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L’espresso

Quel vino è pericoloso ... Il pm ordina il sequestro di tutte le bottiglie incriminate. Contestando la presenza di sostanze tossiche. Un documento che conferma lo scandalo rivelato da “L’espresso”. E smentisce il ministro... All’indomani delle anticipazioni dell’inchiesta “Velenitaly” pubblicata da “L’espresso”, il pm di Taranto Luca Buccheri prende carta e penna e firma il decreto di sequestro. Ordina di scoprire dove sono finiti i milioni di litri di “prodotto vinoso”, così alterato da non potere essere chiamato vino, venduti alle cantine di tutta Italia.

Buccheri, che coordina le indagini da mesi, non ha dubbi: quel liquido è “pericoloso per la salute ”, e va rapidamente sequestrato. È il 4 aprile, venerdì mattina. Il documento recita così: “Valutate le emergenze investigative ad oggi, le quali fanno ritenere, dopo i sequestri presso le imprese Vmc ed Enoagri in Massafra, come dette imprese in un “unicum” delinquenziale abbiano allestito un’intensa attività di sofisticazione di prodotti vinosi; sofisticazione attuata mediante plurime e diverse violazioni delle normative di settore, aggiunta e addizioni di sostanze acide e/o estranee alla natura del vino, alcune delle quali di massima pericolosità per la salute umana (ovvero tramite aggiunte di zucchero di barbabietola e acqua, nonché detenendo e verosimilmente utilizzando acido cloridrico, solforico e fosforico, che risultano essere acidi minerali pericolosi perché tossici, corrosivi ed infiammabili nelle quantità elevate in sequestro e quanto alla elevatissima concentrazione con cui erano detenuti gli acidi cloridrico e solforico, nonché acido citrico, acido tartarico, fosfato monoammonico, fosfato biammonico, solfato di ammonio, lieviti, enzimi, glicerina), in modo tale da rendere il prodotto vinoso pericoloso per la salute pubblica”.

A qualche ora di distanza dalla firma del provvedimento, invece, il ministero delle Politiche agricole nega che in quel vino ci siano sostanze dannose. È venerdì pomeriggio. Con un comunicato congiunto con il dicastero della Salute, Paolo De Castro cerca di chiudere lo scandalo, sottolineando che “secondo quanto precisato dagli inquirenti, le analisi di laboratorio effettuate sui campioni prelevati hanno evidenziato il mero annacquamento del prodotto vinoso”. Due valutazioni opposte. Il pubblico ministero che conosce tutto della vicenda scatena la caccia a centinaia di migliaia di bottiglie, definendole invece tranquillizza l’Europa e l’Italia: il beverone è innocuo, si tratta solo di una mega frode commerciale.

Cantine fuori legge. Un altro elemento è centrale. Il pm, mentre ordina agli uomini della Forestale e dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari (Icq) di effettuare sequestri in 14 cantine sparse per otto regioni italiane e individuare i responsabili di una delle più gravi sofisticazioni degli ultimi anni, contesta agli indagati di Massafra anche l’articolo 440 del codice penale. Articolo che punisce “chiunque corrompe o adultera sostanze destinate all’alimentazione rendendole pericolose per la salute pubblica”.

Gli elementi contenuti nel decreto fanno venire i brividi, e confermano alla lettera l’inchiesta del nostro giornale. “Risulta agli atti”, insiste il pm Bucchieri, “che rilevantissime quantità, nell’ordine di migliaia di ettolitri, di tale prodotto alterato sia stato inviato a imprese-cantine terze per la verosimile commercializzazione ed imbottigliamento; che è, pertanto, incontestabile il fumus dei reati indicati, per le circostanze di falsificazione documentale unite a quella della più che verosimile adulterazione in quantità industriale, di un prodotto che (già prima dell’ultimo rinvenimento degli ulteriori acidi tossici) comunque risultava sofisticato con i primi “ingredienti” sequestrati”. “Quantità industriale”, “acidi tossici”: la descrizione di uno scandalo colossale che minaccia la salute di milioni di consumatori. Secondo le ipotesi d’accusa, il vino adulterato potrebbe arrivare a 700 mila ettolitri, pari a 40 milioni di bottiglie e confezioni destinate al mercato di fascia medio-bassa. Si tratta delle confezioni prodotte da 14 cantine nel periodo settembre 2007-febbraio 2008 con il vino proveniente dagli stabilimenti incriminati di Massafra.

Venerdì pomeriggio De Castro non sembra aver letto il provvedimento-choc. Ha, probabilmente, altro a cui pensare. Le notizie dell’inchiesta Velenitaly hanno fatto irruzione nel salone del Vinitaly di Verona, dove sono presenti produttori e giornalisti di tutto il mondo. L’eco arriva fino a Bruxelles, dove interviene il commissario alla Salute dell’Unione europea, che pretende dall’Italia immediati chiarimenti. L’agitazione è tanta, l’impatto della notizia sul mercato interno ed estero potrebbe avere effetti devastanti. Da Berlino e Tokyo chiedono garanzie. È la seconda volta in pochi giorni che Roma si trova nel mirino delle autorità Ue: prima era stata accusata per l’allarme diossina nelle bufale campane. Le regole europee sono chiare: ogni qual volta si scoprono alimenti pericolosi per la salute, bisogna lanciare immediatamente l’allerta. Ma per le mozzarelle prima, e per il “vino al veleno” poi, la Ue è stata spiazzata dalle notizie che giungevano dalla penisola. C’è pure il rischio che scatti un embargo all’export, micidiale per l’economia.

Il governo rassicura quindi a strettissimo giro i partner europei. E Bruxelles lunedì 7 diffonde il comunicato del “cessato allarme”. “Le indagini escludono la presenza di un rischio sanitario, trattandosi solo di un problema relativo all’annacquamento del mosto con aggiunta di acqua e zucchero di barbabietola”, scrive l’Italia nella nota. E aggiunge: “La magistratura ha accertato che si trattava di detenzione di taniche contenenti acido solforico e fosforico per uso agricolo, che non sono stati utilizzati nel mosto e nel vino destinato al consumo”. Una dichiarazione contraddetta dal provvedimento di sequestro. E in rotta di collisione con tutto quello che i pm titolari dell’inchiesta avevano dichiarato fino a poche ore prima. Acidi e analisi Mentre l’esecutivo tentava di gestire lo scandalo, il procuratore capo di Verona, Guido Papalia, che coordina il troncone settentrionale dell’inchiesta, rilasciava un’intervista al “Tg 3”, sottolineando la presenza di sostanze tossiche e acidi nel vino sequestrato lo scorso dicembre a Veronella.

“Tra i reati c’è sicuramente quello della contraffazione con pericolo della salute pubblica, l’associazione per delinquere e altri reati specifici di contraffazione ”, precisa davanti alle telecamere. Non è una novità. La presenza degli acidi era evidenziata nel comunicato ufficiale della Forestale del 3 dicembre 2007. Lì si legge, senza giri di parole, che nelle migliaia di ettolitri di vino sequestrati a Veronella, “dagli esami chimici eseguiti presso l’istituto agrario di San Michele all’Adige e il laboratorio dell’Ispettorato centrale antifrodi di Conegliano, è stato accertato l’utilizzo di oltre il 40 per cento di zucchero, il 50 per cento di acqua e la presenza di acido cloridrico e solforico nel mosto”. Persino l’Ispettorato centrale, in una anticipazione del rapporto 2007, tra le azioni rilevanti dell’anno appena passato parla di aggiunta “in vini bianchi e rossi di acido cloridrico e solforico”. Per questo Bruno Castagna, il proprietario della cantina, è ancora agli arresti domiciliari con l’accusa di avere messo in pericolo la salute pubblica. E anche a Massafra, secondo gli esperti consultati da “L’espresso”, la presenza di zucchero rende praticamente certa la presenza di acidi per nascondere l’illecito.

Ma gli investigatori sono convinti che nel mosto sia finita una lista più lunga di sostanze nocive. Per questo il pm tarantino nel decreto di sequestro sostiene che è fondamentale trovare il vino venduto da Massafra per verificare le altre possibili contaminazioni: “Per l’accertamento dei fatti è assolutamente necessaria l’acquisizione delle forniture di tale prodotto, al fine di effettuare gli accertamenti tecnici: analisi chimico fisiche, indagini isotopiche, cloruri, solfati, saccarosio con indicazione della percentuale di arricchimento, ricerca di eventuale presenza di contaminanti, metalli pesanti in particolare”.

La posizione del governo sulla vicenda è altalenante. Seguire la cronologia degli eventi, forse, può essere illuminante. Il ministro De Castro era da tempo a conoscenza dell’inchiesta, e quando giovedì pomeriggio escono le anticipazioni de “L’espresso”, non smentisce nemmeno una riga. De Castro è all’inaugurazione del Vinitaly, la più grande esposizione mondiale del settore. Legge le agenzie di stampa, e con il suo entourage sceglie di mettere l’accento sul buon funzionamento dei controlli: “L’inchiesta nei confronti di alcuni produttori vitivinicoli nasce da capillari indagini del Corpo forestale e dall’Ispettorato controllo qualità, entrambe realtà riconducibili al ministero. L’operazione “Vendemmia sicura” è un successo”. Il fenomeno, dice il ministro, “è circoscritto, non è andata all’estero neanche una bottiglia, si tratta di vino di modesta qualità non destinato ai mercati stranieri ”. Per tutta la giornata parla di “banda di criminali”. Venerdì la strategia cambia. In mattinata De Castro è in Puglia, l’epicentro dello scandalo, dove è capolista per il Pd al Senato.

A Foggia deve presenziare a un convegno sull’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ma la sua attenzione è puntata su Bruxelles. Sulla Commissione che chiede informazioni urgenti sul vino adulterato: in ballo c’è la credibilità del made in Italy. Così, in un comunicato, senza fare alcun riferimento al devastante provvedimento di sequestro firmato dal pm solo qualche ora prima, gioca in difesa, sottolineando che il vino pugliese è stato semplicemente “annacquato ”. Nessun riferimento nemmeno agli acidi trovati a Veronella, la cui presenza è stata già accertata dai laboratori. Non tutti, però, sembrano d’accordo: se in fondo al testo originale del comunicato c’è la firma dell’Ispettorato, manca quella della Forestale, il corpo che ha scoperchiato il vaso di Pandora e seguito il caso dall’inizio. Una dimenticanza? I vertici del Corpo, i cui agenti lavorano all’indagine da mesi, preferiscono defilarsi e si smarcano, in attesa delle analisi definitive su tutti prodotti sofisticati di Massafra. Il paesino pugliese dove il 7 e l’8 aprile De Castro ha tenuto una serie di appuntamenti elettorali, nel rush finale della sua campagna.

Mosto fantasma. L’inchiesta durerà ancora mesi. La Forestale sta entrando nelle 14 cantine indicate, tutte aziende che secondo le indagini avrebbero comprato il vino adulterato. La bevanda può essere ancora nei silos, può giacere nei magazzini già imbottigliata; ma i lotti più vecchi, quelli di settembre, potrebbero essere finiti sul mercato da un pezzo. Sia in Italia che all’estero: tra le cantine qualcuna esporta anche in Europa. Sia vini rossi che bianchi. La Forestale imporrà che il prodotto “incriminato” già distribuito venga richiamato attraverso le indicazioni di tracciabilità, entro 15 giorni. Non è escluso, però, che gli agenti vadano di persona, una volta identificati i supermarket, a sequestrare le confezioni sotto accusa. Che però potrebbero essere già finite nel bicchiere dei consumatori. Alle 14 cantine non vengono contestati illeciti. Gli inquirenti hanno accertato che dagli impianti di Massafra il “mosto mostro” si muovesse spesso con documentazione falsa. È possibile che gli acquirenti ignorassero le sofisticazioni o persino l’origine del vino a basso costo. Saranno gli sviluppi futuri dell’inchiesta a stabilire eventuali responsabilità dei distributori. Di sicuro, questa indagine sta mettendo in luce la fragilità del sistema: un solo produttore fraudolento può determinare un effetto a catena che mette in crisi stabilimenti di otto regioni. Ditte spesso famose, che hanno confezionato un liquido misterioso.

Come scrive il pm, non si sa nemmeno da dove venga quella “sostanza vinosa” scoperta a Massafra che non merita nemmeno di essere chiamata vino. Le aziende fornitrici indicate nei documenti sono risultate quasi sempre inesistenti: vigneti fantasma. Ed ecco l’ipotesi “in corso di investigazione” che provenga dall’estero, che possa essere stato importato clandestinamente da un altro continente. Non può essere chiamato vino e forse non è nemmeno italiano. Ma rischia di compromettere l’immagine di uno dei tesori del nostro Paese .

Le quattordici cantine ... L’elenco delle ditte che secondo il pm hanno acquistato il vino sotto inchiesta...

Vinicola Marseglia
Ortanova (Foggia)

Cantina Sgarzi
Castel San Pietro (Bologna)

Cantine Soldo
Chiari (Brescia)

Cantine Borgo San Martino
La Morra (Cuneo)

Morettoni Spa
Santa Maria degli Angeli (Perugia)

Acetificio Pontiroli
San Felice sul Panaro (Modena)

Nuova Commerciale
Ovada (Alessandria)

Coppa Angelo & f. snc
Doglieni (Cuneo)

Vinicola Santa Croce
Monteforte d’Alpone (Verona)

Azienda Agricola Rizzello spa
Cellino San Marco (Brindisi)

Cantina Campi
Seclì (Lecce)

Cooperativa tre produttori
Latiano (Brindisi)

Casa Vinicola Poletti
Imola (Bologna)

Sarom Vini srl
Castel Bolognese (Ravenna)


Cocktail tossico ...
Dal decreto di sequestro del pm Luca Buccheri... Le emergenze investigative fino a oggi fanno ritenere che le imprese in un unicum delinquenziale abbiano allestito un’intensa attività di sofisticazione di prodotti vinosi, attuata mediante plurime violazioni della normativa, aggiunte e addizioni di sostanze acide e/o estranee alla natura del “vino” alcune delle quali della massima pericolosità per la salute umana (...) detenendo e verosimilmente utilizzando acido cloridrico, solforico e fosforico che risultano essere acidi minerali forti a elevata concentrazione, pericolosi perché tossici, corrosivi e infiammabili. (...) Quanto alla elevatissima concentrazione con cui erano detenuti gli acidi cloridrico e solforico, nonché acido citrico, acido tartarico, fosfato monoammonico, fosfato biammonico, solfato di ammonio, lieviti, enzimi, glicerina (...) in modo da rendere il prodotto pericoloso per la salute pubblica. (...) È incontestabile il fumus dei reati, per le circostanze di falsificazione documentale unite a quella della più che verosimile adulterazione di un prodotto che (già prima dell’ultimo rinvenimento di ulteriori acidi tossici).

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