L’agricoltura e la filiera agroalimentare d’Italia non si sono mai fermati, in questo anno di pandemia. Anzi, nonostante tutto, come noto, le esportazioni sono continuate a crescere anche nel 2020, con il record di 46,1 miliardi di euro (+1,7%), superando per la prima volta in tanti anni in valore le importazioni, a 43 miliardi di euro. E, nonostante le grandi perdite legate al Covid e alle misure anticontagio, che hanno pesato soprattutto sulla ristorazione, a monte (oltre 30 miliardi di euro perdite nel 2020, a cui si sommeranno anche gli 1,7 miliardi di euro legati alle chiusure per le festività di Pasqua), ma a valle anche sulla filiera agroalimentare tutta (con la stima di 1,1 milioni di tonnellate di prodotto rimaste invendute nel 2020, tra cui 220 milioni di bottiglie di vino), oggi lungo la filiera si muove un valore di 538 miliardi di euro, e intorno ad essa sono garantiti 3,6 milioni di posti di lavoro. Da questo dato, soprattutto, dalla speranza di una campagna vaccinale che tutti vogliono veder cambiare passo (con il 50% degli italiani disposto a pagare di tasca per farlo, secondo un sondaggio Ixè & Coldiretti, che ha messo a disposizione anche le proprie sedi), ma anche da tante battaglie in Europa, da quella contro il Nutriscore, l’etichetta a semaforo, “contro la quale siamo pronti a ribaltare i tavoli a Bruxelles”, ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, bollando il sistema come “idiota”, a quella per l’origine della materia prima di tutti gli alimenti in etichetta, passando per quelle del digitale, dell’innovazione, e non solo, da cogliere e vincere anche attraverso l’utilizzo dei fondi del “Recovery Plan”, deve ripartire l’agricoltura italiana del futuro. Un’agricoltura che “attraverso la qualità alimentare e dei nostri prodotti” è fondamentale anche per la salute, ha detto il Ministro della Salute Roberto Speranza. Un’agricoltura che deve essere sempre più “smart, dove avremo un trattore che attraverso la tecnologia, parla, in un sistema di sistemi, con il sistema di irrigazione, con il magazzino, con il sistema di previsione meteo e così via”, ha detto quello per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Ancora, un’agricoltura che ha bisogno di una “buona burocrazia che tutela imprese e consumatori, a differenza della cattiva burocrazia che penalizza tutti, ha aggiunto il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, e che sfruttando anche il grande potenziale ancora inespresso può diventare vera “locomotiva, il motore occupazionale di crescita costante per il Paese”, ha detto il titolare dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Spunti e riflessioni che arrivano da tante fonti del Governo, alla corte della Coldiretti, nel Congresso “Recovery “Food”, l’Italia riparte dal cibo”, organizzato con Filiera Italia, a Roma (Palazzo Rospigliosi), condotto dal direttore del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, Fabio Tamburini.
Tanti i temi affrontati, a partire proprio dal dato del saldo positivo, per la prima volta in tanti anni, tra l’export e l’import dell’agroalimentare. “Una svolta che offre grandi opportunità al Made in Italy dopo che a causa di decenni di sottovalutazione - ha sottolineato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini - l’Italia ha accumulato un deficit produttivo di autoapprovvigionamento pari al 25% dei consumi a tavola, dalla carne al latte fino ai cereali e fatta eccezione solo per vino, frutta e carni avicole. Con la pandemia si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione. Una situazione che ha fatto salire i prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale ai massimi da quasi sette anni trainati dalle quotazioni di zucchero, oli vegetali e cereali secondo l’indice Fao. I timori sugli approvvigionamenti di cibo hanno convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica fra operatori, autorità e cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienza in diversi settori chiave. A difesa della sovranità alimentare dell’Unione Europea l’Italia può schierare una forza composta da quasi 740.000 imprese agricole che insieme a 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio generano 538 miliardi di valore lungo la filiera e garantiscono 3,6 milioni di posti di lavoro”.
Una filiera che va garantita e tutelata “da un’Europa che spinta dalla grandi multinazionali, vuole adottare un’etichetta a semaforo che penalizza tante eccellenze del made in Italy, e avvisi allarmistici che oggi riguarderebbero la carne rossa ma che domani potranno riguardare quella bianca, così come alcune verdure ed altri prodotti perchè è così che ragionano le multinazionale che hanno speso somme ingentissime nello sviluppo di alimenti di sintesi”, ha detto Prandini.
“I cittadini vanno informati, ma non con un idiota meccanismo a semaforo, non ho altro modo di definire Nutriscore - ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli - che è semplicemente la volontà di condizionare le abitudini alimentari in modo sbagliato, perché non ha una volontà informativa ma è semplicemente marketing. Il Nutriscore è un pericolo perché mette a rischio la nostra produzione agroalimentare e non tiene in conto del valore della dieta mediterranea, che è un patrimonio immateriale dell’Unesco. Su questo ribalteremo i tavoli in Europa e non batteremo solo i pugni. Nutriscore è un privilegio ai cibi iper lavorati e quindi è un pericolo anche dal punto di vista ambientale e potrebbe essere anche più pericoloso per aprire la porta ai cibi sintetici, che è impensabile che abbia una priorità”.
Altro nodo fondamentale da sciogliere, da sempre, è quello della burocrazia, “che ruba fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda ma frena anche l’ingresso di giovani nell’attività di impresa di cui l’Italia ha enorme bisogno per tornare a crescere. Siamo di fronte ad un vero spread per la competitività delle imprese che va recuperato con lo snellimento delle procedure, la semplificazione, il dialogo tra le amministrazioni”, ha sottolineato Prandini, evidenziando come “con una adeguata formazione e semplificazione l’agricoltura nazionale può offrire agli italiani in difficoltà almeno 200.000 posti di lavoro che in passato erano affidati necessariamente a lavoratori stranieri stagionali, che ogni anno attraversavano le frontiere per poi tornare nel proprio Paese. Con i limiti al passaggio nelle frontiere per l’avanzare dei contagi anche quest’anno, e con l’anticipo di stagione favorito dal caldo si registrano difficoltà per l’arrivo in Italia di lavoratori stranieri, con il rischio concreto della perdita dei raccolti in un momento in cui è importante assicurare l’approvvigionamento alimentare degli italiani pure per le difficoltà degli scambio commerciali.
Dopo essere stato snobbato per decenni si registra un crescente interesse degli italiani per il lavoro nelle campagne anche per la situazione di difficoltà in cui si trovano altri settori economici. Un segnale positivo importante per il comparto che tuttavia - precisa la Coldiretti - si scontra con la mancanza di formazione e professionalità che è necessaria anche per le attività agricole soprattutto per chi viene da esperienze completamente diverse. Una opportunità che deve essere dunque accompagnata da un piano per la formazione professionale e misure per la semplificazione ed il contenimento del costo del lavoro”.
“All’agricoltura ed a tutto il Paese serve una buona burocrazia, che è quella che fa lavorare bene le imprese, che fa organizzare bene i vaccini, che fa avere alle scuole gli insegnati in tempo per l’inizio degli anni scolastici e così via - ha ribadito il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione - proprio ieri abbiamo sbloccato i concorsi che erano bloccati, e da ora in poi tutti i concorsi pubblici saranno digitali. È un grande segnale. Sto lavorando a un provvedimento sulla semplificazione a 360 gradi, senza questa non ci può essere un sistema di digitalizzazione. La digitalizzazione e’ come un vento che deve l’amministrazione ma se ci sono delle barriere la digitalizzazione non serve. Dobbiamo stare nei tempi europei, con standard europei. Tutto questo si può fare digitalizzando e semplificando. Non dimentichiamo, però, che dietro a tutto questo ci deve essere un umano preparato, culturalmente attrezzato”.
E proprio la digitalizzazione e l’evoluzione tecnologica più in generale, per la quale sarà fondamentale il Recovery Plan, secondo la Coldiretti, potrebbero portare ad una crescita ulteriore, capace anche di creare un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni, e migliorare tutto quello che è legato alla sostenibilità. “L’agricoltura 4.0, che ha generato in Italia un fatturato intorno ai 540 milioni di euro nel 2020, con una crescita di circa il 20% rispetto all’anno precedente, rappresenta - sottolinea la Coldiretti - il futuro dei campi con lo sviluppo di applicazioni sempre più adatte alle produzioni nazionali su diversi fronti: dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla minimizzazione degli impatti ambientali con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio dell’uso di acqua e del consumo di carburanti. Ma per cogliere le innovazioni tecnologiche offerte dall’agricoltura 4.0 occorre però colmare i ritardi nell’espansione della banda larga nelle zone interne e montane”
Che è uno degli obiettivi di Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica, secondo il quale “ci sono delle realtà che potrebbero già entrare in una fase di smart agriculture. Cominciamo ad immaginare il trattore che parla, in un sistema di sistemi, con il sistema di irrigazione, con il magazzino, con il sistema di previsione meteo. Cominciamo a pensare ad una agricoltura estremamente intelligente che utilizza le più recenti tecnologie digitali per essere più efficace, per mettere meno sotto stress il suolo. Possiamo investire tanto, semplificare la catena dei permessi, anche sul fotovoltaico per esempio. Possiamo arrivare ad una filiera agricola autosufficiente, almeno in certi posti. Ma dobbiamo cogliere questa occasione per cambiare i meccanismi che al momento non ci consentono di mettere a terra più del 10% di quello che di solito programmiamo, o non andiamo da nessuna parte. Questo richiederà un lavoro sfidante tanto quanto il progetto Recovery Fund di per sé”.
“Noi abbiamo un potenziale inespresso dell’agricoltura e l’agroalimentare. Possiamo essere il vero settore che diventa la locomotiva, il motore occupazionale di crescita costante per quanto riguarda il Paese. Ne dobbiamo essere fortemente consapevoli - ha detto il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti - il consumatore in giro per il mondo vuole consumare un prodotto italiano perché è buono. E quindi ha diritto di sapere se sta consumando un prodotto italiano o in parte prodotto in Italia con materie prime oppure c’è solo un brand o un richiamo ingannevole. È un suo diritto conoscere come stanno le cose. Dobbiamo costruire una politica difensiva contro gli interessi del sistema del semaforo”.
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