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BIO, “STATI GENERALI”

L’agricoltura italiana scommette sul biologico. Sana: arriva il “Manifesto del Bio 2030”

Obiettivo condiviso: guidare la “transizione ecologica” non solo del sistema agricolo, ma di un’economia circolare nel suo complesso
BIOLOGICO, MANIFESTO DEL BIO, SANA, Non Solo Vino
L’agricoltura italiana scommette sul biologico. Sana: arriva il “Manifesto del Bio 2030”

Un’agricoltura attiva per affrontare la sfida climatica; l’importanza dell’approccio agro-ecologico; rafforzare gli elementi di distintività del biologico; la conversione della zootecnia al biologico; il ruolo cruciale di regolamentazione e controlli; il ruolo fondamentale di innovazione e rivoluzione digitale; modelli di sviluppo territoriale; informazione e importanza della tracciabilità; adozione di un logo nazionale; comunicazione e consapevolezza: potenziamento dell’educazione alimentare diffusa e il ruolo del consumatore proattivo. Ecco i dieci punti programmatici del “Manifesto del Bio 2030” lanciato da Sana, il Salone Internazionale del Naturale e del Biologico, che si chiude oggi a Bologna, vetrina principe di un settore che secondo l’Osservatorio Sana 2019, tra consumi nazionali ed esportazioni, nel 2018 ha toccato i 5,8 miliardi di euro, con un aumento record del 264% negli ultimi 10 anni. E, negli “Stati Generali del Bio”, voluti da BolognaFiere, in collaborazione con FederBio e AssoBio, e con il sostegno di IT - Italian Trade Agency, è emersa la necessità di una “transizione ecologica”, per l’intero sistema produttivo verso l’economia circolare e lo sviluppo dell’agricoltura biologica come una delle priorità per il nostro sistema agroalimentare.
“L’Unione Europea crede fermamente nell’importanza delle produzioni da agricoltura biologica ed è per tale ragione che sostiene la crescita di questo mercato con un forte indirizzo politico e un sostegno diretto agli agricoltori” - ha sottolineato Phil Hogan, Commissario Europeo uscente per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale.

D’altronde, “il biologico si è conquistato nel giro di pochi anni un ruolo di primo piano per l’agroalimentare - ha ricordato Gianpiero Calzolari, presidente BolognaFiere - passando da elemento di nicchia a driver per lo sviluppo e la crescita. Il biologico è oggi un fenomeno di massa, un settore con migliaia di addetti, che sta caratterizzando un nuovo sistema produttivo, sempre più orientato alla sostenibilità”.

Un settore in cui “l’Italia detiene la leadership a livello europeo in ambito biologico. L’Italia e Sana puntano sull’agricoltura bio e l’Europa ci sta garantendo risorse importanti per continuare a crescere. L’importante è assicurarsi che la crescita sia gestita nel rispetto e nella tutela dei consumatori, che devono restare la priorità per tutti gli attori della filiera”, ha detto l’europarlamentare Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo).

“Il biologico è una storia di successo in Italia. Per questo possiamo dire che siamo passati “Dalla Rivoluzione Verde alla Rivoluzione Bio”. Abbiamo risolto i problemi? No. Il rischio di oggi è che il biologico sia vittima del suo successo. Per questo - ha sottolineato Angelo Frascarelli, Presidente Advisory Board Rivoluzione Bio, commentando i punti del Manifesto - bisogna andare oltre. Come? Innovazione, trasparenza, comunicazione. Cosa significa? Economia circolare, bioeconomia, servizi ecosistemici, per rafforzare le esternalità positive del bio; tecnologie di precisione, agricoltura bio digitale, etichette digitali per rafforzare la distintività e la garanzia del bio presso il consumatore, comunicazione e consapevolezza alimentare dei consumatori per accrescere la domanda di prodotti bio”.

Anche per far crescere le esportazioni ed i consumi interni, tema sul quale, però, è “necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri - ha aggiunto il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Per questo è importante rafforzare l’attività di vigilanza e controllo alle frontiere, dove arriva biologico straniero che non offre le stesse garanzie di quello italiano, come denunciato
recentemente dalla stessa Corte dei Conti Europea. All’Italia serve un marchio per il biologico made in Italy obbligatorio che garantisca una piena trasparenza ai consumatori. Ma occorre dare al più presto seguito alla raccomandazione della Corte dei Conti europea che invita a rafforzare i controlli sui prodotti biologici importati, che nel 2018 hanno raggiunto il quantitativo record di 3,3 miliardi di chili, 415 milioni dei quali arrivano dalla Cina che è il principale fornitore. L’Italia - ha sottolineato la Coldiretti - è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari da dove nel 2018 ne sono arrivati ben 190 milioni di chili, per quasi 1/3 dall’Asia. Ad arrivare nella Penisola da fuori dei confini europei sono soprattutto grano, riso ed altri cereali, frutta come banane, mele, pere e verdura come fagioli, patate e cipolle, olio di oliva, caffè, cacao, tè e spezie”.

“La crescita del biologico è legata alla relazione strategica tra produttori agricoli e cittadini-consumatori - ha detto Dino Scanavino, presidente Cia - “c’è il giusto prezzo ogni volta che questa sinergia virtuosa produce valore per l’ambiente e reddito per gli agricoltori. Finora il problema dell’agricoltura è stato l’assoluta difficoltà ad avere un rapporto di forza adeguato - ha spiegato - ma battere le insidie economiche del settore solo con la burocrazia è poco utile, anche nel bio. Bene, quindi, i controlli, ma non sono la soluzione. Serve l’organizzazione della produzione. La filiera agricola deve stare insieme, per avere più forza contrattuale”. E poi serve, sempre di più, “lavorare su innovazione e ricerca”.

“La scelta in favore dell’agricoltura biologica è spesso una scelta di vita da parte del produttore che comporta non pochi sacrifici - ha aggiunto ancora Giorgio Mercuri, presidente Alleanza delle Cooperative - se solo si pensa ad esempio che occorrono due o tre anni di attesa per ottenere una certificazione e spesso si fatica a farsi riconoscere questo sforzo. Non è possibile immaginare di aver un futuro per la sostenibilità ambientale se non possiamo neppure essere sicuri di avere un reddito e se quindi la stessa sostenibilità economica e sociale sono tutt’altro che garantite. La cooperazione in tal senso è un valido strumento nell’ottica di una giusta remunerazione del prezzo dal momento che le cooperative riescono a gestire tutta la filiera, non solo la fase agricola, arrivando fino allo scaffale con i prodotti finiti”.

Ha messo l’accento sul ruolo chiave delle esportazioni Carlo Ferro, presidente Ice: “l’agroalimentare, e in particolare il bio agroalimentare, è un settore molto importante per l’export italiano. E l’export è il driver per la crescita del settore in Italia. Per questo vogliamo rafforzare il nostro supporto alle piccole e medie imprese che esportano. Da alcuni mesi, anche grazie all’ottima intesa che, come Ice, abbiamo con le rappresentanze di tutte le categorie stiamo facendo insieme molte cose tra cui: più risorse per Sana Bologna e rappresentanza degli esportatori italiani alle prossime fiere internazionali del settore a Parigi e a Norimberga”.

Ma tante ancora sono i passi da fare per l’affermazione definitiva del biologico. A partire, ha ricordato il presidente di Assobio, Roberto Zanoni, dall’approvazione della nuova legge in materia: “ci auguriamo che entro l’anno sia approvata anche al Senato la normativa sul biologico, già passata alla Camera dei Deputati con voto bipartisan. La nuova legge consentirebbe una forte spinta verso l’agricoltura biologica grazie anche all’introduzione dei biodistretti e ad investimenti mirati a favore dell’inserimento dei giovani nel mondo agricolo”.
“In questa fase determinante per il settore la priorità fondamentale è dare più forza ai produttori agricoli per far crescere la produzione nazionale attraverso la diffusione di filiere corte a livello locale e la costruzione di solide filiere di Made in Italy Bio” - ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio - il nostro Paese è un riferimento a livello internazionale per la qualità del cibo, la valorizzazione della biodiversità e delle varietà locali e il biologico è il metodo di produzione più coerente per dare valore all’origine locale del cibo. E questo anche per evitare il rischio che si riproponga anche per il bio una rincorsa al ribasso dei prezzi a discapito del reddito degli agricoltori e dei cittadini in termini di qualità del cibo. Dobbiamo affermare il principio del “giusto prezzo” dei prodotti agricoli e diventare un riferimento utile anche per il resto dell’agricoltura. Ma la crescita del bio non riguarda solo gli aspetti di mercato; coinvolge il governo del territorio, la tutela della biodiversità, il contrasto e l’adattamento al cambiamento climatico; far crescere l’agricoltura biologica significa investire per il contrasto e la mitigazione del cambiamento climatico. Dobbiamo darci l’obiettivo di raggiungere almeno il 40% della superficie agricola del nostro Paese coltivata con il metodo biologico e per questo ci fa ben sperare che il Governo appena insediato, al quale auguriamo buon lavoro, abbia inserito nel suo programma punti importanti come la la “transizione ecologica”, indirizzando l’intero sistema produttivo verso l’economia circolare e lo sviluppo dell’agricoltura biologica come una delle priorità per il nostro sistema agroalimentare”.

Parole subito accolte dal Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova: “l’Italia è leader in Europa per numero di operatori biologici e l’incremento dei terreni destinati a queste coltivazioni è un buon segnale. Vogliamo lavorare per rendere sempre più sostenibili le nostre produzioni e per garantire sicurezza al consumatore attraverso controlli rigorosi. Serve presto la legge sul biologico. È stata approvata in prima lettura e nei prossimi giorni incontrerò i parlamentari proprio per accelerare su questo fronte”.

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