Potrebbero scendere del 10% le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti. L’attacco a New York ed al Pentagono hanno inferto un colpo durissimo alla speranza di evitare una brusca frenata dell’economia mondiale. Le stime diffuse in questi giorni dall’American Chamber of Commerce in Italy non sono rassicuranti. Le preoccupazioni degli imprenditori che hanno rapporti commerciali con l’altra sponda dell’Atlantico sono insomma più che giustificate: -10% per le vendite italiane verso gli States e rallentamento negli acquisti negli Usa del 5%. A pagare il conto più salato, stando al giudizio degli economisti, sarebbero proprio i settori più tradizionali del made in Italy, moda e “wine & food” in particolare. Ma la cautela, in questa fase, è d’obbligo.
Lars Leicht, manager di Banfi Vintners, spiega che “questo attentato all’umanità è ancora troppo vicino per parlare di altre cose rispetto all’atrocità, al dramma umano. Sforzandosi di non pensare a questo, e di ragionare degli effetti economici, è reale una fase di recessione. Molti “big spender” inizieranno a ragionare diversamente: non solo un problema di prezzi, ma ci saranno dinamiche psicologiche a seconda anche degli sviluppi della crisi mondiale”. “Tuttavia - continua Leicht - sono convinto che, dopo un periodo, che comunque non sarà brevissimo, l’economia Usa sarà nuovamente forte, forse più forte di prima. E, quindi, gli Usa torneranno ad avvicinarsi con interesse, sempre crescente, al vino ed ai prodotti enogastronomici di qualità d’Italia. In questa fase, cercheremo anche di essere solidali anche con i tanti ristoratori italiani, che hanno fatto la fortuna dei prodotti tipici d’Italia, e che in questo drammatico attentato, hanno perso tutto”. ”L’atroce atto terroristico - commenta Gianluca Bisol, uno dei migliori produttori di Prosecco e di Cartizze - che ho vissuto in prima persona (Bisol era a Manhattan ad un tasting con gli importatori Usa a soli 2 km dalle torri gemelle ed è potuto tornare in Italia solo ieri, ndr) e le sue conseguenze interrompono un momento molto positivo dell’immagine dell’italian style negli Usa. In questa fase, dovremo quindi essere noi a muoversi verso gli Usa con missioni singole e collettive per riprendere gli ottimi rapporti con il sistema produttivo e commerciale degli Stati Uniti”.
Dello stesso avviso anche Jacopo Biondi Santi, nome famoso nel mondo per il Brunello di Montalcino e chairman dell'Italian Wine & Food Institute (strumento di promozione dell’Italia del vino negli Usa, ndr), che osserva che “saranno pesanti le ripercussioni sui vini italiani, non solo perché gli Usa sono il secondo mercato più importante per il nostro export (1200 miliardi, nel 2000, ovvero il 25% dell’export in valore del vino italiano, ndr), ma anche perché Manhattan costituisce il luogo privilegiato per i vini ed i prodotti tipici della tavola made in Italy di alta fascia. E se si ferma Manhattan, si blocca un po’ tutto”. “Come chairman dell’Italian Wine & Food Institute, dovrò poi, nei prossimi mesi, insieme al presidente Lucio Caputo (che si è miracolosamente messo in salvo, ndr), rifondare l’Istituto. Nel crollo del World Trade Center (dove l’Istituto aveva sede, al 78 piano, ndr) abbiamo perso tutto: dovremo andare a memoria d’uomo ed anche i due eventi - il tradizionale Italian Gala (nel 2000, 2180 operatori, giornalisti e ristoratori per 82 case vinicole italiane e 260 vini in degustazione, ndr) dei primi giorni di novembre e l’evento sui Supertuscan a fine ottobre - sono in forse. A metà ottobre, andrò negli Usa, ed insieme a Lucio Caputo, cercheremo - conclude Jacopo Biondi Santi - di pianificare nuovamente l’attività dell’Istituto. Nei prossimi mesi, forse anni, dovremo comunque, oltre a “solidarizzare”con gli Usa, fare promozione: dopo quello che è successo credo che dovremo noi andare a trovare i big spender, gli importatori, i compratori americani, chiaramente non appena sarà superato lo shock comprensibile di questi giorni. Ho comunque fiducia nella rapida ripresa degli States”.
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