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PER “I RISTORANTI D’ITALIA” 2013 DE “L’ESPRESSO” MASSIMO BOTTURA (LA FRANCESCANA) È IL MIGLIOR CHEF DEL BELPAESE PER IL TERZO ANNO CONSECUTIVO (19,75/20), DAVANTI A LE CALANDRE (ALAJMO) E LA PERGOLA (BECK) A 19/20. E I “TRE CAPPELLI” SALGONO A 23

Non Solo Vino
Massimo Bottura

Non c’è due senza tre: Massimo Bottura, con la Francescana di Modena, è il miglior chef del Belpaese per il terzo anno consecutivo, confermando il punteggio record di 19,75/20 della guida “I Ristoranti d’Italia” 2013 de “L’Espresso”. Cresce ancora il plotone dei “Tre Cappelli”, i ristoranti capaci di guadagnare un punteggio di almeno 18/20, a quota 23 (erano 21 nel 2012). Dietro Bottura, due conferme, Le Calandre della famiglia Alajmo e La Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck, a quota 19,5/20, con Vissani di Baschi a 19/20, insieme al Piazza Duomo di Alba (chef Enrico Crippa) e Uliassi di Senigallia, salgono Combal.Zero di Rivoli Torinese e Casadonna-Reale di Castel di Sangro.
Fra le regioni resta prima la Lombardia con 53 tavole di qualità (cioè con almeno “un cappello”), seguita dal Piemonte (39) e dalla Campania (36), entrambe ancora in crescita. Seguono il Lazio (27), la Toscana, il Veneto e l’ Emilia Romagna (26).
Tra i “Tre Cappelli”, a 18,5/20, i confermati Cracco di Milano, Dal Pescatore di Canneto sull’ Oglio (Santini), Villa Crespi di Orta San Giulio, salgono il Duomo di Ragusa e La Madia di Licata. E ancora, a 18/20, il Canto de La Certosa di Maggiano, l’ Antica Corona Reale di Cervere, La Peca di Lonigo, La Madonnina del Pescatore di Senigallia, l’ Osteria del Povero Diavolo di Torriana, la Torre del Saracino di Vico Equense, ci sono le new entry le Colline Ciociare di Acuto, Enrico Bartolini - Hotel Devero di Cavenago di Brianza e Perbellini di Isola Rizza.
Ma l’eccellenza italiana non è fatta solo di “Tre Cappelli”, ma anche dei 59 locali con “Due Cappelli”, cioè con punteggio compreso fra 16,5 e 17,5/20 e dei 269 con “Un Cappello”, con punteggio fra 15/20 e 16/20.

Focus - In guida, chi sale ...
- Casadonna Reale di Castel di Sangro da 18,5 a 19/20
- Combal.Zero di Rivoli Torinese da 18,5 a 19/20
- Duomo di Ragusa da 18 a 18,5/20
- La Madia di Licata da 18 a 18,5/20
- Enrico Bartolini - Hotel Devero di Cavenago Brianza da 17 a 18/20
- Colline Ciociare di Acuto da 17 a 18/20
- Perbellini di Isola Rizza da 17,5 a 18/20
- Ilario Vinciguerra di Gallarate da 17 a 17,5/20
- Da Vittorio di Brusaporto da 17 a 17,5/20
- Hotel Manzi Terme - Il Mosaico di Ischia da 17 a 17,5/20

e chi scende ...
- Vissani di Baschi da 19,5 a 19/20
- Il Canto - Hotel Certosa di Maggiano di Siena da 18,5 a 18/20
- Trussardi alla Scala di Milano da 18 a s.v.
- Grand Hotel Angiolieri - L’Accanto di Vico Equense da 17,5 a 16/20
- Arco Antico di Savona da 17 a 16,5/20
- Mont Blanc Hotel La Cassolette di La Salle da 16,5 a s.v.
- Romano di Viareggio da 16,5 a 16/20

Focus - I premi speciali
-Premio “Tenimenti Angelini” per Il Pranzo dell’ Anno: Combal.Zero di Rivoli (Torino)
- Premio “Kettmeir” per La Cantina dell’Anno: La Ciau del Tornavento di Treiso (Cuneo)
- Premio “Feudo Principi Di Butera” per Il Maître dell’Anno: Giuseppe Palmieri - Osteria Francescana di Modena
- Premio “Duca Di Salaparuta” per Il Sommelier dell’Anno: Fabrizio Sartorato - Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo)
- Premio “Altemasi” per Il Giovane dell’Anno: Giuseppe Iannotti - Kresios di Telese Terme (Belluno)
- Premio “Rapitalà” per La Cuoca dell’Anno: Fabrizia Meroi - Laite di Sappada (Biella)
- Premio “Acqua Sparea” per La Novità dell’Anno: Pipero al Rex di Roma
- Premio “Mionetto” per La Performance dell’Anno: El Coq di Marano Vicentino (Vicenza)
- Premio “Pommery” per Il Piatto dell’Anno: Il Palagio dell’Hotel Four Seasons di Firenze
- Premio “Lavazza” per Il Caffè dell’Anno: La Credenza di San Maurizio Canavese (Torino)
- Premio “Glenmorangie” per La Selezione di Distillati: Oliver Glowig dell’ Aldrovandi Villa Borghese di Roma
- Premio “De Cecco” per La Pasta dell’Anno: Andreini di Alghero (Sassari)
- Premio “Fontanafredda” per La Qualità del Made in Italy: Il Luogo di Aimo e Nadia di Milano
- Premio “Guido Berlucchi” per La Selezione di “bollicine”: Il Rigoletto di Reggiolo (Reggio Emilia)
- Premio “La Collina Dei Ciliegi” per Le Enotavole dell’Anno:Osteria Rosso di Sera di Castelletto sopra Ticino (Novara), Uinauino di Castel San Pietro Terme (Bologna) ed Enoteca Marcucci di Pietrasanta (Lucca)
- Premio “La Vis” Alla Carriera : Enoteca Pinchiorri di Firenze

Focus - Il commento del direttore delle guide de L’Espresso: “Nuova e “italiana”: al top
“L’ondata iberica, con le sue esasperazioni chimico-fisico-molecolari, è passata. Tutto sommato senza lasciare troppi segni, se non quello, positivo, di un uso intelligente delle nuove tecnologie, più qualche residuale schiuma e sferificazione. Soffia ora il vento del Nord: erbe, muschi, licheni, carni e pesci “raw”, crudi... Chissà se durerà. Si profila all’orizzonte la moda prossima ventura dei sudamericani: brasiliani, peruviani, cileni già hanno calcato le pedane di qualche congresso. Intanto il sushi, più orecchiato che vero, non lo scalza più nessuno, è entrato nel novero dei piatti nazionali, come il “tortino di cioccolato dal cuore tenero”. Che sia arrivata finalmente l’ora della “ cucina italiana”, anzi della “nuova cucina italiana”, di quella che noi così battezzammo per primi, cinque anni fa, su questa Guida, definendone le peculiarità, l’identità, i contorni, e individuandone gli interpreti autentici e convinti? Una cucina che ha preso corpo e forma negli ultimi vent’anni, sintesi intelligente tra le migliori espressioni delle diverse cucine regionali e le esperienze che vengono da lontano. E che, per intenderci, nulla ha da spartire con l’“italian sounding” trionfante in tutto il mondo ma troppo spesso costruito su prodotti contraffatti e ricette caricaturali. Una cucina nella quale si riconoscono, più o meno consapevolmente, molti cuochi giovani e giovanissimi, sulla scia del successo della generazione, oggi fra i 40 e 50, che ha segnato la svolta: Alajmo, Beck, Berton, Bottura, Cannavacciuolo, Cedroni, Cracco, Crippa, Cuttaia, Esposito, Romito, Scabin, Sultano, Uliassi...(l’ ordine è alfabetico), già incalzati dai vari Bartolini, Di Costanzo, Parini, Giovanni Santini, Sposito... Chi viaggia, chi osserva, chi assaggia e confronta, si rende conto non solo che mai nei ristoranti italiani si è mangiato bene come oggi, ma pure che i migliori interpreti della “nuova cucina italiana” sono riconosciuti e rispettati nel mondo, testimoni di un patrimonio d’eccellenza, riassunto nel “saper fare” e nell’esaltazione dei nostri prodotti, il quale va oltre il valore e la capacità dei singoli. E’ questo, allora, un momento magico per i nostri ristoranti? Purtroppo no. Lo sarebbe se la crisi economica, oltre a tagliare i consumi, non prendesse alla gola, in molti casi con esiti devastanti, chiunque si proponga di fare ristorazione di qualità. E se maturasse appieno la consapevolezza che dal sistema ristorazione, anello che unisce la filiera dell’agroalimentare a quella del turismo, può venire un apporto determinante all’economia del Paese”.

Focus - Il decalogo della “nuova cucina italiana”
1) La “tavola di qualità” è quella che crea e trasmette i piaceri della tavola attraverso una pluralità di fattori che concorrono a determinare la piacevolezza complessiva dell’esperienza gastronomica: primo fra tutti la bontà dei cibi, unita poi ai vini e alle bevande appropriati, alla gradevolezza e al comfort dell’ambiente, alla professionalità e alla cortesia del servizio.
2) Ristoranti, trattorie, osterie, con caratteristiche differenti e ciascuno nella propria categoria, possono tutti rappresentare altrettante “tavole di qualità”, in grado di soddisfare le propensioni di clienti con gusti, disponibilità economiche, aspettative e stati d’animo i più diversi.
3) Il requisito primo e irrinunciabile della “tavola di qualità” - al di fuori e al di sopra di ogni distinzione fra stili di cucina: tradizionale o innovativa, conservatrice o sperimentale, di locale grande e lussuoso o piccolo e informale - è che sia “buona e sana”. “Buona” perché salvaguarda ed esalta le peculiarità delle buone materie prime che la compongono. “Sana” perché i prodotti e le tecniche impiegati rispettano i principi basilari della salubrità alimentare.
4) Il patrimonio fondamentale della cucina italiana è l’eccellenza dei prodotti, veri e primi protagonisti di ogni piatto, alla cui massima valorizzazione il cuoco subordina le capacità e le tecnologie di cui dispone.
5) Il cuoco che vive il suo tempo è aperto, curioso, privo di pregiudizi nei confronti di prodotti che vengono da lontano e di tecniche innovative o estranee alla propria cultura, non teme di rielaborare, di fondere, di copiare con buonsenso e misura, sa cogliere il buono della globalizzazione, filtra criticamente il nuovo e il diverso attraverso il proprio bagaglio di conoscenze e di esperienze.
6) Tratto distintivo della “nuova cucina italiana”, e dei cuochi che la rappresentano, sono le radici ben salde nelle rispettive cucine regionali di riferimento, nei prodotti, nei sapori, nei gesti che le hanno caratterizzate nel tempo. Su queste radici è innestato l’impiego di prodotti, di tecniche e di strumenti offerti oggi dalla scienza applicata alla gastronomia, fermo restando l’obiettivo di realizzare una cucina di forte e precisa identità, moderna e italiana, nelle materie prime, nei sapori singoli e nelle loro combinazioni, nelle forme: insomma nell’anima.
7) La cosiddetta creatività acquista senso nel momento in cui consente di esaltare le qualità e le caratteristiche d’un prodotto o ne fa scoprire potenzialità inedite.
8) Ha scarso o nullo valore gastronomico l’impiego di strumenti, di prodotti, di applicazioni chimico-fisicotecnologiche finalizzati soltanto alla trasformazione delle consistenze, delle forme, dei colori, quando cioè non comportino reali e significativi cambiamenti nel sapore dei cibi.
9) La cucina non è “gioco” anche se può divertire, non è “arte” anche se i piatti possono assumere forme studiate e armoniche, non è “scienza”, anche se nasce da regole e reazioni chimiche e fisiche: può essere fonte di emozioni e di piacere, fisico e mentale, indotti essenzialmente dai sensi del gusto, dell’olfatto e del tatto.
10) I cuochi non sono quindi geni né artisti né attori, bensì artigiani, più o meno valenti: aiutiamoli, tutti, a restare tali.

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