La Germania, insieme a Gran Bretagna e Stati Uniti, è tra i mercati fondamentali per l’export del vino italiano, nonostante una frenata nei consumi iniziata già da qualche anno e che non pare arrestarsi. Non tanto in termini assoluti, con l’imbottigliato in crescita, nei primi tre mesi del 2018, sia nei volumi (+4,8%) che nei valori (+2,6%), quanto nel prezzo medio, che continua a scendere (-2,2%), ad appena 2,88 euro al litro, e fanno ancora peggio le importazioni di sparkling, che crescono in volume (+2,5%) ma calano in volume (+2,5%) ed ovviamente in prezzo medio (-4,1%). L’Italia resta il primo partner, con 47,7 milioni di litri di imbottigliato spediti, per 136 milioni di euro, e 4,6 milioni di litri di bollicine (18 milioni di euro, in crescita contro tendenziale del +15,9%). Ad approfondire le dinamiche del mercato tedesco, al Congresso n. 73 di Assoenologi di scena a Trieste fino a domani, è Konstantin Pechtl, responsabile acquisto vini italiani Weinwelt - Mack & Schühle.
“La situazione generale del vino in Germania ci parla del quarto mercato per consumi, dietro a Usa, Francia ed Italia, nonostante una produzione limitata, il che vuol dire ampio spazio al vino importato e quindi diversificazione, in un Paese - ricorda Pechtl - in cui la Gdo ha un ruolo fondamentale. A differenza degli Usa, il nostro è un mercato molto libero, il più libero al mondo: il canale off-trade ha una struttura molto organizzata, fatta di 40.000 supermercati in tutta la Germania, che porta ad un’alta concentrazione e ad una forte concorrenza. Sull’on-trade, invece, non ci sono limiti, perché il vino può essere venduto ovunque, sono 3.000 i distributori, le agenzie, i professionisti all’ingrosso e le strutture commerciali”.
In termini di volumi, riprende il responsabile acquisto vini italiani Weinwelt - Mack & Schühle, “parliamo di 20,2 milioni di ettolitri di vino bevuto, per un valore di 7,3 miliardi di euro, di cui 6,2 miliardi di euro nell’off-trade e 1,1 miliardi di euro nell’on-trade, che si traducono un 20,6 litri pro capite di vino fermo e 3,7 litri di spumanti, ossia l’8,5% di tutti i consumi mondiali, ed un’enorme stabilità. La produzione interna, però, copre appena il 41,8% del consumo complessivo tedesco, in una proporzione diametralmente opposta a quella italiana, con due Regioni a rappresentare la metà di tutto il vino tedesco: Rheinhessen e Pfalz. Facile allora capire perché la Germania sia il primo importatore al mondo, con 15,2 milioni di ettolitri di vino acquistato (di cui 3 milioni vengono però riesportati), e con l’Italia che rappresenta il 19,1% di tutto il vino bevuto ogni anno, per due motivi essenziali - ricorda Pechtl - ossia il rapporto qualità/prezzo e la sua fama, legata al turismo”.
Ma quali sono i tratti distintivi del mercato del vino in Germania? “Essenzialmente, uno: la concentrazione, che nasce da produttori ed imbottigliatori efficienti e competitivi, molto importanti nella commercializzazione di vino internazionale, la grande distribuzione in forte espansione anche all’estero e un mercato molto libero, quasi esente da tasse, imposte e restrizioni, se si escludono l’Iva e la tassa sugli spumanti. In Gdo - continua il responsabile acquisto vini italiani Weinwelt - Mack & Schühle - le prime 5 imprese (Edeka, Rewe, Lidl, Aldi e Metro) detengono il 75% delle quote di mercato, da cui nasce un tale proliferare di private label che il concetto di brand è legato ormai più che altro a Regione e varietà. In numeri, sulle 1,3 miliardi di bottiglie vendute in Gdo, il 64% è di una private label, percentuale che sale al 66% nel caso del vino italiano. Facile allora immaginare e comprendere come il segmento entry level (sotto i 5 euro al litro) rappresenti una quota importante del mercato (quasi il 25%), più di ogni altro grande Paese importatore. In generale, nella distribuzione delle vendite di vino, il canale off-trade vale il 78% del mercato (50% in discount, 28% nei supermercati), mentre l’on-trade vale il 14% e la vendita diretta in cantina l’8%”.
Qualcosa, però, a dispetto dei numeri, sta cambiando, come spiega ancora Konstantin Pechtl in chiusura, “perché c’è da registrare la crescente domanda di prodotti di alta fascia nei canali di vendita convenzionali, che ha determinato un aumento sia della quota di vendita dei supermercati e dei discount, che del livello qualitativo. Il lato negativo è che le vendite al dettaglio delle cantine cooperative subiscono il peggior calo, con i consumatori che tendono ad optare per la comodità dei supermercati e ad evitarsi il viaggio fino alla cantina. Le peggiori dinamiche di vendita - conclude il responsabile acquisto vini italiani Weinwelt - Mack & Schühle - si sono evidenziate nei negozi specializzati, che ad oggi rappresentano meno di un quinto della spesa in vino, pur detenendo, ovviamente, la spesa più alta per bottiglia”.
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