Da anni l’Oltrepò è uno dei grandi “sogni incompiuti” del vino italiano. Territorio vocatissimo soprattutto per il Pinot Nero e per la spumantistica, falcidiato da crisi e scandali giudiziari negli anni passati, cerca da tempo una nuova ripartenza, guidata dalle iniziative delle sue cantine più importanti. Piccole e grandi, come, per citarne alcune, Conte Vistarino e Cantina di Casteggio.
E, soprattutto, la Terre d’Oltrepò di Broni, la più grande realtà lombarda in termini di volume prodotto (800 soci e 429.000 quintali di uve conferite, dati ultima vendemmia), che uscita dalla beghe legali degli anni passati, anche grazie ad una nuova proprietà (e diventata proprietaria, in partnership con il colosso trentino Cavit, de La Versa, marchio storico della spumantistica del territorio e d’Italia, produttrice del primo metodo classico millesimato della storia del Belpaese) che volta definitivamente pagina, e per puntare in modo chiaro sulla crescita della qualità dei vini e sulla sostenibilità in vigna, che, per un ulteriore salto di qualità, come fanno le squadre di calcio che ambiscono a risultati importanti, ha chiamato alla sua corte un “top player” dell’enologia. Ovvero Riccardo Cotarella, tra i più affermati enologi d’Italia e del mondo, presidente Assoenologi e presidente dell’Union International des Oenologues, che firmerà anche nuovi progetti vinicoli per la cantina.
“Questo accordo - spiega il presidente di Terre d’Oltrepò, Andrea Giorgi - è veramente importante per noi: Riccardo Cotarella rappresenta la persona giusta per il cambio di marcia di questa azienda. Lavorerà in concerto con il nostro qualificato staff di enologi e agronomi e li andrà ad affiancare mettendo a disposizione la sua grande professionalità. Abbiamo già individuato alcune priorità e soprattutto abbiamo definito dei progetti che puntano a migliorare la qualità, già ottima, dei nostri prodotti. La sua esperienza, messa al servizio della nostra cantina, fornirà il valore aggiunto alla parte produttiva perché ormai siamo convinti, oggi più che mai, che anche una grande cantina cooperativa possa fare qualità”.
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