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DA WINE2WINE

Le peculiarità del mercato Usa tra Massachusetts, New Hampshire, Michigan ed Ohio

Il ruolo della distribuzione e le possibilità per il vino italiano su quattro mercati americani “minori”
MERCATI, USA, WINE2WINE, Mondo
Il mercato del vino in Usa

Senza girarci troppo intorno, il mercato Usa, per quanto fondamentale per il commercio enoico italiano, è uno dei più complessi che ci sia. Nella culla del capitalismo e del libero mercato, il sistema su cui tutto si regge è ancora quello del three tier system: dal produttore al distributore, e da questo al retailer, con margini importanti ad ogni passaggio ed un prezzo che, generalmente, triplica dall’ex-cellar allo scaffale. Come se non bastasse, però, ad aggiungere complessità ci sono l’unicità e la peculiarità che ogni Stato porta con sé, come hanno raccontato Gary Clayton (Compass Pint Importer) e Howard Bernstein (Bevology Imports) all’incontro “La taglia unica non va bene per tutti: come funzionano i 4 mercati chiave di Massachusetts, New Hampshire, Michigan ed Ohio”, di scena al wine2wine, il business forum del vino firmato Veronafiere e Vinitaly oggi a Verona.
Sotto la lente, mercati forse meno attraenti di quelli che gravitano intorno alle grandi città costiere, a partire da Los Angeles e New York, ma comunque ricchi di opportunità. Ad esempio, il Massachusetts
, con i suoi 4,5 milioni di abitanti, è il nono mercato interno per le spedizioni di vino italiano, con 900.000 casse (da 12 bottiglie) importate ogni anno. È, anche geograficamente, un’ottima alternativa a New York, che è decisamente sovraffollato e molto “caro”. Si tratta di un mercato aperto, in cui lo Stato regola e legifera, ma lascia al privato l’iniziativa imprenditoriale. Ci sono oltre 6.200 ristoranti, alberghi e locali che vendono vini italiani, su un mercato indipendente, non dominato dai big, in cui l’80% dei retailer non fa parte di grandi gruppi, ed il costo d’entrata, così, è inferiore, rispetto a quegli Stati in cui grandi gruppi controllano fette gigantesche del mercato. In termini di licenze, ognuna dava diritto ad aprire solo 3 locali fino al 2012, nel 2020 si arriverà a 9, segno che la struttura sta cambiando, ma per ora è uno dei mercati più indipendenti e liberi di tutti gli Usa. Si parla di distributori familiari, chi sta sul mercato ci sta da generazioni, e che ne sono ben 42 che vendono vini italiani, 6 dei quali piuttosto grandi, con un portafoglio profondo di etichette tricolore, alcuni di questi operano anche in Stati confinanti, in una strategia commerciale di portata regionale.
Assai diverso il caso del piccolo New Hampshire, appena 900.000 persone e 250.000 casse di etichette italiane importate ogni anno (n. 21 tra gli Stati Usa), dove però gli indici di crescita sono giganteschi, trainati soprattutto dagli acquisti di chi arriva dagli Stati confinanti: il 51% del vino viene venduto nei negozi di confine, dove viene effettuato il 60% degli acquisti. In questo caso, però, lo Stato controlla tutte le operazioni, dalla distribuzione alla vendita, in un centinaio di State Stores, fino al marketing. Siamo di fronte ad un mercato pieno di possibilità, che funziona in maniera non troppo dissimile da quello del Canada, in cui è la Liquor Commission del New Hampshire a dare il via libera all’importazione di un determinato brand, con i wine broker a fare da intermediari e rappresentati delle aziende. Attualmente, sul mercato, particolarmente competitivo, si trovano 769 vini fermi e 168 bollicine diverse importate dal Belpaese.
Infine, il Michigan, che sfiora i 10 milioni di abitanti, importa 1,1 milioni di casse di vino italiano ogni anno (al n. 7 tra gli Stati Usa), e vive una dinamica un po’ più complessa, in cui a farla da padrone è innanzitutto la dicotomia tra il mercato di Detroit ed il resto dello Stato, in un sistema misto fatto di grandi distributori nazionali e distributori indipendenti; e l’Ohio, con 11,5 milioni di abitanti, ma solo 826.000 casse di vino italiane importate (al n. 19 tra gli Stati importatori di vino tricolore in Usa), su un mercato dominato dalle catene di supermercati e dai grandi distributori. In definitiva, il mercato Usa, nella sua complessità, necessita investimenti importanti affinché un brand possa raccogliere dei risultati, specie se ci si vuole garantire una presenza ed una visibilità costante, ricordando sempre che i numeri vanno saputi interpretare, senza fermarsi lle apparenze, come dimostrano, ad esempio, il ruolo del vino italiano nel piccolo Massachusetts, e le difficoltà, invece, incontrate nel più grande e popoloso Michigan.

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