A 20 giorni dal termine per presentare all’Unione Europea opposizione alla domanda di riconoscimento del “Prosek” (l’opposizione italiana dovrà essere inviata agli uffici della Commissione Europea entro il 21 novembre, ndr), il gruppo di lavoro unitario - istituzionale e politico, tra Ministero delle Politiche Agricole, Regione Veneto, Regione Friuli-Venezia Giulia, Consorzi di tutela e organizzazioni della filiera vitivinicola - sul dossier più urgente sul tavolo del settore vitivinicolo, riunitosi oggi a Venezia per definire la strategia e la posizione italiana da assumere per contrastare la richiesta croata, ribadisce la posizione, compatta, della filiera del Prosecco (e con essa di tutto il vino italiano), ovviamente contraria alla possibilità, offerta dal Commissario all’Agricoltura Ue, Janusz Wojciechowski, di un riconoscimento della menzione tradizionale “Prosěk”.
I punti sono ormai noti, ma è bene ribadirli e ricordarli. Il riconoscimento del “Prosěk” in ambito europeo, infatti, oltre a generare confusione nei consumatori, indebolirebbe la posizione del Prosecco, che ha avuto il merito, dalla registrazione della Dop nel 2009, di investire e crescere, diventando la bollicina di riferimento dei wine lovers di tutto il mondo. Una popolarità che il vino passito croato andrebbe a sfruttare senza alcun merito, mettendo così in crisi il sistema di tutela delle Denominazioni d’Origine Ue, che, al contrario avrebbe bisogno di essere rafforzato nell’ottica degli accordi bilaterali che l’Europa ha firmato, e firmerà, con le altre economie del mondo.
Inoltre, al di là delle questioni di principio legislativo e regolamentare, ovviamente fondamentali, ce n’è una di natura squisitamente storica (che ha comunque una valenza giuridica), ricordata dal Coordinatore del Gruppo Socialists & Democrats alla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo in una interrogazione presentata al Commissario all’Agricoltura Ue, Janusz Wojciechowski, citando quanto, di fatto, riconosciuto dalla stessa Ue al momento della registrazione della Dop. “Siamo al paradosso: il nome di un luogo determinato che designa una Dop, come il paese di Prosecco, rischia di essere utilizzato come menzione tradizionale per un prodotto che nulla ha a che vedere con tale luogo”, ha detto Paolo De Castro. “L’Unione, già nel 2009, ha registrato la Dop “Prosecco”, riconoscendo che i primi documenti in cui viene citato, risalgono al Seicento, e parlano di un vino bianco che ha origine in particolare nel territorio del paese di Prosecco (Trieste). Ma non è tutto: esistono infatti cartografie ufficiali, risalenti al XVI secolo, dove il paese di Prosecco veniva chiamato Prosek nell’allora amministrazione dell’impero austro-ungarico, confermando come “Prosek” altro non sia che la traduzione di Prosecco”.
Da qui la richiesta di chiarimento rivolta dall’eurodeputato Pd al Commissario Ue: “il Commissario è a conoscenza di questi elementi?”, chiede De Castro. “Ha valutato se non creino confusione nel consumatore, prima di pubblicare nella Gazzetta ufficiale Ue la domanda di protezione della menzione tradizionale “Prosek”?. E come intende garantire la corretta applicazione della legislazione Ue da parte degli Stati membri, rafforzando il rispetto del diritto comunitario in materia di Indicazioni geografiche?. Continuiamo a lavorare sulla base di evidenze concrete - conclude l’europarlamentare PD - per scongiurare che la denominazione protetta “Prosecco”, una delle più emblematiche a livello Ue, diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea”.
Sulla vicenda “Prosek”, Unione Italiana Vini (Uiv) - che, con i suoi associati, rappresenta il 75% della produzione e dell’imbottigliamento di Prosecco - è particolarmente sorpresa e preoccupata dall’approccio bicefalo assunto dalla Commissione nel suo compito di difensore del sistema delle Indicazioni Geografiche, che essa stessa ha contribuito a creare. Da un lato, infatti, Bruxelles conduce un importante lavoro a livello internazionale per proteggere le Denominazioni di Origine europee negli accordi con i Paesi terzi, dall’altro, vorrebbe consentire il riconoscimento di una menzione omonima che evoca la denominazione Prosecco proprio in ambito comunitario. Con il risultato di indebolire la protezione e la reputazione di una delle Dop di maggiore successo, che da sola rappresenta un terzo delle importazioni mondiali di vino spumante e oltre l’80% degli sparkling imbottigliati in Italia (525 milioni di bottiglie).
Oggi, nella riunione conclusiva, a Venezia, da parte del gruppo di lavoro sul dossier “Prosek”, Unione Italiana Vini (Uiv) ritiene che l’eventuale riconoscimento del vino croato con menzione tradizionale omonima non rappresenterà solo un inganno ai consumatori, ma avrà anche l’effetto di diluire e sfruttare la reputazione e il riconoscimento creati negli anni da un’indicazione geografica anche attraverso ingenti investimenti, compresi quelli effettuati per proteggere il nome dalle violazioni, sia in ambito comunitario che nei Paesi Terzi. Un lavoro, quello del Prosecco, che ha determinato un effetto traino nell’export del made in Italy enologico, con una crescita delle vendite degli spumanti tricolori del +400% negli ultimi 20 anni. L’Osservatorio del Vino Uiv registra, inoltre, un’impennata dell’export, nei primi 7 mesi 2021, con il Prosecco che è cresciuto a valore del 32% per un corrispettivo vicino ai 700 milioni di euro.
L’Unione Italiana Vini (Uiv), che plaude al lavoro del Ministero dell’Agricoltura, al Sottosegretario, Gian Marco Centinaio, e al Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, per il metodo di lavoro e di condivisione adottati, sottolinea infine come tutti i soggetti istituzionali coinvolti siano riusciti a far squadra e a lavorare come sistema Paese. L’immagine del vino come settore frammentato e diviso, figlio di 100 campanili e oltre 500 denominazioni, non corrisponde alla realtà e appartiene a una narrativa che fa comodo a chi vuole il comparto debole. Da parte sua, Uiv - Unione Italiana Vini è impegnata, come concordato con il Ministero delle Politiche Agricole, a manifestare direttamente questa contrarietà al Commissario all’Agricoltura Wojciechowski, anche coinvolgendo i propri partner internazionali, in primo luogo il Comité Vins che rappresenta le imprese vitivinicole europee.
“La battaglia contro il Prošek non è solo un confronto tra Croazia e Italia, tra chi intende approfittare del successo della denominazione italiana per ritagliarsi un angolo di mercato e chi, come il nostro Paese, intende difendere con le unghie e con i denti la legittimità dei propri diritti”, spiega Vittorio Cino, dg Federvini. “È questo, ma è anche una questione di principio che dovrebbe allarmare non solo l’Italia ma tutti i Paesi europei che hanno un patrimonio di denominazioni da difendere. Il tentativo croato arriva solo dopo otto anni dalla presentazione ufficiale della domanda, quando il 22 settembre scorso la Commissione Europea ha sorprendentemente consentito l’avvio dell’iter formale di ricevimento. “Abbiamo già posto la questione a Bruxelles con la nostra associazione di categoria europea, chiedendo e ottenendo una presa di posizione forte nei confronti della richiesta croata - continua il dg Federvini, Cino - adesso intensificheremo il dialogo con i nostri omologhi francesi, spagnoli, portoghesi e tedeschi, affinché anche la pressione politica sulla Commissione Europea sia massima. È necessario che, oltre alla predisposizione di una completa ed esaustiva memoria tecnico-giuridica, il Governo eserciti il suo sforzo politico per cercare alleati a Bruxelles, trasformando il confronto italo-croato in una battaglia a tutto campo per la tutela della politica europea di difesa e valorizzazione dei prodotti di qualità”.
Come ricorda la Coldiretti, restano meno di 20 giorni per presentare all’Unione Europea opposizione alla domanda di riconoscimento del Prosek croato e tutelare il vero Prosecco che con una crescita delle esportazioni del 35% nei primi sei mesi del 2021 è il vino italiano più consumato e taroccato al mondo. “Ci sono le premesse per vincere questa battaglia in Europa ed evitare - sottolinea la Coldiretti - un precedente pericoloso che rischia di indebolire l’intero sistema di protezione giuridica dei marchi di tutela. Con il crescente successo il Prosecco ha conquistato il primato del vino italiano più imitato all’estero, con denominazioni storpiate come il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi. Ma in commercio - continua la Coldiretti - sono arrivati anche il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile, nella zona del Rio Grande, diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur”.
“Il Prosecco - ricorda la Coldiretti - è la star mondiale delle bollicine grazie a un incremento delle vendite oltre confine vertiginoso negli ultimi anni che ne consolidano la leadership a livello mondiale in termini di volumi esportati davanti a Champagne e Cava. Gli Stati Uniti sono diventati il primo acquirente di bottiglie di Prosecco, con un aumento del 48%, ma l’incremento maggiore delle vendite - sottolinea la Coldiretti - si è verificato in Russia dove gli acquisti sono più che raddoppiati (+115%) mentre in Germania guadagna il 37%, seguita dalla Francia (+32%), il Paese dello Champagne, in cui le bollicine italiane mettono a segno una significativa vittoria fuori casa, nei primi sei mesi del 2021. La produzione di Prosecco abbraccia due regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia), nove province e tre denominazioni d’origine (Prosecco Doc, Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Docg e Asolo Prosecco Docg) per una produzione complessiva stimata in crescita a - conclude la Coldiretti - 700 milioni di bottiglie dopo aver incassato nel 2019 il riconoscimento Unesco per le Colline del Prosecco”.
Come evidenzia il Sottosegretario alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, il senatore Gian Marco Centinaio, al termine della riunione finale del gruppo di opposizione al Prosek, “a fronte dei risultati del gruppo di lavoro ci aspettiamo ora che la Commissione Ue metta un freno a un goffo e maldestro tentativo di copiare la nostra Dop più importante, e che fermi un pericoloso precedente che istituzionalizzerebbe l’Italian sounding e che quindi va contrastato con ogni mezzo”. Al termine della riunione finale del gruppo di opposizione al Prosek di scena oggi a Venezia, Centinaio sottolinea come oggi sia stato “ribadito che il Prosecco rappresenta una tipicità esclusivamente italiana e che il Prosek è imitazione, evocazione. I nostri tecnici hanno messo nero su bianco tutte le ragioni per dire no alla richiesta croata. Abbiamo trovato motivazioni storiche e giuridiche che ci fanno essere ottimisti. L’intero Sistema Paese - prosegue il Sottosegretario - ha lavorato unito per difendere una delle eccellenze del nostro patrimonio agroalimentare, nonché il maggiore successo commerciale degli ultimi anni. Nel 2020 - ricorda Centinaio - sono state prodotte 500 milioni di bottiglie per 2,4 miliardi di euro di fatturato al consumo. Negli ultimi cinque anni sia le esportazioni sia il valore della produzione sono aumentati del 30%, arrivando a sfiorare una quota del 25 per cento del valore totale nazionale delle Dop del vino. Un patrimonio riconosciuto anche dall’Unesco e legato all’identità territoriale, alla nostra distintività e alla nostra cultura che non possiamo permettere sia messo a rischio. La Commissione sia ora custode dei Trattati europei, difenda le 838 Dop e Igp italiane, così come tutte le Dop degli altri paesi dell’Unione da imitazioni ed evocazioni. Ci aspettiamo che lo faccia fino in fondo. Abbiamo lavorato sodo e all’unisono nella task force per mettere a punto l’opposizione dell’Italia. Sono fiducioso che vinceremo. E non abbasseremo la guardia fino al risultato finale”, conclude Centinaio.
Anche il settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative Agroalimentare, per bocca del suo coordinatore, Luca Rigotti, ci ha tenuto a sottolineare come il caso Prošek violi i principi stabiliti a livello europeo, perché potenzialmente in grado di ingenerare confusione e di indurre in errore i consumatori che in taluni casi, ha ricordato il coordinatore Luca Rigotti, “pur non conoscendo le caratteristiche dei prodotti Prošek e Prosecco, riconoscono, o credono di riconoscere, la notorietà del nome, corrispondente alla sua letterale traduzione. Siamo in prima linea nel sostenere la procedura di opposizione alla richiesta di riconoscimento del “Prošek”, istanza che riteniamo lesiva per le filiere e per i territori viticoli delle tre produzioni Prosecco Doc e per le due Docg Conegliano Valdobbiadene Prosecco e Asolo Prosecco, un segmento di assoluto valore economico e territoriale nel quale la cooperazione esercita un ruolo di primo piano sia a livello produttivo che sotto il profilo commerciale. Il fatto che il Prošek sia un vino ottenuto da uve appassite e non un vino spumante o frizzante non esclude pertanto - ha proseguito Rigotti - che tale circostanza non possa ingenerare confusione nel consumatore, anche considerando le recenti pronunce della Corte di Giustizia europea che in più occasioni ha garantito un ampio raggio di tutela delle Dop e delle Igp, esteso a tutti gli usi, compresi tra l’altro i servizi e non solo i prodotti, come indicato nella sentenza Champanillo, che sfruttano la notorietà dei nomi protetti. Il caso Prošek - ha concluso Rigotti - potrebbe rappresentare un precedente pericoloso ed un grimaldello per indebolire in futuro altre filiere territoriali Dop e Igp. Per questo abbiamo apprezzato l’azione unitaria e coordinata tra il Governo, il Ministero delle Politiche Agricole, che ha attivato uno specifico tavolo di lavoro, nonché le Regioni, i Consorzi di tutela e le altre associazioni ed organizzazioni del settore vitivinicolo”.
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