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PIANETA LUSSO: QUALI BOTTIGLIE STAPPANO I MILIARDARI PER CENA? ECCO I VINI PIU’ ESCLUSIVI E COSTOSI DEL MONDO, CAPACI DI REGALARE EMOZIONI INDIMENTICABILI. MA A VOLTE I TOP WINES POSSONO RISERVARE ANCHE BRUTTE SORPRESE …

Italia
Il mito dei collezionisti di vino: Chateau d’Yquem

C’è chi certe bottiglie si limita a sognarle per tutta la vita, e chi le stappa ogni sera per cena: sono i più grandi vini del mondo, vere icone del lusso, destinate ai veri miliardari del pianeta. Etichette esclusive e costosissime, prodotte in annate rare e prestigiose, caratterizzate dall’allure e dall’unicità pari a quelle di un diamante da 40 carati, dove non è solo il prezzo a conferire esclusività, bensì la quantità limitata fornita dalla natura e dalla bravura del vigneron.

Ma quali sono i vini più costosi del mondo? In un’ipotetica classifica del lusso enologico non si può non partire dalla Francia. Al primo posto, svetta naturalmente Romanèe Conti, in Borgogna, forse il vino più caro e raro in assoluto. Intorno a quella che è la gemma più preziosa della famiglia è stato costruito nel corso dei secoli un Domaine con tante altre vigne: La Tâche, Richebourg, Romanée Saint-Vivant, Grands Echezeaux, Echezeaux e infine Montrachet, il grandissimo vino bianco prodotto da Romanèe Conti. Chi vuole stappare una bottiglia di Romanèe Conti si prepari a sborsare svariate centinaia di euro, e molto, molto di più per accaparrarsi alle aste le annate più prestigiose. Un collezionista americano ha sborsato 58.650 sterline (pari a 78.840 euro) per una cassa di 12 bottiglie di Domaine de la Romanèe-Conti 1967 in una vendita da Sotheby’s a Londra.

Sono altri due gli chateaux simbolo della “grandeur” enologica francese: Château Petrus e Château Latour, entrambi a Bordeaux. Il primo, che si nella sottozona del Pomerol è diventato il vino a base Merlot di riferimento mondiale, e raggiunge quotazioni stellari, indipendentemente dall’annata. Château Latour, che figura tra i vini selezionati da Thomas Jefferson nel suo storico viaggio in Francia, figura sempre tra i leader mondiali in termini di prezzo. Solo per fare un esempio, l’annata 2000, uscita intorno ai 400 euro, ne vale oggi più di 1.500. Come dimenticarsi poi di Château d’Yquem? Celeberrima griffe di Sauternes, i suoi muffati costano un patrimonio. E spetta proprio a Château d’Yquem il record di bottiglia di vino bianco più cara del mondo. Ha sborsato ben 55.000 sterline (oltre 70.000 euro) un collezionista privato per avere nella propria cantina una bottiglia di Château d’Yquem 1787. Tanto per avere un’idea, l’uva di questo vino era stata vendemmiata quando James Watt stava sviluppando il motore a vapore e Maria Antonietta aveva ancora la testa …

Tra gli champagne, i più costosi ed esclusivi sono senz’altro Krug (in Italia distribuiti dalla Antinori), in particolare il Millesimato Clos du Mesnil (450 euro a bottiglia), e Crystal della maison Luis Roeder, protagonista dei brindisi dei super-ricchi del pianeta, dalle rockstar americane ai nuovi miliardari russi.

Veniamo all’Italia: tra le griffe più blasonate e costose del Belpaese svetta Biondi Santi: il Brunello di Montalcino prodotto nella leggendaria Tenuta Il Greppo (proprio qui alla fine dell’Ottocento fu “inventato” il Brunello) raggiunge quotazioni stratosferiche, in particolare nella versione Riserva; proprio un Brunello di Montalcino Riserva 1888 è stata la bottiglia più cara venduta in Italia tra privati: 40 milioni di lire nel 1988. Gli intenditori che non badano a spese amano brindare con altri grandi brand made in Italy: dal Masseto (Tenuta dell’Ornellaia), raffinato supertuscan che nelle migliori annate può raggiungere quotazioni di oltre 1.000 euro a bottiglia, ai Solaia (Antinori) e Sassicaia (Tenuta San Guido di proprietà degli Incisa della Rocchetta), ormai sinonimi di lusso enologico a livello internazionale. Senza dimenticare, naturalmente, le etichette di Barolo e Barbaresco firmate da Angelo Gaja: i suoi Sorì Tildin e Sorì San Lorenzo possono valere centinaia e centinaia di euro.

Altro vino-simbolo del lusso è l’Opus One, prodotto in Napa Valley da una joint-venture tra Robert Mondavi e la baronessa Philippine De Rothschild, emblema dell’eccellenza a metà tra Nuovo e Vecchio mondo. Griffe planetaria tra le più note il Vega Sicilia Unico, prodotto in Spagna nel cuore della vecchia Castiglia. Le annate migliori si aggirano sui 300 euro alla bottiglia, ed è onnipresente sulla tavola dei reali di Spagna.

Le quotazioni di queste grandissime bottiglie sono soggette a continue oscillazioni, variabili rispetto alle annate di riferimento. Ciò che accomuna i top wines delle migliori vendemmie è che offrono all’appassionato emozioni immense: quelli che hanno avuto la fortuna di assaggiare uno Château d’Yquem piuttosto che un Romanèe Conti non se li scordano più. I grandi vini soddisfano le esigenze dei più raffinati edonisti, e l’unica differenza con gli altri beni di lusso risiede nel fatto che almeno una volta nella vita può capitare a chiunque di assaggiare una bottiglia del valore di alcune centinaia di euro, mentre una Ferrari è per pochi eletti, e la villa ai Carabi per pochissimi.

Se è vero infatti che la crisi economica dei principali mercati rallenta i consumi dei vini di fascia media e bassa, i super-brand dell’enologia internazionale non conoscono difficoltà: il settore del lusso tira, e si moltiplica l’offerta di oggetti destinati ai nababbi globali. Dal telefono cellulare di platino tempestato di diamanti - del valore di più di 10 milioni di yen (65.000 euro) - prodotto dalla compagnia telefonica giapponese Softbank Mobile in collaborazione con Tiffany, alla crema anti-age di La Prairie (famosa per i suoi prodotti di bellezza al caviale) a base d’oro, 360 euro per un vasetto. Dai prestigiosi sigari Cohiba Behike, i più cari del mondo (15.000 euro per una scatola di 20 pezzi), caratterizzati da una lunghissima lavorazione ed un packaging esclusivo in legni pregiati, pelli rare o gusci di tartaruga, al caffè Kopi Lowak, il più raro e costoso del mondo: viene dall'Indonesia, costa 650 euro al chilogrammo ed ha una particolarità: viene prodotto tostando e macinando dei chicchi di caffè mangiati e digeriti da un piccolo roditore di nome Lowak. Dall’opera d’arte più costosa mai realizzata, creata dall’artista inglese Damien Hirst, un inquietante teschio completamente ricoperto di oltre 8.000 diamanti, battuto all’asta per 73,5 milioni di euro, all’elicottero costruito da Eurocopter e personalizzato da Hermès, un tripudio di pelle e raffinatezza del valore di 4,5 milioni di euro.


Il caso - Giallo al ristorante Zafferano di Londra … Un cliente ordina una bottiglia di Chateau Petrus 1961 (24.000 euro), ma lo rimanda indietro: “è falso”. Spesso è impossibile anche per il distributore garantire l’autenticità delle grandi annate

A volte i top wines possono riservare anche brutte sorprese. Lo dimostra il caso accaduto in questi giorni a Londra, dove un facoltoso uomo d’affari in vena di follie si trovava per cena insieme ad un gruppo di amici allo Zafferano, famoso ristorante italiano, ed ha deciso di ordinare una bottiglia di Chateau Petrus 1961, dal valore di 24.000 euro. Ma l’ha immediatamente rispedita indietro, affermando furioso che secondo lui era falsa. A far dubitare il cliente dell’autenticità della bottiglia é stato il fatto che il tappo non era stato timbrato con il consueto marchio che indica il luogo d’imbottigliamento.

“Era molto arrabbiato; aveva visto che sul tappo non c’era alcun timbro e si è rifiutato di berlo” spiega il gestore del ristorante Enzo Cassini, aggiungendo “la bottiglia era perfetta; non c’era nulla che potesse suggerire che non era autentica; in ogni caso, ho assaggiato il vino e non era più buono”.

Dopo essersi calmato, il cliente ha ordinato un’altra bottiglia, una magnum di Chateau Mouton-Rotschild 1945, da 27.000 euro, ma il ristoratore, preoccupato di essere stato vittima di una truffa, ha contattato Corney & Barrow, società proprietaria di una catena di eleganti wine bar londinesi che funge anche da agente di Chateau Petrus in Gran Bretagna.

La società non è stata però in grado di confermare l’autenticità del Petrus, in quanto fino al 1964, Chateau Petrus non aveva ancora introdotto gli stampi sul tappo. Corney & Barrow, che per combattere la contraffazione conserva una documentazione fotografica di tutte le bottiglie presenti nelle cantine di Petrus, richiede, inoltre, che tutte le bottiglie vuote vengano distrutte, proprio per fare in modo che non vengano riutilizzate in maniera fraudolenta. Dal canto suo, nonostante l’happy ending, Zafferano ha imparato la lezione ed ha deciso che non correrà mai più il rischio con vini di quel calibro. “E’ troppo rischioso; sono pochi - ha spiegato Enzo Cassini - i clienti che scelgono vini come quello. Si possono avere esperienze fantastiche con vini più giovani degli anni Ottanta o Novanta”.

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