“Cominciai a sentirmi vivo solo a 29 anni, quando per la prima volta incontrai una donna con la quale mi piaceva stare insieme. Allora due anni di Lago d’Orta fecero quello che non aveva fatto l’America. Vede: ci sono cose tenere, affettuose, vere, che uno o le trova a un palmo da casa sua o non le trova in capo al mondo”: parole, di pura poesia, che intrecciano le emozioni ai luoghi del Belpaese, e che quando parlerà del mondo dell’agricoltura e del vino italiano, diventeranno delle vere e proprie “degustazioni di paesaggio” quelle che Mario Soldati dice a Guido Gerosa, in un’intervista sullo storico settimanale “Epoca” della Arnoldo Mondadori Editore del 30 ottobre 1966. In occasione dei 25 anni dalla scomparsa di uno dei più grandi narratori del Novecento, maestro del giornalismo enogastronomico italiano (il 19 giugno 1999 a Tellaro, in Liguria), al Palazzotto di Orta San Giulio si è aperta la mostra “Non solo copertina. Proprio tutti i libri di Mario”, a cura di Roberto Cicala e il Centro Novarese di Studi Letterari, visitabile fino al 23 giugno: esposte tutte le prime edizioni delle sue opere da “Salmace” (La Libra, 1926) all’opera omnia curata da Cesare Garboli (Rizzoli, 1994), accompagnate da fotografie ritrovate a Orta, conservate dai molti amici che l’autore aveva nella città, e da documenti provenienti dai fascicoli dedicati a Soldati dell’archivio storico Arnoldo Mondadori Editore, conservato in Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.
Giovanissimo protagonista della vita culturale italiana fin dagli anni Trenta, Mario Soldati è anche uno dei primi professori di lettere che vengono invitati a varcare l’Oceano e portare la cultura europea a New York. Un’esperienza raccontata nel libro “America primo amore”, e dopo la quale torna in Italia e decide di risiedere due anni proprio sul Lago d’Orta per prendere decisioni sulla sua letteratura e le sue arti future. Soldati sarà al centro della nascita del grande cinema italiano, della televisione, dell’identità nazionale. Solo dopo il 1961 si dedicherà in maniera esclusiva al giornalismo e alla scrittura grazie proprio ad un contratto decennale con Mondadori che lo porterà a scrivere i suoi capolavori, tra cui “L’attore” con cui vincerà il Premio Strega nel 1971. Gli anni Settanta gli si addicono meno: il clima di scontro civile lo deprime, anche se non smette di raccontare il diritto e il rovescio dell’identità singola e collettiva. Gli anni Ottanta, con le cronache del Mundial spagnolo, lo fanno tornare alla ribalta e progressivamente diventa autore di culto.
Il primo film trasmesso dalla neonata Rai il 3 gennaio 1954 fu una sua opera, “Le miserie del signor Travet”. Sempre per la Rai, nel 1957 Soldati gira il primo reportage enogastronomico della storia: è infatti ideatore, regista e conduttore dell’inchiesta televisiva “Alla ricerca dei cibi genuini - Viaggio nella valle del Po”, una delle trasmissioni più fortunate e feconde della televisione italiana, considerata un documento d’importanza antropologica. Come lo sarà anche “Vino al vino. Alla ricerca dei vini genuini”: non una semplice guida enologica, ma un libro che parla di paesaggi, di uomini, di case, ville e castelli incontrati e amorevolmente scrutati in un itinerario alla ricerca di una civiltà autentica, legata alla terra e al clima, che ha nel vino uno dei suoi prodotti più sinceri, frutto dell’equilibrio tra natura e cultura. Opere con le quali nasce, di fatto, la figura del giornalista enogastronomico. Colui che, raccontando il legame tra i prodotti italiani ed i loro territori, contribuisce a creare e, quindi, a trasmettere, la nostra identità, facendola conoscere prima agli italiani e poi al mondo. Ovvero al grande pubblico.
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