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MERCATO

L’avanzata dei vini Piwi prosegue, nella realtà del mercato e nell’immaginario dei consumatori 

Tra masterclass, fiere e tasting, sono sempre più gli eventi con protagonisti i “vitigni resistenti”. Prossimo appuntamento il 15 marzo a Roma 
PIWI, Vino sapiens, VITIGNI RESISTENTI, Italia
I vitigni Piwi consentono di ridurre sensibilmente l’utilizzo dei pesticidi

Non più curiosità enologica dallo strano nome, ma realtà di mercato con un un’immagine sempre più consolidata tra i consumatori ed un appeal in crescita tra i produttori: prosegue l’avanzata dei vini Piwi, tra master class, fiere e degustazioni, in un susseguirsi di eventi in cui i “vitigni resistenti” sono protagonisti. Uno dei prossimi appuntamenti di rilievo è domani, 15 marzo, a Roma, con il professor Marco Stefanini (presidente Piwi Italia), per l’avvio di una serie di conferenze ed incontri con i massimi esperti del settore per approfondire gli aspetti legati alla sostenibilità vitivinicola, ambientale, sociale ed economica di questa particolare tipologia di vitigni.
Negli ultimi anni è cresciuto il livello qualitativo delle vinificazioni, ormai non più sperimentali, ma sempre più ricercate dal mercato. Incroci naturali tra vinifere europee e altre viti di origini americane e/o asiatiche, i vitigni Piwi (acronimo della impronunciabile parola tedesca “Pilzwiderstandsfähige", che sta per “viti resistenti ai funghi”) possono difendersi da sole dalle principali malattie della vite, come oidio e peronospora, grazie ai geni che conferiscono loro un’alta resistenza alle malattie funginee e consentono una significativa riduzione dell’uso dei pesticidi. Per questo i vini Piwi - attualmente circa lo 0,5% della viticoltura italiana è già fatta con varietà Piwi - sono un fenomeno in decisa crescita, sia in termini di produttori e vini in commercio, che di regioni che ne autorizzano la coltivazione (ogni Regione delibera infatti quali varietà ammettere, e ad oggi si trova in Veneto il numero maggiore di cantine che utilizzano vitigni Piwi).
Dal punto di vista della salubrità ambientale, un incremento della diffusione dei vini Piwi e del loro consumo condurrebbe ad una radicale riduzione dei trattamenti fitosanitari in vigna (mentre ad oggi l’uso di pesticidi in viticoltura è più diffuso rispetto a tutte le altre coltivazioni agricole in Europa, il 65% di tutti i fungicidi impiegati in agricoltura, ovvero 68.000 tonnellate all’anno secondo Assoenologi/Vini e Viti Resistenti), e anche ad un uso più limitato di acqua. La mission di Piwi Italia è, quindi, quella di ricercare varietà nuove, diverse e resistenti per garantire un futuro sostenibile e sano alle attività agricole, nel rispetto delle vigne e di chi le lavora e verso vini “del futuro”. Tra gli obiettivi, contribuire ad un surplus di conoscenza delle varietà resistenti naturalmente e favorire la loro autorizzazione a livello regionale. Attualmente il Registro Nazionale delle Varietà di Vite ospita 600 varietà di Vitis Vinifera e 36 varietà di vitigni resistenti, delle 100 presenti a livello mondiale, che non possono sostituire 600 genotipi. L’attività di ricerca è finalizzata a rendere disponibili ai viticoltori un numero sempre maggiore di varietà resistenti per poter valorizzare al meglio il proprio territorio con quelle più adatte.
Domani, a Roma, nell’enoteca e hub culturale Vino Sapiens, il professor Marco Stefanini, agronomo ed enologo, responsabile del Dipartimento di Genetica della vite e Miglioramento genetico alla Fondazione Edmund Mach, riferirà proprio sugli straordinari risultati della ricerca sulle “varietà resistenti” degli ultimi decenni, dai primi tentativi di incroci sino alla recente iscrizione all'albo delle varietà adatte alla vinificazione di nuovi vitigni di brevetto tutto italiano. Nella serata verranno servite alla cieca sia etichette di vini da uve da varietà resistenti, sia da uve tradizionali e note, per un confronto senza pregiudizi.
“Il significato che oggi i consumatori attribuiscono ai prodotti bio, e ai vini bio in particolare, ha a che fare con qualcosa di pulito, di puro - spiega Costantina Vocino, founder di Vino Sapiens - nell’immaginario collettivo il “bio” corrisponde ormai quasi al “pio”, a qualcosa cioè che fa bene per definizione, perché la sua essenza è buona e può solo portare con sé il bene. In verità il regime biologico (e biodinamico) di difesa del vigneto ha a che fare con i sistemi di “lotta” contro parassiti, insetti, funghi che aggrediscono le piante e i frutti. Si potrebbe pensare che i sistemi bio siano più rispettosi dell’ambiente cosa che il termine stesso ci suggerisce, ma negli ultimi anni si è osservato come l’equazione “bio uguale sostenibilità” non sia sempre verificata. In questi incontri Vino Sapiens, in linea con i suoi valori di ricerca di autenticità, proverà a generare maggior consapevolezza sui temi trattati - con particolare riguardo alle risposte dell’agricoltura ai cambiamenti climatici - sgomberando il campo da equivoci e pregiudizi, per dare la possibilità a giornalisti, comunicatori ed estimatori, di approfondire questi concetti attraverso l’ascolto attivo e dialogico dei migliori esperti del settore”.

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