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LA QUERELLE

Prosecco o non Prosecco, nel futuro della Docg di Conegliano e Valdobbiadene? Parlano i produttori

Le diverse posizioni di cantine come Carpenè Malvolti, Nino Franco, Bortolomiol, Adami, Bisol e Col Vetoraz, e di Consorzi di Docg e Doc

Ha spaccato le opinioni, come ora logico, la querelle sul nome “Prosecco”, e sul suo utilizzo o meno, o meglio ancora sul suo possibile, futuro abbandono, da parte del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, il territorio storico della galassia Prosecco, dove alcuni player ritengono che, dopo la nascita della Doc, nel 2009, e dopo il successo planetario di questo spumante, il termine “Prosecco” in quanto tale appiattisca le differenze tra lo spumante prodotto in collina, quello Docg (90 milioni di bottiglie), e quello di pianura, ovvero quello della Doc (450.000 milioni di bottiglie). A dare il là alla discussione, è stata la cantina Col Vetoraz, che, da anni, ha scelto di non mettere Prosecco in etichetta sulle sue bottiglie di Valdobbiadene Docg, come peraltro già consente il disciplinare, e che ha voluto ora comunicare in maniera più netta, come spiega a WineNews l’enologo Loris Dall’Acqua.
“Riteniamo che la situazione attuale del sistema Prosecco stia opprimendo la denominazione del Conegliano Valdobbiadene, e quindi come Col Vetoraz abbiamo fatto questa scelta consentita dal disciplinare per fare chiarezza con in consumatori, e puntare esclusivamente su Valdobbiadene, che, secondo noi, è l’unica vera espressione territoriale”.
Fin qui una posizione aziendale, ma Dall’Acqua è anche “Gran Maestro” della Confraternita di Valdobbiadene (che, si legge sul sito, “ha come propria mission lo sviluppo e la promozione del Valdobbiadene Docg. Composta da tecnici enoici e da personalità del mondo vitivinicolo, la Confraternita è oggi un’autentica Università del Prosecco e lavora per lo sviluppo di un sodalizio tra persone, cantine, territorio e il suo prodotto principe, ndr), e da qui parte l’ipotesi di un progressivo abbandono del termine Prosecco, a livello di denominazione: “abbiamo inviato un’istanza ai 2.640 soggetti della filiera dei 15 Comuni della Docg, per capire se la base del territorio Conegliano Valdobbiadene sente l’esigenza di intraprendere un percorso autonomo fuori dal grande sistema Prosecco, perchè stiamo verificando la perdita di percezione, da parte dei consumatori, delle distinzioni tra le varie provenienze, e vogliamo capire cosa ne pensa del territorio”. Inizio di un percorso che, come “estrema ratio” potrebbe portare, tra le ipotesi, alla cancellazione del nome Prosecco dalla Docg: “è parte della nostra storia, ma ci ritroviamo a valutare l’attuale, indipendentemente dalla storia, e la percezione che abbiamo è che la realtà storica di Conegliano e Valdobbiadene corra il rischio di venire appiattita, perchè il peso del sistema Prosecco è totalmente diverso, e abbiamo la sensazione che la via per riemergere sia quella di una strada autonoma. Chiaramente soffriremmo nell’abbandonare l’origine, questo è chiaro. Non stiamo imponendo nulla ovviamente, ma stiamo cercando di capire cosa pensa il territorio, e siccome abbiamo raccolto tanti malumori nel territorio, e capire come fare chiarezza, chiarezza che a lungo termine può diventare un vantaggio per tutti”.
E su questo aspetto, è stato il Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg a rilanciare la riflessione, come spiegato a WineNews dal presidente Innocente Nardi: “non vogliamo abbandonare il termine Prosecco: si tratta di comunicare una differenza all’interno del sistema Prosecco, e di capire come fare. Ma è una questione che dobbiamo porci, senza pregiudizi e preclusioni”.
Ovviamente, però, la questione ha provocato la reazione del Consorzio del Prosecco Doc: “la Denominazione Conegliano - Valdobbiadene Docg ha tutto il diritto di decidere del proprio nome, ovviamente anche di rinunciare al termine Prosecco. Quel che trovo inspiegabile è che nel fare questo passaggio tenda a denigrare il lavoro degli altri, della Prosecco Doc in particolare, che invece ha lavorato con impegno e - dati alla mano - ne ha sostenuto lo sviluppo. La produzione Conegliano Valdobbiadene Docg è, infatti, passata dai 60 milioni del 2009 agli oltre 90 milioni di bottiglie attuali. Quindi la crescita della Doc in questi 10 anni, ha favorito anche la Docg sia in termini di volume che di valore”, ha detto il presidente del Consorzio del Prosecco Doc, Stefano Zanette.
E sul tema è intervenuto anche il Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, che, da Ministro delle Politiche Agricole, nel 2009, “battezzò” la nascita della Doc:“togliere la parola Prosecco dalle etichette - dice - è una partita che riguarda i produttori. Ovviamente dovrà essere modificato il disciplinare. Personalmente penso che togliere repentinamente il nome dalle etichette farà spostare gli acquirenti, soprattutto all’estero, su quelli che hanno il nome. L’appello ai Consorzi è che si facciano sentire, perché rappresentano i produttori. È inaccettabile sentir dire che con il decreto del 2009 il Prosecco ci ha rimesso”.
Ma opinioni diverse su questa idea le hanno, in primis, gli stessi produttori del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg. A partire da Domenico Scimone, ad Carpenè Malvolti, la prima cantina che, nel 1924, scrisse il nome Prosecco in etichetta, e che sta per partire per un tour mondiale per lanciare il suo “Prosecco 1924”, per riaffermare origini, storia ed il gusto originario del Prosecco. “Lavorare al massimo per valorizzare al meglio le differenze tra il Prosecco che nasce dalla colline patrimonio Unesco e quelle di pianura è opportuno e doveroso, ma pensare di abbandonare il termine Prosecco da parte del territorio dove è nato, non è la strada giusta”, spiega a WineNews.
Sulla stessa linea anche Elvira Bortolomiol, alla guida della storica cantina di Valdobbiadene: “abbiamo fatto tanto per tutelare il nome Prosecco, che comprende un sistema di cui fanno parte la collina e la pianura, e non capisco come si possa tornare indietro. Abbiamo avuto questo grande riconoscimento Unesco per le Colline di Conegliano e Valdobbiadene, e io credo che il territorio non venga messo in secondo piano. Il nome Prosecco è importante, magari in futuro si parlerà più del nome del territorio, che dobbiamo valorizzare di più, che del Prosecco, ma non capisco come si possa abbandonare il nome Prosecco, non credo sia la soluzione opportuna per valorizzare di più la collina. Anche perchè nel 2009 il nome Prosecco è diventato quello di una Doc per essere tutelato nel mondo, c’è un legame da questo punto di vista tra collina e pianura, e non vedo come si possa uscirne”.
Più tranchant il parere di Gianluca Bisol della storica griffe che, da qualche anno, è sotto l’egida del gruppo Ferrari - Fratelli Lunelli: “non condivido assolutamente l’idea di eliminare la parola “Prosecco Superiore”, che è quella che meglio aiuta ad individuare il vino prodotto nelle nostre storiche colline rispetto al “mare” di Prosecco di pianura. Dico di più, se vogliamo usare in maggiore evidenza Valdobbiadene (o Conegliano, ndr), dobbiamo utilizzare Prosecco Superiore con la scritta Valdobbiadene esclusivamente per lo spumante prodotto con le uve raccolte nel comune di Valdobbiadene. Come il Brunello di Montalcino è prodotto nel solo comune di Montalcino, così per chi vuole scrivere Valdobbiadene dovrebbe fare lo stesso. E, ancora, dobbiamo valorizzare le Rive, ed iniziare un ragionamento che limiti la destinazione delle uve della Docg alla produzione solo di Valdobbiadene Docg e non anche di Prosecco Doc”.
Netta anche la posizione di Primo Franco, alla guida della Nino Franco, e tra i decani della denominazione: “io ho sempre affermato che oggi la denominazione è Conegliano e Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, e che questo non si debba toccare. Dopo di che il disciplinare già prevede che uno possa scrivere Valdobbiadene Docg, il mondo oggi compra Prosecco, sta alla singola azienda usare la comunicazione ed il marketing come meglio crede. Io parto dal presupposto che prima c’è Nino Franco, poi Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, cioè è più importante la marca della denominazione. La marca è delle aziende, la denominazione è un bene comune, e garantisce l’origine e la provenienza. Diverse aziende, dal 2009, discuteva sull’utilizzare solo Valdobbiadene, ma penso che queste aziende non lavorano con l’estero, o hanno percentuali di esportazioni minime”.
Contrario ad un’ipotesi di abbandono oggi, aperto alla discussione per il futuro, invece, è Franco Adami, alla guida della griffe Adami: “da disciplinare oggi la scelta di usare o meno la parola Prosecco Superiore è volontaria - ricorda Adami - e che certe aziende abbiano ritenuto di non utilizzarlo è un dato di fatto, non è cosa di oggi. Nella nostra Docg c’è chi crede che la parola Prosecco sia diventato un peso, e chi crede invece sia ancora importante, soprattutto accompagnato da Superiore, per riconoscere una storia che è stata fatta in questo territorio, e poi si è “spostata” anche in un territorio più grande. Abbandonare la parola Prosecco è una discussione accesa e che va avanti da tempo, e durerà ancora un bel po’, e che andrebbe in ogni caso condivisa da una grande maggioranza dei produttori per modificare il disciplinare. Credo che si possa ragionare di tutto, ma non fare azioni repentine, che potrebbero anche essere boomerang. Ad abbandonare il termine Prosecco, adesso, sono contrario, ma sono aperto a fare un percorso che valorizzi di più Conegliano Valdobbiadene che Prosecco. Magari si può sperimentare con le Rive, dove già va indicato il comune di provenienza delle uve, si può sperimentare con qualche azienda, poi vediamo che succede. E magari pensare ad un domani dove a Conegliano Valdobbiadene si fa solo Prosecco Superiore Docg, senza la possibilità, come a volte accade di declassare a Doc. In ogni casi i tavoli vanno tenuti aperti, si deve discutere sempre e di tutto, perchè i tempi cambiano”.

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