“L’olio è un elemento strategico della catena agroalimentare e negli ultimi anni ha conosciuto un trend di crescita importante: 3 miliardi di export nel 2024, +45% sul 2023 (che già chiudeva a +15% sul 2022) e +57% sul 2019, dando così un contributo significativo al comparto. Per quanto riguarda l’export complessivo del settore agroalimentare, nel passaggio dai 64,5 miliardi del 2023 ai 69 miliardi del 2024 - 5 miliardi di differenza - ben 1,5 miliardi è infatti dovuto all’incremento dell’olio”. Così Matteo Zoppas, presidente Agenzia-Ice (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), a Sol2Expo - Full Olive Experience, il salone dedicato al mondo dell’olivo e dell’olio, a Verona (2-4 marzo), evento che, dopo ben 28 edizioni in convivenza con Vinitaly, ha debuttato come rassegna autonoma, raddoppiando la superficie espositiva per valorizzare la centralità e l’interesse di un prodotto simbolo del made in Italy. Una ricchezza, quella dell’olio verde, che viene confermata dai numeri e dall’interesse dei consumatori. Con una panoramica a tutto tondo su prodotto, tecnologia, formazione e turismo, Sol2Expo - Full Olive Experience ha acceso i riflettori sull’intera filiera dell’olivicoltura italiana, dalla terra alla tavola e dalla produzione alla trasformazione, con focus che spaziano dall’olio all’oliva e tutti i sottoprodotti e derivati, fino a wellness e cosmesi: l’anima business è affiancata da un intenso programma consumer che prevede cooking show, workshop e degustazioni con pairing per gli appassionati e il pubblico, oltre alla possibilità di acquisto diretto. Oltre 50 gli appuntamenti in calendario a Sol2Expo, con 230 aziende ed una buona attività di incoming, condotta da Veronafiere e Agenzia Ice, che ha portato a Verona oltre 70 top buyer selezionati da 26 Paesi (con presenze significative da Usa, Cina, Svizzera, Danimarca e Finlandia), a cui si sommano operatori dall’Italia e dall’estero. Intanto, però, la grande incognita dei dazi dell’amministrazione Trump incombe anche sull’olivicoltura europea e italiana: eventuali misure rischierebbero, infatti, di ridurre significativamente l’export verso gli Stati Uniti, rendendo ancor più competitivo l’olio di oliva di nazioni emergenti come la Tunisia o la Turchia.
Il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che crede in questo nuovo percorso si sviluppo della filiera dell’evo italiano, ha spiegato, comunque, che “qualitativamente l’Italia è imbattibile nel settore dell’olio e questo deve avere un riconoscimento in termini di valore. L’olio extravergine di oliva italiano deve essere pagato il giusto prezzo, che deve corrispondere alla qualità del prodotto in tavola, riconoscendo il lavoro, i diritti dei lavoratori, dell’ambiente e degli oneri che i nostri imprenditori agricoli devono sostenere”. “Sol2Expo vuole essere un momento di incontro e confronto di e per la filiera, un punto di raccordo tra imprese, istituzioni e consumatori - ha spiegato il presidente Veronafiere, Federico Bricolo - la scelta di realizzare una manifestazione interamente dedicata all’olivo e all’olio risponde proprio alla necessità di valorizzare un prodotto del made in Italy che, oggi più mai, deve credere nel suo ruolo da protagonista, sui mercati così come sulle tavole”.
Un sentiment, quello per l’olio evo italiano, che è decisamente positivo. Con un posizionamento sempre più ancorato a “qualità”, “salute” e “territorialità”, l’olio extravergine di oliva dimostra una crescente voglia di protagonismo, soprattutto sul versante del gusto. Che emerge asnche dalla consumer survey, realizzata dall’Osservatorio Sol2Expo - Nomisma. Secondo l’indagine, che ha coinvolto un campione rappresentativo di mille consumatori, gli italiani considerano l’olio evo superiore rispetto ad altri tipi di oli per qualità (89%), rapporto qualità-prezzo (85%), gusto (85%) e benefici sulla salute (79%). Il consumatore più assiduo (che lo acquista almeno una volta al mese) è un adulto over 45 con figli, risiede al Sud e ha uno stile di vita che combina attenzione alla sostenibilità, ricerca edonistica del piacere e una dimensione urbana e di legame con il territorio.
La scelta del prodotto è particolarmente influenzata dall’origine dell’olio che, insieme alla presenza di un marchio Dop/Igp, rappresenta il driver d’acquisto per oltre la metà degli acquirenti (54%). Sono poi quasi 8 su 10 gli italiani che hanno acquistato almeno una volta nell’ultimo anno un olio con Indicazione Geografica. Nonostante sia un bene irrinunciabile per il 96% delle persone nel Belpaese, rileva l’Osservatorio Sol2Expo & Nomisma, i consumatori dimostrano di avere ampi margini di miglioramento sul fronte della conoscenza. Appena due italiani su dieci sanno che la produzione di olio d’oliva rappresenta un esempio virtuoso di economia circolare, nozione che aumenterebbe la propensione all’acquisto nell’81% dei casi. Solo il 37% è poi consapevole del valore di “superalimento naturale” che l’olio evo incorpora, grazie alla sua ricchezza di antiossidanti, polifenoli, vitamine e minerali e circa un italiano su due si dichiara interessato ad approfondire.
“C’è da registrare una grande attenzione alla qualità e alle proprietà organolettiche - ha spiegato Evita Gandini, responsabile market insight Nomisma - nel fuori casa, il 46% degli italiani fa sempre attenzione all’olio in tavola, il 37% vorrebbe poter scegliere l’olio dal menu, e 4 su 10 sarebbero interessati ad approfondire le caratteristiche dell’olio evo, partecipando a corsi di food o wine pairing. Si tratta di un interesse che si riflette anche sui canali di acquisto specializzati, con un 31% di consumatori già abituato all’acquisto in oleoteca o specialty store e un 16% che effettua acquisti online su siti dedicati”.
Focus - Olio, le nuove sfide commerciali e fitosanitarie dall’Italia all’Europa
La grande incognita dei dazi dell’amministrazione americana di Trump (per ora, riguardo l’Italia, si tratta soltanto di un’ipotesi, ndr) incombe anche sull’olivicoltura europea e italiana. Dazi al 25% sull’olio italiano rischierebbero di ridurre significativamente l’export verso gli Stati Uniti, rendendo ancor più competitivo l’olio di oliva di nazioni emergenti come la Tunisia o la Turchia che quest’anno, insieme, hanno prodotto quasi 800.000 tonnellate di olio, più che sufficienti a soddisfare il consumo degli Usa, stimato dal Coi in 350.000 tonnellate. Uno scenario critico per il mondo dell’olio di oliva italiano, che esporta quasi 500.000 tonnellate di olio, 120.000 delle quali negli Stati Uniti, secondo i dati Ismea. Emerge dal Sol2Expo, oggi, a Verona, nel convegno “Italia chiama Europa: l’olivicoltura nazionale deve rifiorire”.
Le politiche commerciali americane non sono, però, l’unica sfida che il mondo olivicolo nazionale si trova ad affrontare. Oltre alla Xylella, anche altre fitopatie stanno minacciando l’olivicoltura del Mediterraneo, come le patologie alle radici dell’olivo che, a causa della necessità sempre più frequente dell’irrigazione, pongono nuove sfide tecniche. Ed ancora i cambiamenti climatici, con le frequenti siccità, che fanno oscillare molto le produzioni e i prezzi dell’olio di oliva, provocando riflessi sulle abitudini di consumo.
Un quadro che vede l’Italia in prima linea con tutta l’Europa, coinvolta in processi e dinamiche complesse che richiedono interventi sia sul fronte nazionale e comunitario. Per Dario Nardella, membro Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo, “la qualità dell’olio extravergine italiano è riconosciuta a livello internazionale ormai da decenni, ma c’è ancora molto da fare per massimizzarne il potenziale: oggi la sfida è quella di tradurre le aspettative del settore in azioni concrete e urgenti per rilanciare l’olivicoltura italiana. Bisognerà, quindi, puntare e lavorare sui principali punti di forza del settore per favorirne il rilancio: un prodotto sempre fortemente legato alla territorialità, un’ampia biodiversità autoctona, l’esperienza dei nostri produttori nel fornire un prodotto di elevata qualità e, infine, il ruolo paesaggistico e ambientale degli oliveti, che rappresenta un importante elemento di valorizzazione del territorio e al tempo stesso del prodotto”. Stefano Cavedagna, membro Commissione Mercato interno al Parlamento Europeo, sostiene che “l’olivicoltura italiana è sotto attacco da più̀ fronti: la Xylella ha decimato gli uliveti, la variazione delle temperature mette a rischio qualità e quantità della produzione, il Green Deal europeo ostacola i produttori del settore agroalimentare con norme ideologiche. L’Europa è stata fino ad oggi un limite. Servono un piano di difesa fitosanitaria serio e la tutela dei nostri produttori dalle importazioni a basso costo. Difendere l’olio italiano significa proteggere la qualità, il made in Italy e il lavoro di un intero settore. Bruxelles faccia qualcosa per tutelare il mercato dell’olio, anche tramite politiche che stimolino il giusto prezzo di vendita”.
Patrizio La Pietra, Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole e Sovranità Alimentare, con delega all’olivicoltura, ha sottolineato che “il Governo Meloni ha investito in due anni oltre 11 miliardi di euro per l’agricoltura, e a fronte dell’importanza strategica del settore olivicolo abbiamo introdotto misure concrete a supporto del comparto, a partire dai pagamenti diretti per il reddito, gli investimenti finalizzati a migliorare la qualità e la sostenibilità, l’ammodernamento dei frantoi, il cui bando è stato un autentico successo con un’adesione massiccia da parte degli operatori, su cui abbiamo messo importanti fondi del Pnrr, la tutela degli olivi di valore paesaggistico. Pochi giorni fa abbiamo convocato al Ministero un tavolo specifico per la Xylella, in cui abbiamo voluto ribadire l’importanza che tutto il Governo Meloni attribuisce al settore olivicolo, di cui la Puglia è il cuore pulsante, un’attenzione che si è evidenziata anche nello stanziamento delle scorse settimane di 30 milioni di euro, per impiantare colture resistenti nelle zone colpite dalla Xylella e ricostruire un patrimonio produttivo e paesaggistico fortemente danneggiato. Gestione della Xylella che avrà uno spazio specifico nel Piano Olivicolo Nazionale”, conclude La Pietra.
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