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LA CURIOSITÀ

Piante officinali, infusi e piccoli frutti fanno boom: i trend da Macfrut, a Rimini

Attenzione alla salute, ma anche il gusto, guidano la crescita. In difficoltà la “quarta gamma”, fatta al 70% dalle insalate pronte in busta
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Piante officinali, infusi e piccoli frutti fanno boom (ph: Annie Apratt via Unsplash)

Dalla crescita della produzione e del consumo delle piante officinali, sempre più ricercate e sostenibili, alla crisi di verdure ed insalate pronte all’uso (la cosidetta “quarta gamma”), dal boom dei piccoli, mirtilli in testa, a quello degli infusi a base di erbe e spezie: sono tanti i trend, legati da una sempre maggiore ricerca del benessere legato al gusto, sviluppati a Macfrut, la più importante fiera dell’ortofrutta italiana, comparto strategico dell’agricoltura made in italy, con un valore alla produzione di 15 miliardi di euro (che chiude, oggi, a Rimini).
Sotto i riflettori, oltre alle classiche produzioni di frutta e verdura, anche peculiarità come le erbe, spontanee e non solo. Rispondere ad una domanda di mercato in forte crescita con produzioni sostenibili e filiere capaci di garantire una qualità certa per i consumatori e salvaguardare l’ecosistema, è la grande sfida del settore affrontata nel convegno “La sostenibilità della produzione delle piante officinali”, nel “Spices & Herbs Global Expo”, il primo salone in Europa dedicato alla filiera delle spezie, piante aromatiche, che ha messo a confronto esperti del settore. “Il mercato delle erbe officinali - come ha sottolineato Demetrio Benelli, direttore “Erboristeria Domani” - è sempre stato globale: nella storia le piante hanno attraversato i continenti, ma le realtà di produzione dei diversi Paesi variano sotto numerosi profili”. “Sono diversi i suoli, i livelli di meccanizzazione per la raccolta e quelli di stoccaggio con ripercussioni differenti sui luoghi e le comunità che lavorano”, è entrata nel dettaglio Ann Armbrecht, direttrice Sustainable Herbs Program, che ha illustrato un toolkit sulle best practice di sostenibilità per l’industria botanica. A porre l’attenzione sulla diminuzione dei raccoglitori di erbe officinali a livello globale, e sulla conseguente necessità di salvare un patrimonio di cultura e paesaggi unico, è stata Emily King, Business Engagement Officer FairWild Foundation, che ha presentato la certificazione universale basata sui principi del commercio equosolidale e della sostenibilità ecologica messa a punto dalla sua Fondazione per invertire la rotta.
A fare il punto sulla situazione italiana è stato Alfredo Battistini, tecnologo del Crea - Politiche e Bioeconomia del Ministero dell’Agricoltura, che ha approfondito i contenuti del Testo unico sulle piante officinali approvato nel 2018, unica normativa a livello europeo che regola la coltivazione, la raccolta, la prima trasformazione delle piante officinali (1649 specie di piante aromatiche, medicinali e di profumo, 32 specie di funghi macroscopici, 31 specie di alghe e 14 specie di licheni) riconoscendone a tutti gli effetti la natura di filiera agricola. Tra i prossimi passi da compiere spiccano la creazione di Centri di Riferimento tecnico (Crt) del settore per diffondere le competenze alla base del comparto produttivo e il sostegno ai coltivatori per lo sviluppo di produzioni di qualità. Ad illustrare, in quest’ultima direzione, i possibili percorsi di “domesticazione” per le erbe officinali è stato Pietro Fusani, ricercatore Crea, Foreste e Legno, di Trento. Ad insistere sulla necessità di mettere al centro l’esperienza del consumatore in termini di quantità, qualità, efficacia e sicurezza delle erbe officinali, sottolineando come queste rappresentino la risorsa principale per la propria salute per l’80% della popolazione mondiale (dati OMS), è stato Ákos Máthé, professore Emerito di Botanica della Széchenyi István University di Budapest, che ha ricordato, in un convegno, quanto già riconosciuto nel convegno internazionale sulla conservazione delle erbe officinali di Chiang Mai nel lontano 1988: “salvare le erbe è necessario per salvare la vita”.
Decisamente diverso lo stato di salute della “quarta gamma”, “che è divenuta una commodity del convenience food e sta soccombendo sotto i colpi di una deflazione impietosa. Questo vale per tutte le referenze eccetto che, per i funghi, che crescono a volume e valore (rispettivamente +4,5% e +8,9%) e gli spinaci con -2,98% a volume e un +2,2% a valore”, come emerso nel focus fatto dall’“Informatore Agrario”. Nel reparto del “ready to eat fresco”, composto da 135 referenze medie per punto di vendita, il 31% dell’assortimento è rappresentato dalle insalate in busta, il 32% dai piatti pronti, il 12% dagli ortaggi cotti, l’11% dalla prima gamma evoluta, l’8% da ortaggi di quarta gamma e il 6% dalle insalate arricchite. “Negli ultimi quattro anni - ha detto Vincenzo Lenucci, responsabile dello sviluppo economico Confagricoltura - le insalate di quarta gamma hanno perso 30 centesimi al chilo, quando invece servirebbe un apprezzamento da parte dei clienti, di almeno l’11%”. Questo comporta che, attualmente, almeno il 20% dei produttori sta lavorando sottocosto con un rapporto fatturato/costo dell’85,8%. “Il fatto che la marca del distributore detenga il 62% della quota di mercato - ha spiegato Claudio Scalise, managing partner SGMarketing - implica che essa ne determina le politiche di mercato”. Il lato positivo è che ormai può considerarsi sdoganato il tabù del prodotto industriale da guardare con diffidenza con cui la categoria è stata accolta all’inizio. Ma oggi siamo al paradosso che un prodotto di prima gamma costi quasi il doppio in più di quello di quarta: 2,29 euro al chilo contro 1,56 euro. “Per uscire da questa crisi - ha precisato Scalise - il comparto deve riflettere sui driver di acquisto principali che sono: specialità, territorialità e plant based che pure va inserito in questa categoria. Forse sono maturi i tempi per un grande progetto di valorizzazione in comune tra i diversi attori coinvolti”.
Altro trend sotto i riflettori quello della crescita dei frutti rossi, o meglio “blu”, come il mirtillo, protagonista a Macfrut, con “International Blueberry Days”, da cui sono emersi diversi punti di forza di questa produzione: “andamento di produzione e consumi, disponibilità di prodotto 52 settimane l’anno, innovazione di packaging e marketing per portare al consumatore nuove occasioni di acquisto e linee premium di prodotto”. Il Perù, tra i principali fornitori mondiali di mirtilli, ha aperto con le stime di produzione: negli ultimi cinque anni la produzione è passata da 43.000 tonnellate nel 2016 a 277.000 tonnellate nel 2022 e si sta avviando verso il raddoppio nei prossimi cinque anni. Secondo John Early (Agrovision), il Perù sta sviluppando in particolare i mercati asiatici, con la Cina in testa: oltre 1400 container sono stati inviati nel 2022 solo dai primi tre esportatori. Il tema del rinnovamento varietale sta interessando sia il Perù che il Cile, che sta ridisegnando le proprie strategie di produzione ed esportazione del mirtillo per fare fronte alle nuove sfide. Orieta Ramirez di Frusan ha individuato le principali criticità in “logistica, scarsità di manodopera, cambiamento climatico, miglioramento genetico; a questo si aggiungono nuovi paesi produttori che stanno rapidamente erodendo le quote di mercato globali del mirtillo cileno, tra cui principalmente Perù e Messico, ma anche Marocco e Cina e che stanno spingendo il Cile verso nuove strategie di diversificazione”. Le quantità in esportazione di mirtillo fresco cileno sono previste in calo del 20% nella prossima stagione 2022/23, da 110.000 tonnellate a 87.000.000 tonnellate. Il mercato statunitense è stato illustrato da Nader Musleh (California Giant Berry Farms): con una penetrazione del 45% e un fatturato di quasi 2 miliardi di dollari, il mirtillo rappresenta il settimo frutto più amato dagli americani: il 41% dei consumatori lo cita infatti come il frutto preferito. Justin Mudge di Chiltern Farms ha illustrato le sfide a cui sottoposti i produttori di mirtillo in Sudafrica: dopo una crescita che ha portato la produzione media dell’ultimo triennio oltre i 3000 ettari e le esportazioni a 24.000 tonnellate nel 2022, il settore sta vivendo una forte pressione su costi e prezzi: mentre tra 2020 e 2021 i prezzi sono calati del 23%, i costi hanno visto un’impennata del 51%, con una perdita di redditività che sta portando l’intero settore a riconsiderare la sostenibilità del proprio futuro, che è basato su una produzione di qualità e un’esperienza quasi centenaria di esportazioni ortofrutticole. Dominika Kozarzewska ha illustrato i risultati della campagna di promozione dei piccoli frutti che sta interessando la Polonia, dove l’intera filiera si è unita per comunicare al consumatore i benefici dei piccoli frutti. La Polonia, che produce mirtilli da quasi cinquant’anni, ha visto le importazioni crescere a un ritmo superiore alla produzione e all’esportazione, facendone uno dei mercati più dinamici in Europa. Gli acquisti dall’estero sono passati infatti da 9.910 tonnellate del 2020 a 14.250 tonnellate nel 2021, con un aumento del 44% e ormai quattro famiglie polacche su cinque acquistano mirtilli nell’anno. I “global players”, protagonisti mondiali della filiera del frutto blu, concordano, comunque, che lo sviluppo sarà sostenibile solo se si baserà sulla qualità, un obiettivo verso il quale tutti gli attori stanno lavorando: dai breeder per sviluppare nuove varietà fino a tutta la catena di produzione, commercializzazione e distribuzione. I consumatori di tutto il mondo continuano a dimostrare la propria passione per il mirtillo e sta al settore dimostrare che è possibile portare sulle tavole per 52 settimane un mirtillo all’altezza delle aspettative di gusto, croccantezza, aspetto visuale e salubrità. “I consumatori sono i nostri maggiori allegati - ha detto Stefano Predieri (CNR-IBE Bologna) - per comprendere e sviluppare una produzione sostenibile di qualità e che nel tempo possa soddisfare tutte le aspettative. Oggi i consumatori ospiti di Macfrut sono stati coinvolti direttamente in una prova assaggio guidato di cultivar di mirtilli innovative. Guidati da un team di otto esperti di analisi sensoriale del CNR, ne hanno valutato sia l’aspetto gustativo sia quello visivo. L’apparenza esterna deve infatti essere coniugata perfettamente con un gusto che soddisfi al momento dell’assaggio”.
Ma, a crescere, grazie alla grande attenzione al benessere, ma anche al gusto, è anche il mondo delle tisane e degli infusi “Un settore da valorizzare che può offrire opportunità per il mercato e per la filiera”, ha sottolineato Demetrio Benelli, direttore “Erboristeria Domani”. “Ogni giorno in Italia si consumano 7 milioni di infusi di cui l’80% camomilla. L’infuso è la forma più semplice per assumere erbe aromatiche ma questa apparente semplicità racchiude un universo di soggetti e di competenze all’interno di una filiera che auspichiamo sempre più corta - ha sottolineato Andrea Primavera, presidente Fippo (Federazione Italiana Produttori Piante Officinali) - la tisana fa bene ed è buona e richiede una attenta valutazione organolettica. L’incontro di oggi è solo il primo di altri progetti, compreso un festival internazionale dedicato alle tisane al quale stiamo pensando”. Valentina Scariot, professoressa associata del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ha presentato i risultati di tre progetti di ricerca sulle tecniche di essiccazione “dai quali cui è emerso che l’essiccazione a basse temperature è in grado di fornire ingredienti con un valore più elevato e una maggiore sostenibilità”. Ezio Battaglia, frate erborista della Antica Farmacia Erboristica Sant’Anna di Genova, ha parlato delle tisane realizzate all’interno di questa antichissima realtà che risale al 1650. “L’ideale sarebbe riuscire a dare a ogni persona la tisana giusta, perché sono le piccole variazioni che fanno la differenza”. Infine, Monica Borgogno, Sensory Project Manager Mérieux NutriSciences, si è soffermata sull’aspetto sensoriale e sul gusto: “mi occupo di capire come le persone percepiscono il prodotto: il consumatore è il primo interlocutore al quale dobbiamo rivolgerci per comprenderne le preferenze e sviluppare prodotti sempre più ottimizzati e di qualità”.

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