02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024
CON GLI AFORISMI DI WINENEWS

Molière e il Re Sole a tavola, tra le prime e più celebri fake news “di successo” della storia

Il falso aneddoto di Versailles, è lo spunto per raccontare come cibo, vino e spirits abbiano ispirato, nel bene e nel male, i più grandi letterati

Se il pranzo del Re Sole con Molière a Versailles non è che una fake news - nonostante la fortuna delle sue raffigurazioni, funzionali all’immagine di un Luigi XIV più “umano” e vicino alla borghesia - è noto come uno dei più grandi commediografi della storia, del quale quest’anno si celebrano 400 anni dalla nascita (il 15 gennaio 1622, a Parigi) nella sua Francia ma anche in Italia, era solito pubblicare annunci in cerca di cuoche “digiune di lettere” alle quali leggere “in anteprima” le sue opere appena scritte per vedere che impressione facessero su una mente semplice. E nelle quali il cibo e la cucina non mancano, ed hanno anzi un ruolo da protagonisti come è proprio della commedia dell’arte. A partire dalle più famose: da Sganarello, buontempone amante del vino, alla cena del suo padrone, il “Don Giovanni”, con la statua funebre del Commendatore, da “il vero Anfitrione” che è quello “alla cui tavola si pranza” e nella quale il vino non manca, a Scapino, il servo malandrino reo confesso di aver bevuto il vino del padrone, e “Tartuffo” che, nel francese antico, indicava sia il tubero sia la persona disonesta, dal sontuoso banchetto del “Borghese Gentiluomo” alla cena di matrimonio de “L’avaro” Arpagone, così “magra” da ricordare quella de “Il malato immaginario”. Ma lontana dall’idea del suo autore, per il quale “grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico”.
La storia del falso aneddoto tra il Re Sole e Molière, ricordata nei giorni scorsi nella Terza Pagina domenicale de “Il Sole 24 Ore” ci offre lo spunto per raccontare come il cibo, il vino e gli spirits abbiano ispirato i più grandi scrittori. Nel bene, come tante volte abbiamo ricordato su WineNews, ma anche nel male, come si intuisce fin dal titolo di “Bere come un vero scrittore. 100 ricette per ricreare i drink che hanno ispirato i giganti della letteratura” di Margaret Kaplan con la traduzione di Camilla Pieretti e le illustrazioni di Jessica Fimbell Willis (edizioni il Saggiatore, 2021, pp. 296, prezzo di copertina 14,90 euro), una raccolta di ricette, dosi, consigli, aneddoti per preparare e gustare i drink bevuti e raccontati dai più grandi scrittori e poeti di tutte le epoche. Come l’assenzio della Closerie des Lilas, a Parigi, amato da Charles Baudelaire, Paul Verlaine e Oscar Wilde. O il Gin Rickey per dissetarsi prima di cena come Francis Scott Fitzgerald. E se il Manhattan è il cocktail per eccellenza di Dashiell Hammett, il Black Velvet era il prediletto di Donna Tartt, mentre il Vesper Martini (agitato) era quello di Ian Fleming. Jane Austen era una grande amante del Negus, Walter Scott del Gin Twist, e Gustave Flaubert dell’Hot Toddy speciale. Hunter S. Thompson lavorava tutta la notte alla macchina da scrivere buttando giù Singapore Sling (con Mescal e birra a parte), James Baldwin e Norman Mailer tiravano fino al mattino nella White Horse Tavern, a New York. Dylan Thomas è famoso anche per il record di 18 whisky bevuti di fila. Senza dimenticare l’Horse’s Neck di Noël Coward o il Bloody Mary da colazione di Raymond Carver.

Da Platone a Hemingway, da Dante a Shakespeare, il vino per i più grandi autori di tutti i tempi negli aforismi raccolti da WineNews
“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo” secondo uno dei più grandi scrittori del Novecento, Ernest Hemingway. Ecco una verità che può apparire riflessa nel calice che abbiamo bevuto nei giorni di tempo sospeso a causa dell’emergenza Coronavirus, sintesi di come il vino è cultura, storia, persone, natura, quotidianità. Quando, per diletto o per esorcizzare, WineNews ha provato a scandirlo con gli aforismi enoici. Del resto, “il vino è il più certo, e (senza paragone) il più efficace consolatore”, per dirla alla Leopardi, uno dei più importanti poeti della letteratura mondiale, e “il canto della terra verso il cielo”, come ci ha insegnato uno dei fondatori più illustri della moderna gastronomia italiana, Luigi Veronelli. “Il vino aggiunge un sorriso all’amicizia ed una scintilla all’amore”, scriveva l’autore del libro “Cuore” Edmondo De Amicis, sentimenti che ritroveremo, aggiungiamo noi.
È osservando ciò che ci circonda, che le prime parole a venirci in mente sono quelle del genio italiano per eccellenza, Leonardo, ed il suo invito a riflettere di come “et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni”. E “guarda il calor del sol che si fa vino, giunto dall’umor che da la vite cola”, fanno eco quelle del sommo poeta Dante e della “Divina Commedia”. Sì perché “altro il vino non è se non la luce del sole mescolata con l’umido della vite” sosteneva anche il padre della scienza moderna, Galileo Galilei. Illustri italiani che ci ricordano le fortune del vivere in ogni luogo d’Italia. E non solo, perché, il paragone con il sole lo si deve anche al grande scrittore irlandese James Joyce nel suo capolavoro “Ulysses”: “il vino fulgido sul palato indugiava inghiottito. Pigiare nel tino grappoli d’uva. Il calore del sole, ecco che cos’è. È come una carezza segreta che mi risveglia ricordi”.
Già il vino. Come diceva Jean Anthelme Brillat-Savarin, uno dei più grandi gastronomi di tutti i tempi, “un pasto senza vino è come un giorno senza sole”. E “quale mirabile frutto ha prodotto la pura vite, ogni tavola diventa lieta se ci sei tu”, riecheggiano nell’orecchio le note del compositore tedesco dei “Carmina Burana” Carl Orff, mentre scendiamo in cantina per scegliere la bottiglia da stappare, ricordando sempre che “la vita è troppo breve per bere vini mediocri” come disse il grande letterato tedesco Wolfgang Goethe, e che “il vino non si beve soltanto. Si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e ... se ne parla” come amava dire il Re Edoardo VII (#Ioscendoincantina è l’hashtag di WineNews per condividere anche sui social gli aforismi enoici raccolti, per professione e passione, dal direttore Alessandro Regoli). E quando è il momento, sono invece le parole del grande poeta duecentesco senese Cecco Angiolieri, a venirci in mente: “sia benedetto chi per primo inventò il vino che tutto il giorno mi fa stare allegro”! Perché, anche nella quotidianità in famiglia, “dove non è vino non è amore e null’altro diletto hanno i mortali” come recitano i versi di uno dei maggiori poeti greci, Euripide. Ma, anche per uno degli scrittori universalmente più amati come Oscar Wilde, “per conoscere l’annata e la qualità di un vino non è necessario berne l’intera botte”. Parole ben più lievi dell’“oh tu, invisibile spirito del vino, se proprio non hai alcun nome con cui ti si possa chiamare, lascia pur che ti si chiami col nome del demonio!” che Shakespeare, il più celebre drammaturgo al mondo, fa dire al suo “Otello”.
Intanto, mentre le immagini ci scorrono davanti in Tv, dall’Italia e dal mondo, riflettiamo con lo scrittore e giornalista Corrado Augias, che “Dio ha creato le medicine per guarire le malattie, il vino per guarire la tristezza e ha creato i sogni per guidare chi è cieco nel cammino della vita”, in un paragone che ci ricorda anche la poesia greca quando Pindaro recita come “il vino eleva l’anima e i pensieri, e le inquietudini si allontanano dal cuore dell’uomo”. “Il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande” sosteneva anche il chimico francese, e fondatore della moderna microbiologia, Louis Pasteur. Perché “il vino per l’uomo è come l’acqua per le piante, che in giusta dose le fa stare bene erette”, secondo il grande filosofo Platone, “… ma soprattutto nel buon vino ho fede e credo che sia salvo chi gli crede …”, diceva il quattrocentesco poeta fiorentino Luigi Pulci. E “se il vino sparisse dalla terra, credo che nella salute e nell’intelligenza dell’uomo si formerebbe un vuoto, un’assenza di molto più spaventosa di tutti gli eccessi dei quali il vino è fatto responsabile”, era convinto il poeta maledetto Charles Baudelaire.
Chi, nel tempo che ci è stato dato a disposizione, non ha rovistato nel cassetto dei ricordi, sorprendendosi di fronte agli oggetti ritrovati che come “non tutto il vino, come non tutti i caratteri, pigliano d’aceto nella vecchiaia” diceva uno dei più grandi oratori di tutti i tempi come Cicerone? D’altra parte, di ciò che è vecchio, scriveva il drammaturgo irlandese Oliver Goldsmith, ci piace tutto “vecchi amici, vecchi tempi, vecchie maniere, libri antichi, vecchi vini”. “C’è saggezza nel vino”, secondo il padre della “Beat Generation”, Jack Kerouac, e bisogna essere sempre pronti “a una nuova idea e ad un antico vino” proprio come il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht. Vero è, però, che “non sempre il vino nuovo fa dimenticare quello che la vite ci donò l’anno prima” secondo il poeta greco Simonide. Un po’ di musica? “Una gemma di smeraldo in montatura d’oro: tale è l’armonia dei canti uniti al dolce vino”, sosteneva il religioso francescano Tommaso da Celano. Dal sacro al profano, come la poetessa Alda Merini, “a me piacciono gli anfratti bui delle osterie dormienti dove la gente culmina nell’eccesso del canto, a me piacciono le cose bestemmiate e leggere, e i calici di vino profondi, dove la mente esulta, livello di magico pensiero”. “Viva le femmine, viva il buon vino, sostegno e gloria d’umanità”, canta nel Don Giovanni uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, Wolfgang Amadeus Mozart. Ma c’è anche il “regista” del Rinascimento fiorentino, Lorenzo de’ Medici, il Magnifico e la sua “Canzona di Bacco”: “donne e giovinetti amanti, viva Bacco e viva Amore! Ciascun suoni, balli e canti! Arda di dolcezza il core! Non fatica, non dolore! Chi vuol essere lieto, sia: quel c’ha a esser, convien sia. Di doman non c’è certezza”. “Bacco d’ogni piacer volge le chiavi, fondator di speranze, rallegrator di danze, disgombrator d’omei; quindi de’ pensier miei il vò gridar signore”, recitava il poeta Chiabrera, proprio alla corte dei Medici, dove anche il medico più alto in grado e letterato Francesco Redi scriveva nel “Bacco in Toscana”: “questo liquore che sdrucciola al core, oh come l’ugola e baciami e mordemi! Oh come in lacrime gli occhi disciogliemi! Me ne strassecolo, me ne strabilio, e fatto estatico vo in visibilio”.
Nella ripartenza ci accompagnano i versi del poeta settecentesco Giuseppe Parini e le sue “belle ch’or s’involano schife da noi lontano, verranci allor pian piano loro brindisi ad offrir. E noi compagni amabili che far con esse allora? Seco un bicchiere ancora bere e poi morir”. Ma anche quelli di Giosuè Carducci e di una delle poesie più famose della letteratura italiana come “San Martino” (chi non l’ha imparata a memoria a scuola!): “ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar”. Perché, ci ricordano le parole del grande scrittore cileno Pablo Neruda, “il vino muove la primavera, cresce come una pianta di allegria, cadono muri, rocce, si chiudono gli abissi, nasce il canto”, nella sua bellissima “Ode al vino”.
Niente vino per cena? Ma se “è per l’anima ciò che l’acqua è per il corpo”, scriveva poeticamente il grande scrittore Mario Soldati, perché no. Una verità universale, se si pensa a quanto recitano di simile persino i versetti nel Corano, “ecco il quadro del Paradiso che è stato promesso agli uomini pii: ruscelli nei quali l’acqua scorre eternamente limpida, ruscelli di latte eternamente fresco, ruscelli di vino, delizia di quelli che ne berranno”, e di cui le parole dello studioso sunnita Shaykh Abd Al-Ghani Al-Nabulsi “il vino è la bevanda dell’amore divino”, sono la sintesi perfetta. E del resto, per Victor Hugo, uno dei padri del Romanticismo, “Dio aveva fatto soltanto l’acqua, ma l’uomo ha fatto il vino”. Ricordando, è ovvio, la Regola di San Benedetto e il suo “De mensura potus”, “una emìna (misura greca che equivale a mezzo litro, ndr) di vino al giorno sia sufficiente … e che in nessun caso subentri sazietà o ubriacatezza”. Stavolta la scelta è caduta su un bianco, ma “va servito assiderato!” diceva il grande comico ed attore Totò. Bianco, rosso, bollicine: non c’è verità più vera di quella del poeta e drammaturgo scozzese Robert Louis Balfour Stevenson: “il vino è poesia imbottigliata”.
Nella notte “lo splendore della luna, colla sua luce, ha dilacerata la veste della notte; bevi vino, ché un momento simile non è possibile trovare; sii lieto e pensa che molti splendori di luna verranno l’un dopo l’altro sulla faccia della terra”, sono le parole, antichissime eppure così attuali, del “poeta del vino” persiano Omar Khayyàm (i cui aforismi sono tantissimi, e bellissimi: “c’è nessuno che conosca il segreto del futuro. Quello che vi serve è del vino, dell’amore e del riposo a piacere”, “uomo compi azioni ben peggiori che bere il vino”, e “se bevi vino, bèvilo insieme ai sapienti, o insieme a un bella dal volto ridente di tulipano”, solo per citarne alcuni). E, poco prima di coricarsi e chiudere gli occhi, pensiamo al poeta arabo Abu Nuwàs, che “versò un vino puro, cui basta guardare per essere colti di sonno”.
E proprio di Khayyàm, sono i versi di un “poetico finale”: “il giorno che sarà strappato l’albero della mia vita … Dalla mia argilla si farà, forse, una coppa. Da quella, riempita di vino, io rinascerò …”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024