Sorseggiare la 2011 di Chateau Margaux, al vertice della piramide produttiva di Bordeaux sancita dalla storica - e mai superata - classificazione del 1855, intrattenendosi a chiacchiera con Corinne Mentzelopoulos, proprietaria dell’azienda fondata nel Quattrocento, in un francese stentato, o meglio in inglese, la lingua ufficiale della “New York Wine Experience” by Wine Spectator, racconta bene l’esclusività ed il livello di un evento capace di portare nel cuore della Grande Mela, a Times Square, il gotha del vino mondiale. L’intuizione, qualche decennio fa, fu di Marvin R. Shanken, editor e publisher di “Wine Spectator”, il magazine del vino più letto negli Stati Uniti, il mercato di riferimento per il consumo enoico globale, dove l’Italia si gioca la leadership in un infinito testa a testa con la Francia. Specie quando si parla di fine wines, e specie qui, perché in nessun altro posto si aprono così tante grandi bottiglie come a Manhattan.
Congedandoci da Chateau Margaux, bastano pochi passi, e al più una scala mobile, per sentirsi casa, brindando con Priscilla Incisa della Rocchetta alla meraviglia del suo Sassicaia 2016, una delle migliori declinazioni del grande vino di Tenuta San Guido che, dal 1968 a oggi, ha rivoluzionato un intero territorio come quello di Bolgheri, diventando una delle etichette più ambite tra i wine lover ed i collezionisti. E non è un caso, detto tra parentesi e senza fare lanciarsi in paragoni storici, che “Wine Spectator” gli abbia riservato 97/100, più di quanto abbia concesso alla 2011 di Chateau Margaux. Due esempi sui duecento grandi vini in degustazione libera, dalla A di Antinori alla Z di Zenato, presi giustamente d’assalto da migliaia di appassionati, tutt’altro che parvenu del vino, al contrario, profondi conoscitori della materia.
Per questo è così importante esserci, non tanto e non solo per l’aspetto simbolico di un appuntamento prestigioso, forse il più prestigioso che si possa immaginare, ma perché non capita tutti i giorni di disquisire con Peter Gago, il winemaker di Penfolds, azienda simbolo dell’Australia del vino, del suo Bin 707 2019, o di imbattersi, tra i corridoi, in Angelo Gaja, Lamberto Frescobaldi, Giacomo Neri (Casanova di Neri), Valentina Abbona (Marchesi di Barolo), Silvia Allegrini, Elisabetta Gnudi Angelini (Altesino), Giampiero Bertolini (Biondi-Santi), Antonio Michael Zaccheo (Carpineto), Paolo Bianchini (Ciacci Piccolomini d’Aragona), Marcello Lunelli (Ferrari), Federica Boffa (Pio Cesare), Roberto Giannelli (San Filippo) e tanti altri produttori del Belpaese (in tutto 55, la pattuglia più nutrita) che, “abbandonata” per un attimo la loro postazione, corrono a salutare colleghi e amici di Francia, Spagna, Argentina, California, Oregon, concedendosi qualche raro ed emozionante assaggio.
No, brindare con il Sir Winston Churchill 2013 di Pol Roger al fianco di Bastien Collard de Billy, per poi passare al De L’Orée 2011, la declinazione in bianco dell’Ermitage di Chapoutier, non ha nulla a che fare con la quotidianità, e molto con l’eccezionalità di un evento capace di ridefinire gli standard del concetto di “esclusività”, dove i produttori possono scoprire i volti dei consumatori di alto livello e, ovviamente, viceversa. Una degustazione senza eguali, dai contorni onirici, cui WineNews ha avuto la fortuna di prendere parte, e che abbiamo fatto raccontare ad alcuni dei grandi produttori italiani protagonisti della “New York Wine Experience” (qui il video), che, oltre al grande tasting serale, ha portato in scena seminari straordinari, tra cui quello dedicato alle “Wine Stars”, ossia i grandi protagonisti del vino mondiale con i loro vini simbolo, tra cui Franco Conterno, con il Barolo Romirasco 2014 di Poderi Aldo Conterno, la grande degustazione delle Gran Selezione 2019 del Chianti Classico, con i vini (e la presenza) di Giovanni Manetti (Tenuta Fontodi), Marco Pallanti (Castello di Ama), Albiera Antinori e Francesco Ricasoli, e quella sui “Top 10 Wines of 2021”, con il Brunello di Montalcino 2016 de Le Chiuse di Nicolò Magnelli.
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