Si tratta di una sentenza storica: il mese scorso in Spagna è stato riconosciuto per la prima volta in Europa che l’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi può violare i diritti fondamentali della popolazione, come riportato dal quotidiano “El Paìs”. Il Tribunale Superiore di Giustizia della Galizia ha condannato le istituzioni locali (la Xunta de Galicia e la Confederazione Idrografica Miño-Sil e Limia) per la decennale mancanza di controllo nella regione galiziana, satura di nitrati provenienti dagli scarichi di liquami. Gli escrementi di centinaia di allevamenti di suini e polli hanno infatti avvelenato il territorio, il grande fiume Limia, i pozzi, le riserve idriche pubbliche e il bacino di As Conchas, che vede la presenza di cianobatteri tossici ed è diventato pericoloso per la popolazione. Le autorità dovranno pagare 30.000 euro a ciascuna parte interessata e riparare il disastro ambientale.
La causa, intentata da alcuni cittadini, dall’associazione di quartiere del comune di As Conchas e dalla Federazione spagnola dei consumatori e degli utenti, è stata assistita e diretta da avvocati specializzati dello studio legale ambientale ClientEarth e dell’associazione ambientalista Friends of the Earth.
Dopo aver ascoltato gli esperti che hanno redatto le relazioni scientifiche a sostegno del ricorso, il Tribunale ritiene provato che il governo galiziano abbia violato i diritti fondamentali “relativi al godimento dell’acqua” e “in relazione al diritto di godere di un ambiente sano e adeguato alle esigenze delle persone”, tutelati dalla Costituzione spagnola. Secondo i giudici le amministrazioni, “pur essendo a conoscenza della situazione e legalmente obbligati a farlo, non sono stati in grado di fornire alcun rimedio”.
La sentenza, pioniera in Europa nel condannare la gestione delle mega-fattorie dal punto di vista dei diritti fondamentali, obbliga la Xunta de Galicia e la Confederazione Idrografica Miño-Sil di “adottare immediatamente tutte le misure necessarie per garantire la fornitura di acqua potabile pulita e sicura, priva di microrganismi e sostanze chimiche che costituiscano una minaccia per la salute delle persone, al fine di ripristinare il pieno godimento del diritto umano all’acqua”. Inoltre, queste autorità dovranno risarcire i residenti “con un importo mensile fino ad un massimo di 30.000 euro” ciascuno fino a quando la grave situazione ambientale non sarà risolta.
Il Tribunale riconosce che i residenti “stanno subendo un innegabile danno morale che non è cessato, oltre al disagio causato dalle emissioni di gas e dagli odori provenienti dal bacino”. I giudici sottolineano che la “situazione di rischio per la salute derivante dal consumo e dall’uso dell'acqua, dovuta all’elevata concentrazione di nitrati e cianobatteri”, provoca “angoscia e ansia” perché si protrae da “quasi 24 anni”.
La sentenza non è ancora definitiva. I condannati hanno ancora la possibilità di presentare ricorso, sia dinanzi allo stesso Tribunale, sia dinanzi alla Corte Suprema.
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