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ANALISI

Liv-ex: verso il 2023 segnali di recessione anche per il mercato secondario dei fine wines

Nel report di fine anno, i timori per il futuro che arrivano dalle difficoltà dell’economia globale e dalla corsa dei prezzi degli ultimi due anni
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Il mercato dei Fine Wines

Dopo l’exploit del 2021, l’anno che ha riscritto ogni record, il 2022 ha messo a dura prova il mercato dei fine wines. La fine della pandemia ha fatto ripartire l’economia, ma non la catena di approvvigionamento, a causa principalmente della politica cinese che mira all’azzeramento dei contagi, e dell’aggressione della Russia all’Ucraina, che ha creato problemi su molte materie prime, ma soprattutto la corsa del costo dell’energia e le dinamiche inflattive che hanno colpito tutta l’Europa. Il risultato è che il mondo guarda al 2023 con la paura, fondata, di una recessione economica che pare inevitabile.

A prima vista, l’impatto sul mercato secondario dei fine wines appare minimo, tuttavia, sono evidenti i segni della tempesta economica. C’è una crescente sensazione che lo slancio riportato dall’anno scorso si sia esaurito. Il Liv-ex 100 è sceso, per la prima volta in 18 mesi a luglio, e, di nuovo, ad ottobre e novembre 2022. Anche l’indice Burgundy 150 ha registrato guadagni minori nell’anno, rimanendo piatto in ottobre e, infine, calando a novembre 2022. E le prospettive per il 2023 si fanno un po’ più grige, tanto che, tra i membri del Liv-ex, il punto di riferimento per ogni collezionista o investitore, prevale un leggero pessimismo, con due di loro che prevedono un calo del Liv-ex 100 del 25%. E se il futuro è tanto incerto è anche a causa dei segnali contrastanti che arrivano dal presente: se è vero che alcune etichette hanno raggiunto prezzi mai vista, è pur vero che, a certi prezzi, diminuisce il numero degli investitori.

La buona notizia, come si legge sul report firmato dal Liv-ex, arriva dalla stabilità mostrata dai fine wines proprio di fronte a tali venti contrari. Essendo un bene destinato a diminuire, e che incoraggia la sua conservazione a lungo termine, il vino pregiato è un investimento intrinsecamente a bassa volatilità, e ciò gli conferisce vantaggi rispetto agli investimenti tradizionali, specialmente in tempi economici turbolenti. Ed infatti, utti i principali indici sono saliti dall’inizio dell’anno: sia il Liv-ex Fine Wine 100 che il Liv-ex Fine Wine 1000 hanno raggiunto nuovi massimi, quest’ultimo trainato dal Burgundy 150 e dallo Champagne 50, con performance superiori a quelle di qualsiasi altra forma di investimento, ad eccezione, negli ultimi tre anni, del petrolio. Cresce il numero delle etichette scambiate sul Liv-ex (+2,4%), ma molto meno dello scorso anno (+10,4%), mentre in termini assoluti, e quindi comprendendo le diverse annate, il numero è inferiore al 2021, il che vuol dire che gli investimenti si sono concentrati su meno bottiglie.

Continuando nel trend degli ultimi dieci anni, la quota di mercato di Bordeaux è scesa a un nuovo minimo nel 2022: i vini della Gironda hanno rappresentato il 34,5% del commercio totale in valore, in calo sul 37,7% nel 2021, e di certo un’annata sottotono, con prezzi in ribasso nell’en primeur, non ha aiutato. In termini di scambi, i vini di Bordeaux non sono stati gli unici a segnare un calo: diminuiscono anche le quote di mercato di Toscana, Piemonte, California e Rodano, e nell’anno è apparso evidente che la quota di mercato della California e delle regioni italiane fosse in calo. È un’ulteriore conseguenza della riduzione del focus da parte dei collezionisti ad un numero inferiore di etichette ed annate.

Quote di mercato ridotte in virtù di un’incessante attenzione del mercato alla Borgogna e allo Champagne. La quota dei vini di Borgogna è passata dal 22% al 26,2%, e quella degli Champagne dall’8,8% al 13,7%, un record per entrambi. Va sottolineato che il mercato è cresciuto sia in valore che in volume dal 2020, quindi sebbene l’Italia e la California abbiano perso quote di mercato a favore di Borgogna e Champagne, il valore totale degli scambi da queste regioni rimane superiore a quello del 2020. Può sembrare un controsenso, ma proprio i prezzi raggiunti da Borgogna e Champagne potrebbero rilanciare l’interesse per Bordeaux, che dalla sua ha vini di alta qualità, in buoni volumi ed a prezzi (generalmente) accessibili. I rendimenti non sono immediati, ma gli Chateaux di Bordeaux, storicamente, si rivelano quasi sempre un buon investimento a lungo termine.

Guardando alle altre regioni, il Rodano offre in questo momento il prezzo di ingresso più conveniente sul mercato degli investimenti in fine wines, con un rapporto qualità/prezzo estremamente favorevole. Inoltre, nonostante la contrazione della loro quota di mercato, molti membri di Liv-ex hanno sottolineato la tenuta dell’interesse degli investitori per i vini italiani e statunitensi, che si aspettano possa continuare.

Nell’analisi sull’andamento del Liv-ex in questo 2022, gioca un ruolo importante il crollo della Sterlina nel cambio con il Dollaro, che, a settembre, ha toccato il suo minimo storico: in quel mese, gli investitori Usa hanno spinto sia il Liv-ex 100 che il Liv-ex 1000 ai migliori risultati da gennaio: +1,9% e +2,1%. Anche in questo caso, però, non è tutto oro quello che luccica: il rischio, come avvenuto nei mesi successivi, è che dall’altra parte dell’Oceano si aspetti un nuovo calo della Sterlina per tornare ad investire, creando incertezza ed instabilità sul mercato.

Come anticipato, il Liv-ex 1000 è cresciuto anche nel 2022, con tutti i suoi sottoindici, con il Bordeaux 500 a segnare la performance peggiore: +6,1%. Dall’altra parte della barricata, ci sono invece il Burgundy 150 e lo Champagne 50, che hanno messo a segno la crescita record, rispettivamente, del +28,5% e +24,8%. In controtendenza con il Liv-ex 1000, anche il numero di etichette scambiate è cresciuto: +13,5% tra gli Champagne (per un totale di 677) e +1,2% tra i Borgogna, al culmine di una crescita inarrestabile, visto che solo nel 2018 passavano di mano 829 etichette, ed appena 166 nel 2012, diventate 1.488 nel 2020 e 4.131 nel 2022. Merito, in particolare, dei vini bianchi: una volta ostracizzati, perché si riteneva subissero veloci ossidazioni, oggi mostrano un andamento persino migliore di quello dei rossi, con un prezzo medio di ingresso decisamente inferiore.

La vera star di questo 2022, però, è lo Champagne 50: per 5 mesi consecutivi, tra giugno e ottobre, è stato l’indice più performante, e le tre etichette più scambiate nell’anno - Louis Roederer Cristal 2008 e 2014 e Dom Pérignon 2012 - sono tutte di Champagne. La fortuna della Borgogna, invece, è stata costruita nella prima parte dell’anno, che ha continuato il trend di fine 2021, portando alcune etichette ad incredibili crescite a tre cifre (come racconta bene la Liv-ex Power 100). Con gli aumenti vertiginosi dei prezzi dei vini di Borgogna, sostenuti da uno squilibrio tra domanda e offerta, diminuisce di conseguenza il numero di collezionisti che può permettersi di investire sulle bottiglie più quotate, e questo frena le contrattazioni, con un effetto evidente: dopo l’estate, il Burgundy 150 ha iniziato a segni di fiacchezza, crescendo solo dello 0,7% a ottobre e perdendo lo 0,9% a novembre. Anche lo Champagne 50 ha vissuto una dinamica simile: a novembre ha perso il 2,5%, e cancellando così i guadagni di due mesi, e il rischio, anche in questo caso, è di una improvvisa frenata del mercato.

A cambiare, però, non sono solo i territori e le etichette su cui punta il mercato, ma sono anche collezionisti ed investitori di fine wines a cambiare. Su quello che è ormai un mercato alla portata di molti, con decine di migliaia di vini quotati, molti a prezzi assolutamente accessibili, si affacciano infatti sempre più giovani e donne, e una bella mano arriva dalle app di trading, che rendono accessibile un asset come il vino anche ai meno esperti in materia. L’andamento del mercato tra la fine del 2020 e il 2021 ha portato un nuovo afflusso di operatori, a un livello che non si vedeva dalla corsa al rialzo guidata dalla Cina nel 2010.

Durante la pandemia, del resto, non tutto si è fermato: molti settori dell’economia hanno continuato a generare ricchezza, e andando ad ingrossare le fila dei cosiddetti High Net Worth Individual, ovvero “individuo ad alto patrimonio netto” (superiore ai 5 milioni di euro), a cui è legata direttamente la crescita degli investimenti in asset alternativi come arte e vino. Ad accelerare questo processo è stata anche la tecnologia, che ha portato i fine wine a legarsi sempre più spesso al mondo degli NFT e delle criptovalute. Specie negli Stati Uniti, a Singapore e in Corea del Sud c’è stato un aumento importante dei servizi di gestione patrimoniale che offrono portafogli di token legati al vino o wine club NFT. Dal fronte produttivo, aziende come Penfolds e Dom Pérignon hanno offerto bottiglie in edizione speciale come NFT che possono essere pagate in criptovalute, e Domaine Liger-Belair e Jacques Selosse sono tra le numerose tenute che si sono unite alla piattaforma NFT Wokenwine.

Le cronache recenti, però, mettono in guardia il mercato secondario dei fine wines, sia per quanto riguarda le criptovalute, definite dal Financial Times “veicolo di pura speculazione”, sia rispetto agli aumenti vertiginosi dei prezzi di alcune etichette di Borgogna. Come riporta il report di fine anno del Liv-ex, un passaggio del rapporto Deloitte sul mondo dell’arte potrebbe spiegare bene i rischi che potrebbero trovarsi di fronte diverse etichette di Borgogna: “Si teme che la speculazione del mercato sugli artisti più giovani possa minacciare la sua futura sostenibilità... Alcuni esperti del mercato dell’arte vedono la speculazione sugli artisti più giovani come malsana e insostenibile. La paura è che collezionisti e investitori si perdano alla ricerca della prossima grande novità, che spinga i prezzi ben oltre i limiti giustificati dalla carriera di questi artisti”.

La domanda da porsi oggi è: guardando al futuro, ci sono abbastanza acquirenti e denaro per sostenere gli attuali prezzi dei fine wines? Probabilmente no, perché per quanta ricchezza sia stata creata nel 2021, il 2022 stato caratterizzato da una grande distruzione dei risparmi, con miliardi persi tra azioni e obbligazioni. In un recente sondaggio, i membri del Liv-ex hanno sottolineato timori di una recessione globale, l’aumento dei costi logistici, la volatilità dei cambi, la perdita di fiducia dei consumatori come le principali sfide per il commercio nel 2023, e nessuna di queste porterà, realisticamente, ad una crescita dei prezzi. Un’altra criticità, osservando più da vicino l’andamento degli indici Liv-ex, è data dal numero di etichette che si sono apprezzate rispetto al totale di quelle sul mercato. Sebbene il Liv-ex 1000 sia aumentato nell’ultimo anno, il numero di vini che aumentano di prezzo su base mensile è costantemente diminuito dall’agosto 2021, e a novembre 2022, ben il 44,9% dei suoi componenti ha segnato un calo, e solo il 42,8% è aumentato, con il restante 12,3% dei prezzi che è rimasto invariato.

In conclusione, secondo il report di fine anno del Liv-ex le prospettive per il 2023 non sono delle migliori. La volatilità dei mercati è destinata a rimanere alta, ma ciò nonostante permangono molti aspetti positivi per il mercato dei fine wines, che continuano ad offrire una certa stabilità, anche rispetto all’aumento dell’inflazione, che porta ad un aumento dei tassi di interesse che ridurrà la propensione al rischio, specie rispetto ad una minoranza di etichette (quelle più speculative), più che sul mercato in generale. I prezzi in tutte le Regioni hanno continuato a salire nel 2022 e, nella maggior parte dei casi, si è trattato di aumenti costanti, rendendo gli investimenti affidabili.
Detto questo, i venti contrari affrontati dal mercato sono forti. Nessun mercato può crescere per sempre, e i segnali più recenti suggeriscono che alcune Regioni potrebbero aver raggiunto il loro picco, almeno per ora.
Gli acquisti sono diventati più mirati e i membri di Liv-ex hanno parlato di clienti più “misurati”, e che “acquistano meno ma meglio”. A uno sguardo più attento, ci sono segnali di avvertimento all’interno degli indici del Liv-ex. Nel Liv-ex 1000, come detto, a novembre 2022 sono più i vini che hanno segnato un calo del prezzo su quelli che hanno segnato un’evoluzione positiva, e l’analisi tecnica del Liv-ex 50 suggerisce che è possibile un ribasso. Il periodo delle spese e degli investimenti folli sembra essere passato: con la scarsità della domanda, il piccolo bacino di acquirenti dei vini più rari ha in mano i vini che ha sempre desiderato, o bottiglie talmente costose da non poter essere più rivendute.

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