale”; la vera differenza deriva dalla sensibilità alla gestione viticola acquisita dal viticoltore alla quale è direttamente correlato l’efficientamento economico”.
“Comunemente si parla di sostenibilità in viticoltura intendendo pratiche agricole virtuose nel vigneto - aggiunge Ruenza Santandrea alla guida del Gruppo Cevico e del settore vino dell’Alleanza delle Cooperative - ma il significato implica invece molto di più. Essere sostenibile significa mettere in atto un processo volto al mantenimento ed alla salvaguardia del sistema territoriale grazie alle complesse interconnessioni che esistono fra l’aspetto sociale, economico ed ambientale. Quando guardiamo i paesaggi italiani punteggiati da vigneti, e ormai parte inscindibili di esso, la gran parte, il 58%, sono vigneti di piccoli agricoltori soci di cooperative, che scegliendo di conferire le uve alla cooperativa, si sono dotati di una organizzazione che ha consentito di raggiungere i mercati internazionali, condizione ormai imprescindibile per avere una corretta remunerazione del lavoro in vigna”.
A parlare della sostenibilità vista da consumatori e produttori sarà, invece, Oscar Farinetti, patron di Eataly e del gruppo Fontanafredda: “il cliente ha sempre ragione? Non è vero. E allora chi ha ragione? Il produttore, il commerciante? Neanche questo è vero. La ragione non esiste - dice Farinetti - esistono l’impegno, il dubbio e la fiducia. Ecco i tre grandi valori attorno ai quali costruire armonia tra i protagonisti del ciclo del consumo: produttori, commercianti e consumatori. Tra questi ne esiste uno che dialoga continuamente con gli altri due. Si trova proprio al centro, il compito del commerciante è quello di trasferire al cliente finale i valori di chi produce, ma nello stesso tempo di portare a chi produce le aspettative di chi consuma. Se una certezza esiste è che il consumatore si sta sempre più rendendo conto che il cibo è l’unico prodotto che entra dentro il proprio corpo, dunque merita maggiore conoscenza. Mentre sul fronte della produzione c’è sempre maggiore ricerca e impegno verso la qualità. Da un lato c’è più voglia di salute e di rispetto del pianeta, dall’altro c’è sempre maggior coscienza del ruolo centrale dei produttori sul tema della sostenibilità. Il vino è (e diventerà sempre più) l’esempio più eclatante di questo percorso”.
Ma c’è anche chi porterà il punto di vista di chi deve vigilare, come Stefano Vaccari, a capo del Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi - Icqrf del Ministero delle Politiche Agricole. “L’analisi che presento al congresso illustra i dati della Cantina Italia alla partenza della nuova vendemmia (1 agosto 2017), come emergono dal registro telematico - anticipa Vaccari - non è intenzione di questa analisi avanzare considerazioni, men che meno conclusioni! Suo scopo è offrire agli operatori una prima, sommaria serie di dati da valutare più nella prospettiva delle potenzialità del registro in termini conoscitivi. Spesso, infatti, decision makers privati e pubblici non hanno sufficienti basi informative per una compiuta valutazione del mercato e delle politiche territoriali e in questo senso l’approfondimento offerto dai dati emergenti dal registro può aiutare il Sistema vitivinicolo italiano, definito in modo illuminato dalla legge n. 238 del 2016 quale “ patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale”, verso una crescita sempre più “sostenibile, nel suo più pieno significato.
“Oggi sente forte la necessità discutere su un tema vitale, perché? Perché oggi c’è questa necessità? Il merito è della cultura, che stimola riflessioni, amplifica le coscienze - commenta il giornalista Andrea Zanfi - determina la necessità di un confronto, ci apre a un dibattito, costruisce soluzioni, valorizza il nostro saper fare e le risorse umane che operano con questo obiettivo, le unisce per la costruzione di nuove “identità civili” di una “civiltà sociale” basata sulla partecipazione e sulla cooperazione. Insieme si risolvono i problemi, ma per stare insieme ci vuole capacità di ragionamento e quindi cultura. Ognuno di noi ha un proprio terroir culturale da coltivare e curare come una vite. Un libro, un incontro, un convegno diventano strumenti che ci nutrono lo spirito e ci consentono di cogliere nuove opportunità. La cultura è il seme che genera nuove piante e coinvolge, per restituire ciò che ci è stato prestato dalle generazioni future. Se la cultura è il seme, noi siamo i contadini”.
E poiché il vino è un grande co-protagonista in tavola si parlerà anche di alta ristorazione come “esperienza sostenibile”, dove cibo, vino e accoglienza possano garantire un’esperienza anche ad un pubblico più allargato. A farlo, nella tavola rotonda guidata da Fiammetta Fadda, saranno Enrico Chiavacci, direttore marketing di Marchesi Antinori, Benedetto Condreas, fondatore dell’agenzia di comunicazione e design Pescerosso, Lorenzo Donini, direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, Edoardo Grassi, chef del Ristorate Ceresio 7 di Milano, Antonia Klugmann, chef del Ristorante L’Argine Vencò di Dolegna del Collio, Ciccio Sultano, chef Ristorante Duomo di Ragusa e Yoji Tokuyoshi, chef del Ristorante Tokuyoshi a Milano. A chiudere i lavori, domenica 19, sarà la tavola rotonda guidata da Bruno Vespa con i presidente delle più importanti Denominazioni del vino di Toscana, ma prima, sarà di scena la grande degustazione dedicata a due dei vini più importanti d’Italia, presentati da due dei produttori più ammirati del Belpaese, rarissimamente insieme al tavolo: nel calice Sassicaia e Tignanello, entrambi annata 2008, entrambi in magnum, a raccontarli i marchesi Nicolò Incisa della Rocchetta e Piero Antinori. Etichette e produttori che hanno segnato il Rinascimento del vino italiano.

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