Viaggio alle radici del Brunello ... Sulle verdi colline di Montalcino alla scoperta delle magie del Brunello... Le vigne del Sangiovese... La magia di un nettare unico al mondo ci porta per mano nelle terre di Montalcino. Sapori, profumi e colori si accavallano sulle colline immortali del vino più noto d’Italia... “Ricordati di me che son la Pia. Siena mi fe disfecemi Maremma: salsi colui che inanellata pria, disposata, m’avea con la sua gemma”. Ridiscendo con accorta lentezza i tornanti della traversa de’ monti. Mi fanno da viatico le terzine del quinto canto del Purgatorio. Per noi toscani Dante è la nostra identità, la Commedia una Bibbia laica. Perciò tendiamo a raccontarci il mondo con la parabola del divin poeta. Montalcino mi saluta dallo specchietto con la sua ardita forma di vascello che pare pronto a salpare con la torre della fortezza Medicea (ora in restauro, e finalmente mi vien da dire) e quella municipale di piazza Padella, di un Comune che pare la copia in sedicesimo di Palazzo Vecchio a Firenze, a simulare la maestra e la trinchetta, sul suo mare immoto di coline ora punteggiate di lecci, ora ammorbidite dal grano appena sfalciato, ora pettinate ortogonalmente dall’incedere geometrico delle vigne. Mi chiedo: il mondo celebra Saint Emilion come luogo perfetto del vino. E questo? Qui c’è la vera sorgente del vino. Qui sta l’origine. Da qui riparte il Brunello per affascinare il mondo: perché non è ingabbiabile in un disciplinare l’essenza della terra. Da qui il vino d’Italia dovrebbe apprendere come promuoversi: con la conoscenza, l’esperienza, l’immortalità dei luoghi che è l’unico rimedio all’effimero delle mode. Anche gustative, anche mediatiche, anche sensoriali. Ripenso alla Pia e mi pare che la sua vicenda in tutto somigli all’ultime stagioni di Montalcino. E’ stata tradita questa terra d’incanto. Da chi? Ma da chi prima l’ha incensata portando il Brunello ai massimi vertici di notorietà e poi l’ha negletta. “Salsi colui che inanellata pria...”. E mi sale un moto di dispetto. Ma come? Ma come si può negare l’infinito bello di questi luoghi? Ma come si fa a non riconoscere dentro una bottiglia, di altissimo pregio, l’unicità della terra che l’ha generata? S’è disputato tanto, troppo attorno al Sangiovese. Puro, impuro, affinato un lustro, no bastan tre anni, Che povere beghe, che nulla al cospetto dell’immensità di questo Creato. Sta come Pia de’ Tolomei a cavallo Montalcino tra la bellezza di Siena e la fiera rudezza di una Maremma assoluta. L’ho ritrovata la mia Montalcino valicando con Alessandro ed Irene il Lume spento per andare là a Sant’Angelo in Colle dove le vigne sembrano i flutti di verdi di un oceano di stupore. Mi parlano di crisi, di aziende in vendita virtuale perché alla pretesa del prezzo non corrisponde la disponibilità della domanda, di vino nobilissimo e immenso venduto troppo al di sotto del suo valore. E c’è di che meditare mentre arriviamo al Getsemani di Sant’Antimo, dove a compieta i monaci ancora cantano il gregoriano, dove quella badia carolingia si staglia su un paesaggio che è gloria a Dio, se non sia misera cosa disputare e misurare in denaro ciò che non ha prezzo: questo paesaggio. E’ Montalcino l’incipit della Val d’Orcia: un luogo unico nella sua definizione di agglomerato geoantropico. Non a caso è uno dei pochissimi posti al mondo che l’Unesco abbia dichiarato patrimonio dell’umanità, non con riguardo ai soli monumenti, ma la complesso dei valori. Questo giro per riappropriarmi di un’ineguagliabile Montalcino mi ha portato a risolcare la magia di Bagno Vignoni, con la sua piazza piscina da dove a notte si levano nebbie di ectoplasmi etruschi, m’ha riportato all’orrido straniante del Vivo d’Orcia dove il fiume ha scavato una gola che pare prota inferi. M’ha ricondotto a camminare gli orti leonini e l’incanto di San Quirico dove tutto è eleganza rurale. Ci sono arrivato in questa Val d’Orcia dalla città ideale: Pienza, quella che Pio II° disegnò come luogo a gloria del Signore in architetture perfette. E’ uno stordimento assoluto: arte, paesaggio fatto ad arte, umanità sapiente. Sono in un pezzo raro di terra, un diamante del mondo. E allora Siena, l’eleganza del fare e del saper fare, la cultura del vino, mi fe, disfecemi Maremma che è la competizione globale, la stupidità del mercantilismo, il, per dirla con Oscar Wilde, “cinismo dei nostri giorni che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”. Mi fermo a Castello Banfi e mi presentano il Belnero: vino sublime. E’ un Brunello, ma non si può chiamare così. Sento il Poggio alle Mura, è un Brunello e lo si riconosce all’impronta. E’ immenso e immensamente somigliante alla sua terra: è gentile al tratto, forte al palato, mutevolissimo ai sensi. Edè evocativo di un sogno: il sogno che tutto il mondo compie, l’idea di Tuscany che qui più che altrove è essenza di vita e di vite. E poi in Fiaschetteria in piazza Padella - un cafè storico, garibaldino d’origine, cosmopolita di frequentazione ché ci passa tutto il mondo, impeccabile negli arredi rimasti fine ’800 - dove Montalcino si rigenera mi scorrono sotto il naso i profumi di Pacenti, quelli di Val di Suga, quelli di Castello di Romitorio fino all’incontro con l’archetipo, inarrivabile per condensato di valori, di storia e di enologia, la riserva di Biondi Santi. Si dovrebbero fare così le degustazioni: non come analisti di laboratorio, ma con l’animo dantesco capace di sentire non la bottiglia, ma la sua genesi. Allora mi chiedo è il Brunello ad avere fatto grande Montalcino, o è Montalcino ad aver reso irripetibile il Brunello? E’ una simbiosi inscindibile: è quella che produce l’unicità di questo vino. Disputarne del come e del quanto è solo ridurre a mercato ciò che invece è gloria del Creato.
Poggio alle Mura, Castello Banfi. È diventato uno degli emblemi di Montalcino dopo l’accurato restauro. Castello trecentesco con annesso borgo è stato portato a nuova vita dalla famiglia Mariani che possiede la più importante azienda vitivinicola di Montalcino: la Castello Banfi. Poggio alle Mura è imponente con una torre merlata che si vede da chilometri di distanza e domina Sant’Angelo Scalo alla confluenza di Ombrone e Orcia. Oggi nel borgo, è trecentesco anch’esso, è ospitato un raffinatissimo resort. In un’ala del Castello è ricavato il ristorante gourmet “La Taverna”. Nelle scuderie c’è la vineria-enoteca e in quelli che erano gli alloggi delle soldatesche è stato ricavato un museo del vetro e del vino. Fu uno dei baluardi di difesa della guelfa Montalcino appartenuto a diverse famiglie di feudatari, conserva intatta la sua struttura (Info: 0577-840111).
Castello di Romitorio. Da un’altezza di 450 metri il Castello di Romitorio, imponente fortezza trecentesca, domina tutta la Val d’Orcia ed era la torre di guardia del territorio di Montalcino dala parte di Nord Ovest. Oggi è di proprietà di Sandro Chia - una delle più prestigiose firme dell’arte moderna - qui ha alloggiato la sua cantina di produzione di Brunello. Circondato da tre lati da una foresta di lecci, nel versante sud si pare verso un mare di vigne. Il Castello di Romitorio è visitabile su appuntamento. Qui si degustano i vini, ma si possono ammirare anche le opere d’arte (riprodotte anche sulle etichette dei vini) di Sandro Chia che ha dedicato oltre dieci anni al restauro completo del maniero. Di recente Chia ha acquistato anche una tenuta a Scansano, la Ghiaccio Forte e la tenuta Poggio di Sopra ai piedi dell’Amiata (Info: 0577-847212).
Tenuta Il Greppo. È la culla del Brunello di Montalcino. Appartiene da secoli alla famiglia Biondi Santi e qui Giorgio Santi, che fu compagno di studi di Lavoisier, condusse i primi esperimenti di moderna vitivinicoltura sulla scorta dell’imprimatur scientifico-tecnologico dell’Illuminismo. Il Greppo è una dimora patrizia circondata da 35 ettari di vigneto con cloni esclusivi di Sangiovese grosso che sono proprietà della famiglia Biondi Santi. Imperdibile è la cantina storica dove vengono conservate le prime bottiglie di Brunello mai prodotte (dal 1880) e la bottiglia del secolo, la riserva 1955 l’ultima vendemmia di Tancredi Biondi Santi l’innovatore del Brunello, padre di Franco e nonno di Jacopo. Il Greppo si visita solo su appuntamento (Info: 0577 84808).
Castello di Camigliano. Il Castello di Camigliano è di fatto un borgo rurale fortificato. Il sito - come attestano ritrovamenti archeologici - fu coltivato a vigna fin dall’epoca dei primi insediamenti etruschi. Si trova sul versante sud occidentale del territorio di Montalcino immerso in un bosco di lecci e circondato su tre lati dalle vigne di Brunello. Nei casolari in pietra del Borgo di Camigliano, che risale al XII secolo, è stato ricavato un suggestivo ed esclusivo agriturismo. Dal 1957 il Castello è di proprietà della famiglia Ghezzi che in cinquanta anni di continui lavori l’ha riportato all’antico splendore. Imperdibili sono la chiesetta e la torre campanaria. A Camigliano si visitano le cantine, il maniero e vengono organizzate periodicamente degustazioni delle più antiche annate del Brunello qui prodotto. (Info: 0577-816061).
Castello di Argiano. Il Castello di Argiano, era una delle fortezze del sistema difensivo di Montalcino ed è in corrispondenza diretta con il Castello di Poggio alle Mura. Si trova all’interno dei tenimenti Banfi. È possente e arcigno. Di stile rinascimentale è invece la Villa di Argiano appartenuta per secoli ai Lovatelli di Aragona fu acquistata dalla famiglia Cinzano che la ha perfettamente restaurata. Oggi è una delle aziende più importanti di Montalcino e qui si produce Brunello, ma anche uno dei supertuscan più celebrati: il Solengo. A condurre l’azienda è oggi Noemi Cinzano. A La Posta L’Orciaia di Argiano è possibile soggiornare in uno dei luoghi più suggestivi di Montalcino. Le prime strutture risalgono al XII secolo. Da Argiano si domina tutta la parte settentrionale della Val d’Orcia. (Info: 0577-844037).
La top ten
Un assaggio delle bottiglie imperdibili
Biondi Santi - Tenuta il Greppo, Brunello di Montalcino Riserva 2004: il Brunello. Acidità vibrante, solidissima trama tannica, naturalezza innata. Monumentale. (www.biondisanti.it).
Pieve Santa Restituta, Brunello di Montalcino Sugarille 2004: Brunello dai profumi ariosi e dalla struttura fitta e incalzante, declinata da un’acidità puntuale (tel. 0173-635158).
Ciacci Piccolomini d’Aragona, Brunello di Montalcino Vigna di Pianrosso 2004: sensazioni olfattive di macchia mediterranea e ginepro, gusto ricchissimo e succoso (www.ciaccipiccolomini.com).
Cerbaiona, Brunello di Montalcino 2004: naso complesso, viola, ciliegia, tabacco; bocca dalla trama tannica fitta e dall’acidità puntuale (tel. 0577848660).
La Cerbaiola, Brunello di Montalcino 2004: profumi affascinanti di terra ed erbe officinali, preludono ad un palato avvincente (tel. 0577848499).
Castello Banfi, Brunello di Montalcino Poggio all’Oro 2004: stilisticamente inappuntabile, fine, energico, di grande freschezza (www.castellobanfi.com).
Angelini - Val di Suga, Brunello di Montalcino Vigna Spuntali 2004: vino dai profumi tonici e dalla bocca cremosa e dal buon ritmo (www.tenimentiangelini.it).
Antinori - Pian delle Vigne, Brunello di Montalcino 2004: note di spezie, tabacco e frutti rossi, anticipano un palato ben profilato e voluttuoso (www.antinori.it).
Castello Romitorio, Brunello di Montalcino Riserva 2004: stratificazione aromatica tendenzialmente complessa, per una bocca sontuosa e profonda (www.castelloromitorio.com).
La Poderina, Brunello di Montalcino Poggio Banale Riserva 2004: profumi ampi e ben profilati per un vino dal carattere austero e deciso (www.saiagricola.it).
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