Le bollicine crescono, e cresce il “fenomeno Prosecco”, che, come dicono i numeri, è la locomotiva del vino italiano, grazie ad un 2025 comunque da incorniciare, con 776 milioni di bottiglie vendute nei primi 9 mesi in ben 180 Paesi (e dalle “appena” 200 milioni di 15 anni fa), per 3 miliardi di euro di valore franco cantina e oltre 2 miliardi destinati all’export, nonostante le difficoltà del settore, anche se per i dati definitivi c’è da aspettare il 2026 (quando la Doc potrà, però, brindare come Official Sparkling Wine di Milano-Cortina 2026, l’evento più atteso in Italia e prestigiosa vetrina mondiale). E se il Prosecco cresce le sue diverse anime - la Doc (a +1,5% sul 2024, con 650 milioni di bottiglie, e che ha ottenuto il via libera dalle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia per 6.050 nuovi ettari per aumentare il potenziale produttivo), il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg (a +8%, per 90 milioni di bottiglie, e con la crescita anche dell’enoturismo nelle sue Colline Patrimonio Unesco) e l’Asolo Docg (a +1%, per 36 milioni di bottiglie) - fanno sistema, perché governando la crescita si possono affrontare sfide come il calo del potere d’acquisto e, quindi, dei consumi, e i dazi Usa - il primo mercato, seguito di Uk, Germania e Francia, a cui ha fatto da contraltare il Medioriente - e valorizzare un “fenomeno nel fenomeno” delle bollicine, che può fare da apripista nei nuovi mercati. Se ne è parlato agli “Stati Generali” delle bollicine venete, nei giorni scorsi, che hanno visto, ancora una volta, i Consorzi del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, con il presidente Franco Adami, del Prosecco Doc, guidato dal presidente Giancarlo Guidolin, e dell’Asolo Montello Prosecco Superiore Docg, con il presidente Michele Noal, confrontarsi con gli esperti del settore, riuniti da Coldiretti Treviso, a Cimaldomo, regno del famoso Asparago Bianco Igp.
“Se qualcuno parla male del Prosecco è solo per invidia. Avete dimostrato che la vostra capacità di imprenditorialità e intelligenza ha distribuito un valore economico al territorio che non ha eguali in Europa. Il Prosecco è un prodotto che parla a tutte le generazioni e tutti i territori e può fare da apripista nella conquista di nuovi mercati, deve assumersi la responsabilità di agire come fiore all’occhiello dell’intera filiera vitivinicola italiana”, ha detto il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, nella tavola rotonda, moderata da Luciano Ferraro, vice direttore del “Corriere della Sera”, e con gli interventi, tra gli altri, di Carlo Salvan, presidente Coldiretti Veneto, Diana Lenzi, responsabile Settore Viticolo Coldiretti, Michele Zanardo, presidente Comitato Nazionale Vini, e di Alessandro Regoli, direttore WineNews (con un “elogio alla leggerezza” del Prosecco, riportato sotto integralmente). Perché il segreto del successo del Prosecco, ha sottolineato Giorgio Polegato, presidente Coldiretti Treviso, “è legato anche al rapporto vincente qualità-prezzo, al giusto abbinamento con tante cucine estere ed al risvolto dello spritz e dei cocktail. Ma anche perché i vini rossi stanno soffrendo e il consumatore cerca più prodotti più light e facili”. “Prosecco è un nome che è diventato comune a tre denominazioni - ha spiegato Franco Adami, presidente del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg - e lavoreremo insieme per tutelare nel mondo il marchio Prosecco. Tant’è che investiamo anche parecchio denaro come tre consorzi per la tutela e la difesa di questo marchio”.
Ma, ha aggiunto Prandini, tutta l’Italia è chiamato a farlo, “perché il Belpaese è nel sogno dei turisti stranieri. Questo Governo è quello che ha stanziato i maggiori investimenti per il settore agroalimentare, 15 miliardi di euro”, ha sottolineato ribadendo l’importanza degli strumenti di sostegno come i programmi Ocm e le iniziative di comunicazione e di promozione all’estero “con l’Ice che sta acquisendo un nuovo ruolo, così come le Ambasciate Italiane nel mondo, dove, nonostante tutto l’export continua la sua corsa. Anche se i dazi Usa - primo mercato dell’agroalimentare italiano, del vino e delle bollicine - ci preoccupano, perché l’Unione Europea non li ha gestiti al meglio. Non sono d’accordo con Trump, ma l’Unione Europea doveva trattare di più e meglio. Unione Europea che, mentre ci ha visto battere affinché nessuna indicazione fosse messa nelle etichette delle bottiglie del tipo “il vino nuoce alla salute”, ha tolto dalla Pac 80 miliardi di euro di investimenti agli agricoltori: il Farm Bill per l’agricoltura americana vale 4 volte la Politica Agricola Comune (Pac) europea”. Il presidente Coldiretti Ettore Prandini ha poi ironizzato sugli “ambientalisti di città e della domenica”, lodando, piuttosto, “il lavoro degli agricoltori specie nei territori più impervi ed estremi, più difficili da coltivare e da mantenere, quasi degli eroi”. Ma per i quali anche l’enoturismo inizia ad essere una risorsa importante, così come per tutto il Belpaese, “anche se così come è adesso non è sufficiente, perché bisogna lavorare di più per essere ancora più attrattivi”. E se è vero che “i cuochi sono i nostri migliori ambasciatori, e ristoratori e camerieri sono figure fondamentali per la filiera agricola, il primo elemento che rallenta le vendite di vino - anche secondo Prandini - sono i ricarichi al ristorante, un fenomeno sul quale bisogna intervenire. Perchè il vino è e deve essere al centro della tavola italiana, sempre e comunque, e produttori e ristoratori devono dialogare”. Produttori ai quali, ha detto, infine, Prandini, “come Coldiretti non accetteremo mai l’espianto dei vigneti italiani, che rappresentano la storia, la cultura ed il lavoro degli agricoltori. Cosa sarebbe l’Italia senza le vigne ? Le vigne evitano l’abbandono dei territori, e bisogna intervenire solo e soltanto con la vendemmia verde per traguardare i mercati, se ci sarà bisogno”.
Focus - La comunicazione WineNews - “Stati generali” del Prosecco: l’“Elogio della leggerezza” del direttore, Alessandro Regoli
Il mio è un “elogio della leggerezza” del Prosecco. Una leggerezza intesa “alla Italo Calvino”, uno degli scrittori italiani più popolari e il più grande paroliere italiano di sempre (insieme all’inventore delle favole moderne, Gianni Rodari, che diceva che la leggerezza serve a vivere): ovvero, non un invito alla superficialità, ma una filosofia di vita, che consiste nel “planare sulle cose dall’alto” senza avere “macigni sul cuore”, affrontando la vita con distacco critico, evitando l’inerzia, il rancore e la pesantezza delle preoccupazioni quotidiane. Con leggerezza.
Che vuol dire questo nel mondo del vino? Vuol dire che dobbiamo prenderci forse tutti un po’ meno sul serio, girando meno i bicchieri in eventi per soli “eletti”, e bevendolo di più - con moderazione ovviamente - ma visto che i consumi sono in calo, e nei luoghi in cui si è sempre bevuto. E raccontando il vino alle persone, con un linguaggio “adattivo”, diverso a seconda del contesto e di chi si ha di fronte, e non con un linguaggio pirotecnico ed a volte quasi “tossico”, oserei dire, che nessuno capisce. Perché il vino è una bevanda per natura inclusiva, e non esclusiva, che si lega allo stare insieme, alla socialità, alla convivialità, negli eventi popolari come nelle occasioni speciali. Sappiamo tutti che la società in cui questo avveniva un tempo, nella quotidianità, non c’è più: per questo bisogna creare nuove connessioni e percorrere nuove vie, legando il vino al cibo, alla natura, alla cultura, alla bellezza, al wellness. Perché il vino non è al centro del mondo, ma della tavola, della quale è il compagno più fedele. E anche la comunicazione, deve puntare sempre di più sul mix vino-cibo-territori. Con leggerezza.
Le bollicine italiane, la tipologia di vino che negli ultimi anni ha davvero fatto il botto, sono perfette per tutto questo: il segreto del loro successo, come WineNews ha raccontato tante volte con gli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro, e lo storico Gianni Moriani, è il fatto di essere il vino della nostra epoca e uno dei “medium” della nostra società, perché sono convivialità e festa, con o senza abbinamenti, perfetti, freschi, wellness, sia con la cucina tradizionale che con quella contemporanea, per incontri a due o in compagnia, occasioni importanti o serate tranquille. Quasi un “non vino” perché hanno un consumo tutto loro, che fa della bevibilità e della freschezza la sua forza. Con leggerezza.
Se il Prosecco è davvero “il fenomeno del fenomeno”? Sì ...
Perché non dico che la sua piramide sia perfetto, ma c’è, e, comunque, è migliorabile ancora in futuro, dalla grande Prosecco Doc all’Asolo Prosecco Superiore Docg, e al Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg (con le Rive ed il Cartizze), che stanno lavorando insieme, ma tutti devono convincersi che la parola magica è “Prosecco”.
Perché è il vino più venduto in Italia e nel mondo, dove è un simbolo del made in Italy; perché negli ultimi 15 anni ha cambiato e trainato l’economia del vino italiano, sfondando il tetto di 1,8 miliardi di euro di valore, e contribuendo ad aumentare il fatturato degli spumanti italiani di qualcosa come 2 miliardi di euro con un export del +276%, secondo Del Rey Analysts of Wine Markets.
Perché è pop, è il vino più popolare, nel senso che è anche un nutrimento per lo spirito, in cui tutti possono riconoscersi, che è un aspetto positivo di quella cultura di massa che guardiamo con sospetto, ma che ha anche una sua intelligenza, se non altro perché dà piacere a tante persone; perché ha un’immagine accattivante e un’amplissima rete di distribuzione.
Perché è versatile, dall’aperitivo al dessert, con la cucina italiana e con quelle del mondo.
Perché ci si fanno lo spritz e il Negroni sbagliato.
Perché è il brindisi di tanti sport, della Mostra del Cinema di Venezia, del Festival di Sanremo e di Milano-Cortina 2026, e non solo, in un mix con altri mondi che è sempre più indispensabile anche per il vino; perché, sebbene solo per il territorio della Docg di Conegliano e Valdobbiadene, le Colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg sono Patrimonio Unesco.
Ma anche perché non si può sempre essere “snob”, e anche solo godersi un buon vino per puro piacere: e questo avviene addirittura in un Paese sciovinista come la Francia dove crescono i consumi di Prosecco (secondo l’ultimo report Iwsr su dati 2024) e il Prosecco è entrato addirittura, da qualche anno, nel Dizionario della Lingua Francese (Le Petit Robert). Così, con leggerezza.
Per una denominazione grandissima come il Prosecco Doc, che abbraccia più regioni per 30.500 ettari vitati ed oltre 12.000 aziende dislocate in un territorio che presenta anche altre denominazioni, tutto questo è stata una scommessa, ma l’ha vinta. Una scommessa che oggi continua sul fronte della sostenibilità, ma per diventare una “Comunità sostenibile”, nell’investire in ricerca e formazione, nel mantenere il territorio, e, soprattutto, nell’accrescere la filiera del valore. Una scommessa possibile visto che i numeri dicono che lo spumante è il vino con il prezzo medio più alto al litro (più di 7 euro). Ma dicono anche che, negli ultimi 15 anni, sono gli spumanti italiani ad aver registrato i maggiori aumenti di prezzo, e che, tra questi, è il Prosecco la bollicina che è cresciuta di più, più dello Champagne e del Cava, raddoppiando volume e valore (sempre secondo Del Rey Analysts of Wine Markets).
Concludo dicendo che “se l’appetito vien mangiando, la sete se ne va bevendo”, citando dopo Calvino, lo scrittore François Rabelais, autore di “Gargantua e Pantagruel”, tra le più brillanti satire sui francesi e la tavola, ed altro grande inventore di parole. Ma anche che, come per la Franciacorta ed il Trentodoc, al Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg dedichiamo ogni anno una monografia de “I Quaderni di WineNews”, la nostra newsletter mensile di appunti di degustazione, per i territori più importanti del vino italiano, perché, per noi, in 10 semplici parole il Prosecco è:
1) immediato: di facile comprensione;
2) inaspettato: tante tipologie, anche profonde a volte;
3) spensierato: non ha bisogno di convenevoli;
4) piacevole: senza spigolature e sovrastrutture;
5) gastronomico: si accompagna a tutto pasto;
6) dissetante: i dosaggi più bassi puliscono la bocca;
7) profumato: i dosaggi moderati sottolineano i profumi della Glera;
8) diffuso: si trova davvero ovunque;
9) accessibile: sia per chi spende poco, che per chi spende un po’ di più;
10) duttile: si adatta ad ogni occasione, sia puro che in cocktail.
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