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Le carni lavorate inserite nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene dall'Oms, ed è allarme. Il Codacons scrive al Ministro Lorenzin: “valutare sospensione vendite”. Ma i medici frenano: “niente panico, serve misura, e studi su dati vecchi”

Non Solo Vino
Le carni lavorate tra i cancerogeni secondo la World Healt Organisation

Che la carne, specialmente rossa, vada consumata con parsimonia e misura (come tutto del resto), anche per prevenire, per quanto possibile, malattie come il tumore, è cosa nota da tempo. Ma ora dall’Organizzazione Mondiale della Sanità arriva quella che può sembrare una vera e propria dichiarazione di guerra, visto che carni in scatola, hot dogs, prosciutto e le carni trattate in genere sono considerate cancerogene per l’uomo, mentre si parla di “probabilmente cancerogene” per le carni rosse, categoria sotto la quale vanno “tutti i tipi di carne di muscolo di mammifero, come ad esempio manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra”.

E questo perché le carni trattate o lavorate sono quelle indicate come più pericolose per l’uomo, essendo state inserite dall’Oms nel gruppo 1 per rischio cancerogeno. Le carni lavorate, spiega l’Oms, includono le carni che sono state trasformate “attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione”.

Davanti a tanta fermezza, c’è chi ha già chiesto di valutare se sospendere le vendite, come ha fatto il Codacons che, riporta l’Ansa, ha deciso di presentare una istanza urgente al Ministero della salute e un esposto al Pm di Torino Raffaele Guariniello, affinché siano valutate misure a tutela della salute umana. “L’Oms non lascia spazio a dubbi, ed individua le carni lavorate tra le sostanze cancerogene al pari di fumo e benzene”, spiega il Presidente Carlo Rienzi, che aggiunge: “il principio di precauzione impone in questi casi l’adozione di misure anche drastiche, considerando la salute umana prioritaria a qualsiasi altro interesse. Per tale motivo chiediamo al Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, di valutare i provvedimenti da adottare a tutela della popolazione, compresa la sospensione della vendita per quei prodotti che l’Oms certifica come cancerogeni”.

Ma i medici predicano prudenza, come spiega al “Corriere della Sera” Carmine Pinto, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia: “quando leggiamo che una sostanza o un agente è stato inserito in uno degli elenchi non è il caso di farsi prendere dal panico. È necessario capire quali sono i reali margini di rischio e sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza, ma anche quali sono i dosaggi e la durata d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico. L’Oms, inoltre, dice cose che erano già in gran parte emerse da studi precedenti e non è in questione il divieto di consumare carne: come per tutti gli alimenti, serve equilibrio. Gli studi sugli insaccati hanno indotto gli esperti a collocarli nel gruppo più a rischio perché se ne è appurata la cancerogenicità, soprattutto per via di nitrati e nitriti, i conservanti che vengono utilizzati. Ma va detto che si tratta in gran parte di studi vecchi, oggi si usano molto meno questi conservanti tossici”.


Focus - Coldiretti: “consumi di carne in Usa superiori del 60% all’Italia. No al terrorismo alimentare, carni italiane le più sane”

“Le carni nade in Italy sono piu sane, perché magre, non trattate con ormoni e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione “Doc” che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali tanto da garantire agli italiani una longevità da primato con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini”. Così la Coldiretti, nel sottolineare che il rapporto Oms è stato eseguito su scala globale su abitudini alimentari molto diverse come quelle statunitensi che consumano il 60% di carne in piu’ degli italiani. “Non si tiene peraltro conto - sottolinea la Coldiretti - che gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi e che i cibi sotto accusa come hot dog, bacon e affumicati non fanno parte della tradizione italiana. Il consumo di carne degli italiani con 78 chili a testa - precisa la Coldiretti - è ben al di sotto di quelli di Paesi come gli Stati Uniti con 125 chili a persona o degli australiani con 120 chili, ma anche dei cugini francesi con 87 chili a testa. E dal punto di vista qualitativo la carne italiana - continua la Coldiretti - è meno grassa e la trasformazione in salumi avviene naturalmente solo con il sale senza l’uso dell’affumicatura messa sotto accusa dall’Oms. Proprio quest’anno peraltro - precisa la Coldiretti - la carne ed è diventata la seconda voce del budget alimentare delle famiglie italiane dopo l’ortofrutta con una rivoluzione epocale per le tavole nazionali che non era mai avvenuta in questo secolo. La spesa degli italiani per gli acquisti è scesa a 97 euro al mese per la carne che, con una incidenza del 22% sul totale, perde per la prima volta il primato, secondo l’analisi della Coldiretti. Una situazione che preoccupa anche i pediatri che proprio all’inizio di ottobre nel Congresso Nazionale Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) hanno tenuto a sfatare quei miti che spesso impediscono alle famiglie di consumare serenamente la carne. In un paese dove si sono ripetuti casi di malnutrizione dei bambini per l’eliminazione delle carni dai menu occorre evitare allarmismi e - conclude la Coldiretti - ricordare che la carne italiana è un alimento sicuro e prezioso anche per lo svezzamento dei bambini poiché a livello nutrizionale è un alimento ricco di nutrienti fondamentali nelle prime fasi della vita di un individuo nelle quantità suggerite dal modello della Dieta Mediterranea”.

Focus - Assica: “In Italia il consumo di carne e salumi è molto al di sotto dei quantitativi individuati come potenzialmente rischiosi dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer)”

“Anche se lo Iarc ha inserito le carni rosse nel gruppo 2A, cioè nel gruppo per il quale la correlazione tra un consumo eccessivo di carni rosse e l’insorgenza di tumori al tratto intestinale è considerata “probabile”. Le carni rosse trasformate, invece, sono state catalogate fra i cancerogeni appartenenti al gruppo 1. Le quantità indicate dallo studio (100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quella trasformata) come condizione per un aumento comunque modesto del rischio sono molto più alte del consumo tipico del nostro Paese. Gli italiani mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata”. A dirlo è l’Assica - Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi


Il dato Iarc è quindi superiore al doppio della media del consumo in Italia. Organismi pubblici, società mediche ed esperti nutrizionisti raccomandano il consumo di tutti i gruppi di alimenti al fine di avere una dieta sana, varia ed equilibrata. Tra questi anche un moderato consumo di prodotti di carne. La carne e i salumi, spesso oggetto di pregiudizi, sono infatti alimenti che contribuiscono al perfetto equilibrio nutrizionale garantito dalla Dieta Mediterranea: rappresentano una buona fonte di proteine e aminoacidi essenziali da consumare almeno due volte a settimana.

I consumatori italiani non dovrebbero quindi modificare le loro sane abitudini a causa delle anticipazioni dello studio Iarc. La stessa Airc italiana, in riferimento a queste classificazioni, specifica che “tali studi vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale” e che “prima di preoccuparsi, è importante sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza ma quali sono i dosaggi e le durate d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico”.

Nel caso del rapporto Iarc-Oms è necessario sottolineare due elementi: il primo è che il rapporto è stato eseguito su scala globale, considerando quindi contesti alimentari molto diversi da quelli della Dieta Mediterranea; il secondo è che gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi o continenti.

Proprio perché aderenti alla Dieta Mediterranea, gli italiani consumano mediamente meno carne e salumi dei loro vicini europei, e ancora meno rispetto ad americani (sia del sud che del nord) o australiani. Parlando della qualità, dei metodi di produzione, dei controlli e in generale delle caratteristiche della carne stessa, invece, ha poco senso paragonare il contesto italiano a quello di altri Paesi.

Nella ricerca della Iarc, sotto accusa finiscono soprattutto il sale e i grassi. Risulta dunque necessario precisare che le carni dei bovini allevati in Italia presentano livelli di contenuto in grassi di gran lunga inferiore alla media dei paesi europei ed extraeuropei. Per quanto riguarda i salumi, invece, in Italia ci sono metodi di produzione e di stagionatura, affinati da secoli di tradizione, che poco hanno a che fare con i prodotti trasformati riportati nella ricerca.

La monografia Iarc si riferisce insomma a dati provenienti da studi epidemiologici non recenti, peraltro noti da tempo, che tengono in poco conto le peculiarità della produzione nazionale di carne rossa e salumi. È noto, infatti, che i fattori che rappresenterebbero un rischio per la salute (presenza di grasso e abbondanza di additivi nei prodotti trasformati) non sono certo propri della produzione italiana di carni bovine e suine e dei prodotti di salumeria.

Confidiamo non si crei un ingiustificato allarmismo che rischia di colpire uno dei settori chiave dell’agroalimentare italiano. Il settore agroalimentare in Italia contribuisce a circa il 10-15% del prodotto interno lordo annuo, con un valore complessivo pari a circa 180 miliardi di euro. Di questi, circa 30 miliardi derivano dal settore delle carni e dei salumi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. I settori considerati danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l’indotto.

Vi è ampia evidenza scientifica che dimostra i benefici del consumo di carne all’interno di una dieta sana. Carne e salumi sono una fonte essenziale di nutrienti. Sono, in particolare, una fonte di proteine ​​di alto valore biologico che contribuiscono ad aumentare e preservare la massa muscolare del corpo. Sono anche una grande fonte di aminoacidi essenziali, vitamine del gruppo B (B1, B3, B6 e B12) e minerali come potassio, fosforo, ferro e zinco, che contribuiscono alla funzione normale del sistema immunitario, per mantenere buon sviluppo cognitivo e la buona funzione cardiaca. Pertanto, carne e salumi ​​hanno un valore nutritivo molto importante, quasi insostituibile da tutti gli altri prodotti nella nostra dieta quotidiana.

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