E’ uno dei più famosi ristoratori del mondo (con una cantina di oltre 30.000 bottiglie di vino), è il toscano Sirio Maccioni, un nome-garanzia dell’italian style negli Usa: a “Le Cirque” (a New York - su tre piani, nell’antica residenza del Vescovo della città, anno di costruzione 1860, nel cuore di Manhattan - e a Las Vegas, e, da marzo 2003, anche a Mexico City; la Sirio Maccioni company è un'impresa con un fatturato 55 milioni di dollari, che dà lavoro a 600 persone), ci sono passati tutti gli uomini più famosi ed importanti del mondo. Un solo esempio ? Un giorno, a “Le Cirque” di New York, Maccioni aveva a pranzo, contemporaneamente tre ex presidenti Usa, Ford, Nixon e Reagan. E’ quindi un osservatore privilegiato per commentare, con WineNews, come il vino di qualità italiano sta andando veramente negli Usa, lasciando da parte cifre e dati ufficiali.
Racconta Maccioni: “Il made in Italy va a gonfie vele. Negli anni Settanta non era davvero così ! I francesi adesso sono gelosi dell'Italia: nella moda, addirittura, li abbiamo superati. NOn solo, l’Italia ha il vento in poppa, sta lavorando molto bene. Il pericolo può arrivare soltanto dal falso made in Italy, che anche negli Usa imperversa. E’ la prima volta che i francesi hanno paura dell’Italia, sia nella cucina che nei vini: a questo risultato, molto ha contribuito la cosiddetta dieta mediterranea”. E, più in particolare, sul vino, come stanno andando le cose negli Usa? “La percezione attuale nei confronti del vino tricolore non è neppure confrontabile con quella di 20/30 anni fa: il vino italiano di qualità sta veramente andando forte, è davvero boom. E non solo per i grandi nomi - Brunello, Barolo, Barbaresco, Chianti Classico - ma anche per i vini del Sud. Ma la cautela non è mai troppa ! Le grandi etichette francesi devono essere ancora viste, per molti produttori italiani, come “punto di arrivo”. E le differenze tra l’Italia e la Francia, in fatto di vino, non sono soltanto nella produzione, ma soprattutto nell’approccio, nel suo consumo”. Cosa vuol dire ? “I francesi dalla loro hanno una cultura ed una sensibilità per il vino, che fin da piccoli riescono a trasmettere ai bambini. Per l’80% degli italiani, invece, ancora, il vino o è rosso o è bianco ed è un liquido che va bevuto con i cibi. Come per gli americani è la Coca Cola”. E gli americani al tavolo a cosa stanno attenti quando ordinano il vino ? “Può sembrare strano, ma anche in ristoranti come il mio, il rapporto qualità-prezzo è il parametro più seguito. E’ finito lo snobismo, si ritorna ad andare nei locali dove si sta bene e ad ordinare vini di qualità con un occhio al giusto prezzo”. Che suggerimenti si sente di dare ai produttori d’Italia? “Continuare ad elevare la qualità e non esagerare sul costo dei vini. Ripeto anche i miei clienti guardano al rapporto qualità-prezzo. E poi non tutti i giorni possiamo bere bottiglie di altissimo livello!. Ai produttori italiani dico, inoltre, di continuare nella valorizzazione dei vitigni tradizionali, autoctoni. Gli americani stanno comprendendo la loro qualità e la sfida anche culturale che ci sta dietro”. Le regioni che più stanno riscuotendo successo negli Usa ? “La prima è, di sicuro, la Toscana. Poi, il Piemonte. Ma anche le regioni del Sud stanno andando molto bene”. Ed i ricarichi dei ristoranti non li giudica un freno per la diffusione della conoscenza dei vini ? “Il caro-vino nei ristoranti esiste ed è innegabile che costituisca un freno per la sua diffusione. Ma nei miei ristoranti cerco di fare il possibile per una buona politica dei prezzi”. Ci può dare un esempio di ricarico dei vini nel suo ristorante ? “I vini che compro a 10 dollari vanno in carta a 25/30; quelli da 100 a 160/170 dollari; quelli da 1.000 dollari sui 1.400/1.500”. Investe molto in vino ? “Sì, mi piace comprare vino. E poi, selezionando le migliori etichette, non si sbaglia mai. Negli ultimi tempi, ogni anno, c’è stato un aumento del 5/10%”. Quali sono i suoi vini preferiti ? Amo il Pinot Noir, e quindi soprattutto la Borgogna. Ma nel cuore ho i grandi rossi toscani: Brunello di Montalcino (da Biondi Santi a Castello Banfi), Sassicaia degli Incisa della Rocchetta, Tignanello e Solaia di Piero Antinori, i migliori Chianti Classico: da Castello di Fonterutoli alla Tenimenti Ruffino (il Riserva Ducale)”. Ed altri italiani ? “Di Barolo preferisco quello di Rocche dei Manzoni e di Barbaresco quello di Gaja”. Ed al Sud ? “Di Sicilia mi è piaciuto molto il Nero d’Avola, che ho avuto modo di degustare del Feudo dei Butera di Gianni Zonin. E’ un vitigno che, comunque, ben interpretano anche altri produttori siciliani”. E la bottiglia più vecchia nella sua cantina da 30.000 bottiglie ? “Una Riserva Biondi Santi di Brunello di Montalcino del 1891”.
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