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GUERRA COMMERCIALE

Mosca, niente vini stranieri nei brindisi di Stato. Ma le importazioni crescono, e l’Italia è leader

Nei primi tre mesi 2019 le spedizioni dal Belpaese crescono del 5,85% per i vini fermi, a 48,7 milioni di euro. Frenano gli spumanti
RUSSIA, vino, Mondo
Russia, niente più vini stranieri per i brindisi di Stato

Se qualche anno fa fu Pechino a far calare l’ascia dell’austerity sui consumi di fine wine ai piani alti dell’amministrazione e del Governo cinese, adesso è la volta di Mosca che, per motivi decisamente più politici, in coda alla dura battaglia dei dazi con la Ue iniziata nel 2014, ha deciso di aggiungere vini provenienti dall’estero all’elenco di prodotti proibiti agli enti pubblici nazionali e municipali. Come racconta “Il Sole 24 Ore”, il Primo Ministro Dmitrij Medvedev ha firmato ieri il provvedimento, che fa riferimento al decreto governativo n. 832 del 22 agosto 2016, cita espressamente le categorie dei vini fermi e spumanti, dei liquori e dei vini fruttati, ed entrerà in vigore a partire dal 1° luglio prossimo.
È bene sottolineare, però, che le nuove restrizioni sul vino non riguardano l’import e la vendita negli esercizi commerciali, nei negozi, negli alberghi e nei ristoranti, ma soltanto gli acquisti di Stato e nei casi in cui sul mercato siano disponibili prodotti alternativi o equivalenti di origine russa. Un segnale più simbolico che pratico, in un Paese sempre più importante per l’Italia del vino, che a Mosca e dintorni è leader da anni: nei primi tre mesi 2019, come raccontano i dati del Federal Customs Service of Russia, le esportazioni di vini fermi sono cresciute del 5,85%, a quota 48,7 milioni di euro, pari ad una quota di mercato del 25,5%, mentre le bollicine fanno un piccolo passo indietro, perdendo il 4,01% e fermandosi a 14,4 milioni di euro, per una quota di mercato che scende al 50,37%. Nel complesso, le importazioni nel periodo sono cresciute del 13,15% in termini globali per i vini fermi e del 5,6% per gli spumanti. Dietro all’Italia, stando sui vini fermi, corrono tutti i nostri competitor, dalla vicina Georgia (+32,6%, 35 milioni di euro) alla Francia (+12,6%, 34 milioni di euro), dalla Spagna (+15,2%, 34 milioni di euro) agli esportatori ancora marginali come Cile (+20%), Portogallo (+40%) e Nuova Zelanda (+90%). Guardando al mercato delle bollicine, la Francia è cresciuta nei primi tre mesi 2019 del 16,7%, a quota 10 milioni di euro, e la Spagna addirittura del 39,6%, ma ancora distante, a 3 milioni di euro.
Al di là del valore simbolico del provvedimento firmato ieri dal Primo Ministro Medvedev, resiste comunque la volontà di far crescere il comparto vinicolo nazionale, nella prosecuzione di un progetto iniziato proprio nel 2014, con la forte spinta del Ministero dell’Agricoltura russo allo sviluppo del settore, che ha visto crescere la superficie vitata nazionale ad una media di 3.600 ettari l’anno, e di ben 6.000 nel solo 2016, e che dovrebbe raggiungere, nel 2020, un’estensione di 140.000 ettari coltivati a vigneto, almeno secondo i piani “autarchici” dello stesso Presidente Putin, rilanciati proprio con l’annessione della Crimea, storica regione vinicola, nel 2014, ma anche con il rilancio dei vini della regione di Krasnodar fuori dai confini nazionali.

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TAG: RUSSIA, vino

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