02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Libero

Alla riscoperta del Barolo tra le dolci colline di Langa … Vecchi e nuovi gusti a confronto per guardare nel futuro del nettare che ha fatto la storia d’Italia… Ritorno in Langa con la nostalgia di altre stagioni, quando qui si veniva non a meditare il futuro cercando aruspici tra le vigne per sapere come andrà, ma quando qui si veniva a vivere un presente opimo contemplando un passato di gloria. Cambiano in volgere di mesi le percezioni nelle nostre campagne e il Piemonte non si sottrae, anzi. Qui la questione agricola sta diventando kierkegardianamente una battaglia tra la vecchia e la nuova bottega del sapone. Gianni Gagliardo produttore di Barolo e mio buon amico anni fa mi face considerare come la Langa fosse recetto dei metalmezzadri: l’atavica vita grama mitigata dai turni a Mirafiori e poi un po’ di tempo da dedicare alle terre natie. Erano gli anni della rinascita del Barolo, dopo la fillossera e con l’avvento della Docg a mettere ordine in un vigneto esteso ma caotico, in una qualità non da tutti coltivata dacché allora pagava la quantità. Cos’è successo nel volgere di un mezzo secolo? Tantissimo: il Barolo che i Falletti, marchesi di queste terre dopo esserne stati feudatari di denaro piuttosto che di sangue, avevano creato incantando Carlo Alberto è oggi accolto nel nuovissimo, bellissimo museo ospitato nel Castello di Barolo e allestito come un luogo delle suggestioni polisensoriali da François Confino, la griffe del museo del cinema di Torino, ma il Barolo contemporaneo dov’è? È ancora sulle vigne ché quando percorro l’incantevole costa che da Alba mi conduce a questo altopiano dove Barolo, al contrario di Castiglione Falletto, di Serralunga, di La Morra, pare adagiato piuttosto che inerpicato la vendemmia non è finita. Ma ci sono ombre, non solo di tramonto. Si sente dell’elettricità nell’aria. C’è aperta la questione della collina di Cannubi con una disputa tra una cantina e il Consorzio per l’allargamento della denominazione storica, c’è la disputa sullo stile del Barolo, c’è infine, e non è poco, la questione del prezzo delle uve precipitato da 4 euro a, mi dicono, un euro e mezzo al chilo mentre le bottiglie mito spuntano prezzi virtuali. Si propongono ancora a 200 euro la bottiglia, ma venderle è un’altra storia. E il resto del Piemonte della vigna guarda comunque alla sommità di questi “bric”, guarda a Fontanafredda, guarda ai Ceretto, guarda ad Angelo Gaja, per capire come andrà a finire quest’incubo della crisi che pare non voler conoscere alba (è il caso di dirlo proprio qua). Roberto Cota, neogovernatore del Piemonte, ha preso di petto la questione agricola. E viticola in particolare. È arrivata la distillazione di crisi per Barbera e Dolcetto, si è raggiunto un faticosissimo accordo per l’Asti, ma questa è la contingenza, c’è da pensare al futuro, al rilancio, al mantenere la gloria che il Barolo (ma anche il Barbaresco) si è conquistato in mezzo secolo di qualità sempre crescente che ha consentito alla Langa di sdoganarsi dai metalmezzadri e di avere un suo autonomo, prepotente sviluppo. Si riparte da un museo modernissimo per coniugare passato e proiezione del futuro che si spera brillante come il rosso rubino di questo vino sovrano, dal profumo intenso di piccolo frutto rosso, di pelliccia, di goudron, capace di sfidare il tempo e di evolversi verso finezze inarrivabili. Pensando a Kierkegaard (suo è In vino veritas) e alla disputa tra la nuova e la vecchia bottega del sapone l’economia dalla Langa si osserva con il cannocchiale rovesciato. Siamo sicuri che l’industrialismo che molti ritengono il nuovo non sia il vecchio? Siamo sicuri che il Barolo un po’ troppo muscolare e rotondo che piaceva a molti e ha stregato, complici critici schiavi delle mode e delle loro remunerazioni piuttosto che attenti alle identità, alcuni produttori non sia il vecchio? Di questo si discute nella culla del sovrano dei vini che ha un lignaggio enologico mondiale. Se ne discute alla piemontese, a mezza bocca, nel chiuso delle stanze, mentre la vendemmia incombe con altri 51 mila ettolitri di Barolo che si dovranno vendere al meglio sul mercato. E allora come fare? Cosa fare? Semplicemente ripartire dall’origine, dal legame con questo territorio bellissimo, mobilissimo. Basta aggirarsi per i castelli di Grinzane, dello stesso Barolo, di Diano, di Castiglione, di Roddi e di La Mora, basta farsi accarezzare il palato da questo vino immenso e contemplare in una sorta di otium latino un paesaggio che diventa poesia della terra per dirla con Mario Soldati, basta lasciarsi pigliare dai sapori di Langa che sono salsiccia e agnolotti che sono brasati e formaggi che sono aristocratica ruralità condotta con anima di popolo. Ecco forse il Barolo che è sovrano dei vini e piace ai sovrani (quelli di ieri d’aristocrazia quelli di oggi di soldo), deve recuperare un po’ della sua anima contadina, deve ripigliarsi il sapore e il profumo della sua terra. Deve curarsi di più della sua identità senza accedere alle mode, senza incedere allo snobismo di chi continua a predicare l’agricoltura come giardino di casa. Il Barolo è un prodotto immenso, è un valore economico, è la sintesi di una civiltà. Me ne accorgo degustando a Grinzane dove c’è l’Enoteca del Piemonte che è una sorta di sancta sanctorum del vino bottiglie immense per eleganza, per austerità, per freschezza. Me ne accorgo ricordandomi che nei nostri presenti frenetici giorni degustare un bicchiere di Barolo è concedersi a un tempo infinito, è sentirsi nella pienezza dei sensi, è scoprirsi armonici con queste terre e percepirsi ricchi, di quella ricchezza interiore che è data dal possedere se stessi. Forse è questa la vera magia del Barolo: concentrare in un sorso che è una carezza all’anima la Storia e il presente, la terra e i sogni. E’ la Fata Morgana del vino che recita i versi di Cesare Pavese mentre dall’alto la luna ammanta d’argento queste colline ataviche e i sensi s’accendono di un falò di suggestioni… ON THE ROAD… ARRIVARE… Il modo migliore, forse anche l’unico, per arrivare a Barolo è l’auto. Se si viene da Torino conviene percorrere la A-6 e uscire in direzione di Bra. Se si iene da Milano conviene percorrere la A-21 uscire ad Asti e proseguire in direzione di Costigliole, Alba e poi arrivare a Barolo. In treno la stazione è ovviamente quella di Torino o in alternativa quella di Alessandria o Asti per poi proseguire in pullman. In aereo lo scalo più comodo è quello di Torino Caselle: si trovano transfert per la Langa abbastanza comodi.

Dormire… Ad Alba buona sosta all’hotel I Castelli (Corso Torino 14 tel. 0173 361978). A Barolo si può dormire bene all’albergo Ca’ San Ponzio (Frazione Vergne, via Rittane 7 tel, 0173 560510). A Santo Stefano Belbo imperdibile il Relais San Maurizio (Località San Maurizio, 39, tel 0141.841900). A Grinzane Cavour molto buono è l’hotel Casa Pavesi, un affascinante quattro stelle (via IV Novembre 4 tel. 0173 231149). A La Morra due soste di rilievo: Hotel Corte Gondina (Via Roma 100 tel. 0173 509781) e Hotel Santa Maria (Località Santa Maria 10/b tel. 0173509826). Mangiare… Due indirizzi a Barolo: Osteria della Catinella ( Via Acqua Gleata 4 tel 0173 56267 chiuso lunedì sera e martedì) e Locanda del Borgo Antico (Via Boschetti 4, 0173 56355 chiuso martedìe mercoledì a pranzo) per gustare cucina langotta. A Grinzane Cavour buon indirizzo Al Castello (Via Castello 5 tel 0173 262172 chiuso il martedì) che di fatto è la tavola dell’Enoteca Regionale. Ad Alba due indirizzi uno molto stileé che è la Locanda del Piccione (Madonna di Como tel 0173 366616 chiuso martedì e mercoledì) e uno per gli appassionati del vino l’Enoclub (Piazza Savona 4 0173 33994 chiuso domenica sera e lunedì): A La Morra vale la visita Bovio (via Alba 17 bis tel 0173 590303 chiuso mercoledì sera e giovedì). VEDERE… Sopratutto il tour dei castelli è interessante. A Grinzane Cavour si visitano il Castello e l’enoteca regionale (0173 262159) a Serralunga due visite d’obbligo: a Fontanafredda e al castello dei Falletti (0173 613358). A Castiglione Falletto egualmente da vedere il castello (0173 62868).

La Top Ten del Barolo … Sandrone Barolo - Cannubi… Bottiglia classicissima che esprime la forza e l’eleganza del Barolo. Si intuisce una propensione a sfidare gli anni. Da carni rosse (85 euro)… Aldo Conterno Barolo Cicala… Uno dei grandissimi autori del Barolo: Conterno. La bottiglia regala frutto rosso, note vegetali in un contesto di armonia (72 euro)… Bruno Giacosa Le Rocche di Faletto… La bottiglia di un produttore che ha fatto del Barolo un’opera d’arte che profuma di marasca e al palato è velluto (90 euro)… Conterno Fantino Barolo Mosconi… Un Barolo tradizionalissimo con accenni di frutta rossa, austerità al palato e lunghezza infinita al gusto (58 euro)… Domenico Clerico Barolo Percristina… Una delle massime espressioni del Barolo. Bottiglia rara per eleganza, armonia e potenza espressiva. Un archetipo del redei rossi. (95 euro)… Ceretto Barolo Brico - Rocche… Un vino di gran classe e di straordinaria bevibilità, setoso al palato, carezzevole al naso con corredo di frutti rossi (58 euro)… Paolo Scavino Bric del Fiasc… Barolo classico con note di viola e di confettura di more. Al palato è pieno ed elegante, fresco e armonico. Una grande bottiglia (58 euro)… Mascarello e Figlio Barolo Bonprivato… Una riserva monumentale che esprime la pienezza del Nebbiolo e l’impronta del territorio. Di classe superiore (200 euro). Oddero Barolo Rocche di Castiglione… Da una cantina storica un Barolo storico. Un archetipo della denominazione. Armonico e di gran frutto (44 euro). Gianni Galiardo Barolo Serre… Barolo di esemplare eleganza con freschezza pari all’intensità di un bouquet complesso di frutti rossi (40 euro).

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su