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NELLO SCONFINATO PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E CULTURALE ITALIANO DA SALVARE DALL’OBLIO, CI SONO ANCHE LE RICETTE, DA ADOTTARE, DELLA TRADIZIONE CONTADINA, CHE OGGI TORNANO A RIVIVERE SUL SITO DELL’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

Nello sconfinato patrimonio storico, artistico e culturale italiano da salvare dall’oblio, ci sono anche le tante ricette della tradizione tramandate dalla cucina contadina, che oggi tornano a rivivere sul sito dell’Accademia Italiana della Cucina. Su www.accademia1953.it, l’Accademia mette a disposizione di tutti 10 antiche ricette legate alle primizie primaverili “da adottare”, indicando, per ogni Regione d’Italia, le erbe spontanee da salvare: dagli “asparagi con le uova in cereghin”, tipico piatto lombardo, alla genovese “torta pasqualina”, dalla “garmugia lucchese” ai veneti “risi e bisi”, ecco il modo ideale per riscoprire la cucina naturale, frutto del lavoro e della passione dell’uomo per la propria terra.
In un’ epoca in cui il fenomeno della globalizzazione rischia di portare all’omologazione delle culture, l’Accademia Italiana della cucina ha voluto riportare alla luce anche un “pezzo d’Italia nascosta”, rappresentato da quelle specialità vegetali di nicchia allo stato “selvatico”. Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia sono circa 40 le tipicità censite sul proprio sito, alcune delle quali oramai in via di estinzione: dalla ligure “persega”, alle “pastinache” del Trentino, dalle “crispignole” delle Marche al “lambascione” pugliese, solo per citarne alcune. Erbe o radici che nascono in montagna, nei boschi o ai margini delle strade e che, per i loro sapori unici, rappresentano un bacino indispensabile per la nostra cucina. Senza dimenticare le riconosciute proprietà nutraceutiche che rendono questi vegetali un must per l’alimentazione moderna orientata al binomio gusto salute.
“I prodotti della cucina dell’orto - racconta Giovanni Ballarini, Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina - hanno sostenuto in passato intere generazioni appartenenti alle classi più povere. Ma ancora oggi erbe selvatiche, legumi, bulbi, radici, ortaggi da fiore, da fusto continuano ad impreziosire con le loro caratteristiche molte preparazioni gastronomiche della nostra tavola. L’orto italiano, inoltre, non è soltanto un inesauribile fornitore di materie prime per il cuoco ma è anche un grande spazio economico: l’ortofrutta vale un quarto della “ricchezza verde” del paese, il 40% dell’intera Europa, per un valore di circa 11 miliardi di euro distribuiti fra tutte le Regioni italiane”.

Focus - Gli italiani e l’”orto mania”
È sempre più “orto mania”. Oltre 18 milioni di italiani, secondo i dati Nomisma, coltivano per passione un piccolo appezzamento di terra. Magari accontentandosi del poco spazio che concede un terrazzo o un balcone, mentre grandi chef stellati - da Antonello Colonna a Ernesto Iaccarino - hanno un orto attiguo al ristorante, bacino fondamentale della propria proposta gourmet. Una nuova consapevolezza “bio” che ha fatto proseliti anche all’estero: Michelle Obama alla Casa Bianca si diverte a coltivare nel suo orto legumi, patate e verdure di ogni genere. E alcune città italiane stanno addirittura pensando di trasformare giardini e spazi verdi in luoghi “sociali” di coltivazione di frutta e verdura.

Focus - Alla scoperta delle erba selvatiche da salvare
Valle d’Aosta: “barba di becco”, “ soncino”
Utilizzo: nelle insalate accompagnando le verdure dell’orto.

Piemonte: “spinaci selvatici”, “ajucche” “luppolo”, “Erba di San Pietro”
Utilizzo: Gli spinaci selvatici sono usati prevalentemente come contorno. Le ajucche o agiuche, sono piante erbacee spontanee perenni e rustiche simili agli spinaci, si usano nelle zuppe con parti di maiale. Il luppolo si gusta con frittate, insalate cotte e minestre in brodo. L’erba di San Pietro è tipica con frittate, salse, ripieni, torte di verdura.

Liguria: “persega” (maggiorana), “tremoeo” (Timo)
Utilizzo: diffuse soprattutto nello spezzino, servono ad aromatizzare cibi di mare e di terra. Assumono inoltre anche un ruolo eupeptico- digestivo.

Lombardia: “cime di luppolo (luvertis, luertis)”, “asparagina”
Utilizzo: raccolte in aprile, lungo le siepi e ai limiti dei boschi, entrambe le erbe si addicono a frittate, minestre e risotti oppure, scottate in acqua bollente e condite con olio e limone, a gustoso contorno.

Trentino Alto Adige: “erba cipollina”
Utilizzo: l’erba cipollina si utilizza in molti piatti, in particolare nelle zuppe, con i canederli.

Veneto: “asparagi selvatici”
Utilizzo: in particolare nei risotti e nelle frittate della tradizione locale

Friuli Venezia Giulia: “tarassaco”, “finocchio selvatico”
Utilizzo: entrambi usati come condimento nella minestre tradizionali

Emilia Romagna:”stridulo”, “liscari”, “erba grassa”, “rucola”, “asparagina”, “ortica”, “tarassaco” e “raperonzolo”
Utilizzo: i liscari, erba che cresce ai margini delle saline, nei pressi di Cervia, è ottima soprattutto cotta al vapore. Lo stridulo invece si usa al posto della carne per realizzare un ottimo ragù oppure per una saporita minestra. L’erba grassa viene utilizzata come insalata, mentre la rucola sia come insalata che per le paste. L’Asparagina selvatica o “sparzenna” i cui giovani getti, in primavera sono raccolti ed utilizzati per le ottime “Tagliatelle al ragù di asparagina” e per la “frittata di asparagina”. L’ortica i cui giovani getti tritati sono impastati nella sfoglia al posto degli spinaci per le “tagliatelle verdi” e le “lasagne verdi”, sempre al posto degli spinaci nel ripieno dei “tortelloni da vigilia”. Il Tarassaco o “pessalaet” a fine inverno, inizio primavera le giovani foglie sono usate per una “insalata alla contadina” cioè condita con pancetta ed aglio. Il raperonzolo infine viene impiegato nei sughi, nelle salse e nei ripieni ma è ancora più piacevole crudo condito con un po’ d’olio e sale.

Toscana: “barba di prete massese”, “erbe di campo o radicchi”, “borragine”, “stridoli”
Utilizzo: la barba di prete massese viene cucinata fritta ed è davvero eccellente in padella con la salsiccia, oppure in umido. Le “erbe di campo” (i cosiddetti “radicchi”) come i terratrepoli, il tarassaco, la salvastrella, le cicerbite e il cicorino (solitamente utilizzati in insalata o per gustose frittate), e i “vitalbini” (i germogli della vitalba che vengono raccolti in primavera) anch’essi utilizzati per frittate. Altre erbe da segnalare sono la “borragine”, utilizzata nella preparazione di minestre e nella farcitura di pasta fresca o torte salate, la “portulaca” (detta anche “porcellana”) abbinata ad insalate con pomodori e acciughe, e infine gli “stridoli” utilizzati nella farcia di tortelli o per il condimento di risotti in bianco.

Marche: “olibri”, “crispignole”
Utilizzo: Gli olibri si lessano in acqua salata e si ripassano in padella. Rappresentano il companatico della tradizionale “crescia”. Le crispignole invece si mangiano cotte al vapore, sia le foglie che le radici.

Umbria: “finocchio selvatico”, “asparagi selvatici”
Utilizzo: il finocchio selvatico si utilizza principalmente nelle minestre. Gli asparagi selvatici sono alla base di un piatto tradizionale umbro, abbinati alle ceriole, una pasta fatta in casa di acqua e farina.

Lazio: “cicorietta”, “piedi di papavero”, “borragine”,” cime di gallo”
Utilizzo: tutte queste erbe naturali vengono utilizzate nella misticanza romana”, la vera e tradizionalissima insalata mista di erbe spontanee della campagna romana

Abruzzo: “olaci”, “annit” (finocchio selvatico)
Utilizzo: Gli olaci sono una specie di spinaci selvatici che nascono in montagna e vengono utilizzati per minestre o risotti o lessati e condito con olio come contorno. L’annit è un tipo di finocchietto selvatico dal sapore acutissimo che viene utilizzato in un tradizionale pasto abruzzese, chiamato “Le virtu” che contiene una grande varietà di ingredienti vegetali, sia primaverili che invernali.

Molise: “cicoria”, “crespini”, “ortiche”, “nepitella”, “asparagi”
Utilizzo: si tratta di verdure selvatiche usate da sole, ripassate o con legumi, nelle minestre, nei ripieni e nelle frittate. Famosa quella pasquale delle 101 uova , ove sovrani sono gli asparagi e la nipitella.

Campania: “finocchio di Napoli”
Utilizzo: nelle minestre

Puglia: “lambascione”, “smirnio”, “sporchio”, “sivoni”, “finocchietto selvatico”, “borragine”, “cardi selvatici”
Utilizzo: il lambascione si cucina lesso o condito con olio ed aceto o anche cotto al forno in pignata insieme alle patate. Lo smirnio invece è una pianta spontanea particolarmente presente nel Salento e viene consumata fritta, dopo essere stata impastellata. La sporchia, che è un parassita vegetale della pianta delle fave e viene servita lessata e condita con olio e aceto. I sivoni, una specie di cicorie selvatiche che accompagnano la purea di fave bianche. Il finocchietto selvatico, che serve ad aromatizzare taralli e minestre. La borragine che viene usata nelle insalate o con le orecchiette in abbinamento ai ceci. I cardi selvatici, che accompagnano le uova o l’agnello al forno insieme alle patate.

Basilicata: “ortica” , “cipollotti selvatici”
Utilizzo: nelle minestre della tradizione

Calabria: “capperi”, “cicoria”
Utilizzo: i capperi vengono utilizzati in molte ricette della tradizione, in particolare come salsa nello “sfornatino in spatola di capperi”. La cicoria invece è alla base di molte minestre della tradizione.

Sicilia: “finocchietto selvatico”, “asparago selvatico”, “capperi”
Utilizzo: Il finocchietto è utilizzato nelle minestre povere della tradizione e specialmente nella Pasta con le sarde e in quella co’ masculina (alici) di Catania. L’asparago selvatico viene usato in minestre di pasta e riso, in frittate, e nel “cazzamarru”, cioè “carcere amaro”, si tratta di asparagi in cartoccio di foglie cotti sotto la brace. I capperi sono indispensabili nella “caponata di melanzane”.

Sardegna: “crescione d’acqua”, “ramolaccio”
Utilizzo: il crescione d’acqua in cucina viene portato in cucina per farne insalata o usato come depuratore nella medicina delle erbe. Il ramolaccio invece oltre ad essere utilizzato come insalata viene fatta arrosto con fave e lardo.

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