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Panorama

Cuore: non è mai troppo tardi per averne cura ... Medicina. Migliorare il proprio stile di vita è fondamentale, a qualsiasi età: basta muoversi, mangiare correttamente, smettere di fumare per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Lo dimostrano diversi studi scientifici. E lo spiega un nuovo libro, scritto da uno dei più noti cardiologi mondiali ... “Mi si presentò come un caso senza speranza. Aveva 55 anni e la sensazione che gli anni migliori della sua vita fossero passati. Alta 1,66 metri, pesava 84 chili ed era scoraggiata dall’immagine che vedeva di sé allo specchio. Frustrata dalla mancanza di forza di volontà a fare esercizio fisico, seguire una dieta e smettere di fumare. Autostima a zero: se non era riuscita a fare attività fisica quando era 30enne e pesava 20 chili meno, come riuscirci ora? Niente di più sbagliato. Molti studi dimostrano che non è mai troppo tardi per cominciare a curarsi, migliorando qualità della vita e salute”. A sostenerlo nel libro La vostra salute mi sta a cuore (Tea edizioni) è Valentín Fuster, cardiologo catalano con alle spalle una carriera unica che lo ha portato, caso eccezionale per uno straniero, alla presidenza dell’American heart association.

“Non le imposi una dieta ferrea, le dissi di mangiare un po’ meno e camminare ogni giorno almeno 30 minuti. Le chiesi di tornare dopo tre settimane, non oltre. È il momento in cui molti hanno bisogno di un input che li spinga ad andare avanti. La donna, che non aveva sintomi cardiovascolari ma temeva d’avere passato i limiti di sicurezza, era più motivata della prima volta: aveva mangiato meno, era riuscita a camminare ogni giorno lasciando l’auto in garage, e aveva riacquistato fiducia in se stessa”.

I primi esseri umani, si parla di 2 milioni e mezzo di anni fa, praticavano una vita nomade e l’attività fisica occupava gran parte del loro tempo. “Negli ultimi 100 anni, che equivalgono allo 0,004 per cento della nostra storia, l’umanità ha raggiunto livelli di sedentarietà e comodità senza precedenti nell’evoluzione. Il corpo umano, però, conserva nella memoria quel 99,996 per cento di storia dell’umanità in cui era costretto a correre per sopravvivere” scrive Fuster.

Che il movimento produca effetti positivi è assodato: nel sistema cardiovascolare l’esercizio fisico alza il livello di colesterolo buono (Hdl), riduce i valori dei trigliceridi, aiuta a ridurre la pressione, contrasta l’obesità, favorisce l’attività dell’insulina e riduce il rischio di diabete.

“Il 50enne che fa attività fisica in modo assiduo ha una aspettativa di vita decisamente superiore a quella di un sedentario” dice Fuster. Il corpo umano è progettato per muoversi: siamo nati per correre, “Born to run”, come recita la canzone di Bruce Springsteen. E i benefici nel prevenire infarti ed eventi cerebrovascolari sono solo una parte dei vantaggi. L’esercizio fisico fa bene al sistema nervoso perché stimola la produzione nel cervello di endorfine con azione euforizzante e antidoto contro stress e depressione, e può ridurre il rischio di cancro.

“In Europa occidentale il 47 per cento di morti fra le donne e il 39 per cento tra gli uomini sono dovuti a malattie di cuore o arterie: più di quelle causate da tutti i tipi di cancro messi insieme” ricorda Fuster. “Forse oggi la cosa più coerente che un cardiologo possa fare è dedicarsi alla prevenzione, spiegare quali misure sono efficaci e quali no, come perdere peso e non riprenderlo, come smettere di fumare e non ricominciare, quanta verità c’è nell’idea comune che il vino faccia bene al cuore: fare luce sui dubbi di fronte ai quali le persone si sentono confuse a causa del continuo mescolarsi di messaggi talora poco scientifici”.

E cita un’indagine sullo stato delle arterie di 760 persone tra 15 e 34 anni (rappresentative della popolazione complessiva) morte per cause accidentali, che mostra come nei paesi occidentali siamo tutti “malati” senza saperlo. Pur essendo così giovani, uno su tre aveva un eccesso di colesterolo cattivo (Ldl), uno su sei era iperteso, uno su sette obeso, uno su 25 aveva una qualche forma di diabete. Giocavano a baseball o a basket, conducevano una vita normale, ma erano inconsapevoli delle condizioni delle loro arterie.

“Un’epidemia di ignoranza sembra minacciare il mondo occidentale” avverte il cardiologo. Mentre crescono le conoscenze sulla genetica dell’infarto, su come le variazioni di certi geni modificano la risposta ai farmaci e altre siano associate all’aumento nel sangue della lipoproteina A legata all’infarto, studi della Società europea di cardiologia evidenziano come lo stato della prevenzione cardiovascolare sia lungi dall’essere ottimale.

Una ricerca pubblicata in questi giorni dall’Oms dice che nel 2010 circa 400 mila americani si prevede moriranno di malattie cardiovascolari. “Almeno la metà dei decessi si potrebbe evitare se le persone mangiassero in modo corretto, non fumassero e avessero uno stile di vita più sano” afferma l’inglese Simon Capewell dell’Università di Liverpool, coautore dello studio sui fattori di rischio cardiaco.

“Allo stile di vita si può ascrivere la salute di milioni di persone” sostiene Shanthi Mendis, coordinatore del Chronic diseases prevention and management all’Oms. “Nel mondo 1 miliardo di adulti è sovrappeso, e se non si corre ai ripari la cifra è destinata a superare il miliardo e mezzo nel 2015”.

Sebbene i nemici del cuore, dal colesterolo elevato ai chili di troppo, siano stati da tempo individuati, le patologie cardiache sono in crescita. Da studi internazionali come l’Interheart al rapporto Oms 2008 sui determinanti sociali delle malattie (coordinato da quello che può essere considerato il più importante epidemiologo cardiovascolare vivente, l’inglese Michael Marmot), alle linee guida delle società scientifiche europee e americane, l’accordo è completo: stili di vita e di alimentazione sono centrali nel controllo del rischio cardiovascolare. Ma come fare entrare questo consenso nella vita reale?

“Più sensibili ai messaggi che invitano a modificare lo stile di vita sono le classi più abbienti: sono più consapevoli del proprio stato di salute, si informano e hanno una visione prospettica della propria vita” afferma Marco Bobbio, cardiologo. “Occorre poi uno sforzo a livello collettivo e individuale per abbandonare abitudini insalubri, senza indurre una sensazione di pericolo incombente. In genere è più semplice e comodo prendere una pillola: mangio lo stesso, mi concedo qualcosa in più, tanto poi prendo la pastiglia anticolesterolo”.

I dati della Federfarma e l’ultimo rapporto dell’Aifa sull’uso dei farmaci in Italia sembrano dargli ragione. Per contrastare i problemi cardiovascolari si comprano medicinali per oltre 4 miliardi e mezzo di euro in un anno: per l’esattezza 3 miliardi 700 milioni da gennaio a ottobre 2009. Statine, antiipertensivi, anticoagulanti, antiaritmici sono fra le categorie più prescritte e rappresentano il 36,5 per cento della spesa convenzionata; era il 27,4 per cento nel 2007.

Sul fatto che terapie come le statine siano sempre prescritte in modo appropriato gli esperti nutrono dubbi. “Studi epidemiologici della Società europea di cardiologia si propongono nei prossimi anni di monitorare l’andamento delle malattie cardiovascolari più frequenti, l’appropriatezza delle cure e l’opportunità di utilizzo di procedure come gli stent” spiega Aldo Maggioni, direttore del Centro studi dell’Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri). Di solito chi ha già avuto un infarto ha maggiore consapevolezza dei rischi che può correre se non cambia stile di vita.

“Se una persona sta bene, ma ha comportamenti a rischio, è meno motivata al cambiamento” dice Pantaleo Giannuzzi, responsabile del dipartimento di cardiologia riabilitativa alla Fondazione Maugeri di Pavia. “Inoltre un’informazione adeguata esige una continuità fra cardiologi e medicina di base e richiede più tempo di una prescrizione”. Chi sta bene è anche meno attento a eventuali segnali. Tende a sottostimarli. È così per le aritmie considerate benigne che vengono dopo il pranzo o nell’iperteso e portano alla fibrillazione atriale. Non si dà peso al cuore che galoppa o perde un colpo, o ad altri sintomi, dal fiato corto alla stanchezza fisica dopo un piccolo sforzo.

Un contributo complementare e importante ad approfondire perché le tante conoscenze non si traducono ancora pienamente in benefici nella vita reale viene da una iniziativa coordinata da Attilio Maseri, presidente della Fondazione Per il tuo cuore onlus creata dall’Anmco. “Correggendo i classici fattori di rischio si riesce a dimezzare la percentuale di eventi, ma non a evitarli all’altra metà che magari ha risposto alle strategie preventive” afferma Maseri. “Grazie alla rete di oltre 700 cardiologie distribuite sul territorio nazionale, l’Anmco focalizzerà la ricerca clinica sul capire come ci si possa ammalare nonostante si attui l’attuale prevenzione ottimale, oppure come si possa restare sani pur avendo fattori di rischio”. Nuovi filoni di ricerca che forse porteranno a interventi più mirati, ma che non diminuiscono la necessità di continuare a diffondere la cultura della prevenzione.
Le ultime linee guida della Società europea di cardiologia evidenziano che cosa fare per prevenire eventi cardiaci. Ma vanno calate nella realtà. E tradotte in un linguaggio che possa essere interpretato e adottato dalla gente. “Per questo occorre costruire una più diffusa conoscenza e ampliare la consapevolezza perché la prevenzione da capitolo della medicina possa diventare un comportamento normale nella vita delle persone” conclude Gianni Tognoni che dirige il Consorzio Negri-Sud ed è autore di studi epidemiologici che hanno cambiato la storia dell’infarto. “La prevenzione non è una ricetta che si può prescrivere, confidando che si realizzi. È una vera e propria ricerca di linguaggio di comunicazione tra medici non farmacodipendenti e persone da accompagnare, in modo non autoritario, per molto tempo”. E il libro di Fuster è un esperimento concreto di questa ricerca di linguaggio.

Vino ... Bere con moderazione...
1-2 bicchieri di vino al giorno, ai pasti, riducono
del 25 per cento il rischio cardiovascolare e, nelle
persone già ammalate,
diminuiscono del 25 per
cento il tasso di mortalità.
Il vino ha effetto
anticoagulante, è un antiinfiammatorio,
è in grado
di aumentare i livelli di
colesterolo Hdl (quello buono)
ed è un vasodilatatore che
aiuta a controllare la pressione.

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