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Nell’epoca dell’informazione, si può prevedere con estrema cura ogni sorta di fenomeno, persino il sapore che avrà un vino quando le uve sono ancora attaccate alla pianta. Ne sono convinti gli scienziati dell’Università di Adelaide e Australia

Nell’epoca dell’informazione, si può prevedere con estrema cura ogni sorta di fenomeno, persino il sapore che avrà un vino quando le uve sono ancora attaccate alla pianta. Ne sono convinti gli scienziati del Csiro, l’agenzia di ricerca nazionale dell’Università di Adelaide e Australia, che, partendo dallo studio (finanziato anche dall’Agw - Australian Grape & Wine Authority) sui composti che regolano il sapore delle uve Cabernet Sauvignon, ritengono addirittura di poter influenzare il sapore finale di un vino manipolando la composizione chimica delle uve.
“In sostanza - spiega al magazine britannico “Decanter” (www.decanter.com) il dottor Paul Boss, del Csiro - stiamo cercando di vedere se è possibile predire gli attributi sensoriali del vino dai composti o da altri parametri di misurazione delle uve”. Così, si potrebbe orientare il carattere di un vino prima ancora prima che le uve vengano raccolte, anche se molti produttori sostengono che, attraverso il lavoro in cantina, questa possibilità, in realtà, esiste già.
“Potenzialmente - aggiunge Boss - in futuro saremo in grado di intervenire “in tempo reale” in vigna, alterando la composizione del frutto e quindi le proprietà del vino”. Un esempio di un composto capace di caratterizzare il sapore dell’uva, e quindi di un vino, è la metossipirazina, responsabile del tipico sentore di peperone del Cabernet Sauvignon: “ora sappiamo che viene prodotta nelle prime fasi di sviluppo dei frutti, e che l’esposizione alla luce può ridurne lo sviluppo. È possibile misurare i livelli di questo composto dopo poche settimane dall’allegagione, e prevedere se l’annata avrà un livello alto o basso di metossipirazina, semplicemente gestendo a nostro piacimento la chioma della vite, a seconda di ciò che stiamo cercando di avere”.

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