“Piazza Italia”, ovvero il più grande food center italiano nel mondo, avrebbe dovuto rappresentare l’eccellenza gastronomica del Bel Paese a Pechino.
Purtroppo, dopo un paio di anni di vita piuttosto tribolati, la società chiamata a gestire il progetto, al cui capitale ha partecipato anche lo stato italiano attraverso la Simest, ha definitivamente chiuso i battenti, stretta dalla morsa dei debiti e da un piano costi insostenibile. A dare la notizia il quotidiano “ItaliaOggi”.
Emanuele Plata, presidente di Crai Beijing, la società di gestione di “Piazza Italia”, per giunta, è da sei mesi costretto a rimanere in Cina, dato che le leggi locali impongono ai manager delle società in fallimento di restare nella terra della Grande Muraglia fino a quando i creditori non siano pagati.
La Crai Beijing è una società di diritto cinese partecipata al 61% dalla Tac (trading Agro Crai), a sua volta costituita con l’intervento dell’allora Ministro per le Politiche Agricole Paolo De Castro nel 2007, e composta da un gruppo di soci di tutto rispetto: Crai (catena di supermercati), Consorzio Grana Padano, Cavit (produzione vini), Conserve Italia, San Daniele Service (braccio operativo del consorzio del prosciutto), Frantoi artigiani d’Italia, Boscolo Etoile (ristorazione) e lo stesso Emanuele Plata. Ma a dare una mano, coprendo il 39% del capitale della società, c’è anche lo stato italiano attraverso la Simest (Società italiana per le imprese all’estero), società controllata al 76% dal ministero per lo sviluppo economico.
Il progetto però, fin dal suo inizio, stenta a decollare per poi prendere una deriva decisamente pericolosa, nonostante si spenda in prima persona anche il viceministro dello sviluppo economico Adolfo Urso. A fine 2009, i debiti ammontano a 4,3 milioni di euro e i costi di produzione a 3,5 milioni di euro, per una perdita secca di 6,4 milioni di euro.
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