Sempre al centro delle cronache per gli incredibili successi che il Prosecco ha avuto negli ultimi anni, i vigneti da cui nascono le più celebri bollicine italiane sono balzati tragicamente in prima pagina, in questi giorni, dopo la bomba d’acqua (80 millimetri d’acqua a metro quadro in pochi minuti) che ha colpito la zona, e in particolare Refrontolo, dove il nubifragio ha causato, oltre a danni ingenti, anche 4 vittime. C’è chi ha messo sotto accusa i vigneti: troppi secondo alcuni, e non in grado di drenare l’acqua come invece farebbero i boschi, a cui i vigneti stessi negli ultimi anni avrebbero rubato spazio. Boschi che, però, da altri, sono ritenuti invece i corresponsabili della tragedia, soprattutto per colpa dell’incuria. Secondo il professor Tiziano Tempesta, docente di Economia del Territorio all’Università di Padova, come riporta il quotidiano “Corriere della Sera” di oggi, “negli ultimi 40 anni, dal 1970 al 2010, c’è stato un enorme abbandondo del terreno coltivato, a favore del bosco. La superficie agricola nei 21 comuni del Prosecco, fra Conegliano e Valdobbiadene (Refrontolo è praticamente a metà strada, ndr), si è ridotta del 30%, la boscosità è del 42%, i vigneti del 30%”. N
umeri a sostegno dei produttori, dunque, che rimandano le accuse ai mittenti, anche se, spiega ancora Tempesta, è pur vero che i nuovi metodi di coltivazone possono cambiare la “struttura idraulica” del territorio. A scagionare i vigneti, sempre dalla pagine del “Corriere della Sera”, è Mauro Agnoletti, docente al Dipartimentino di Gestione dei sistemi agrari, alimentari e forestali, dell’Università di Firenze, secondo cui “i vigneti non c’entrano nulla”, e che semmai sono proprio i boschi, con il loro peso maggiore, e spesso abbandonati a se stessi, il vero rischio. Anzi, suggerisce Agnoletti, gli agricoltori ed i viticoltori, invece che sul banco di accusa, andrebbero utilizzati come “sentinelle” dell’ambiente, anche finanziandoli per questo ruolo. Intanto, mentre le inchieste vanno avanti (si indaga anche sulla regolarità del capannone spazzato via dall’acqua, dove sono avvenute le tragiche morti), il settore vitivinicolo del territorio, unito, dice la sua, rivendicando anche proprio quel ruolo degli agricoltori e dei viticoltori come custodi del territorio stesso, i primi interessati alla sua conservazione:
“Il primo pensiero di tutti gli aderenti alle Associazioni e Consorzi che rappresentiamo è rivolto alle vittime della tragedia accaduta al Molinetto della Croda e alle loro famiglie, di cui condividiamo il dolore e a cui siamo estremamente vicini - si legge in una nota congiunta Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, e del Gruppo Vinicolo di Unindustria, di Confagricoltura, di Confederazione Italiana Agricoltori di Coldiretti e di Confcooperative settore vitivinicolo di Treviso - una tragedia che ci tocca profondamente. L’impegno di tutti, ora, deve essere rivolto all’individuazione delle reali cause e a fare in modo che non si ripetano. Noi siamo pronti sin da subito a fare la nostra parte.
L’unica certezza, al momento, è l’eccezionalità delle precipitazioni che si sono verificate in un arco di tempo estremamente breve e in un’area geografica ridotta. È indispensabile, però, rimarcare alcuni punti fermi.
Nella zona della Docg Conegliano e Valdobbiadene operano circa 3.200 produttori, i quali possiedono poco più di due ettari di vigneto in media (tranne poche eccezioni di aziende di dimensioni rilevanti), spesso suddivisi in più appezzamenti. Una realtà frammentata, in cui non si coltiva soltanto la vite, ma una cui parte significativa è coperta da vegetazione boschiva che preserva la biodiversità e l’equilibrio. La viticoltura di collina richiede una assidua presenza dell’uomo. Una presenza quotidiana, che osserva ed interagisce con le forze della natura, nel rispetto reciproco, per conservare l’equilibrio produttivo. Chi coltiva i vigneti è un vero custode del territorio, vive con la vigna, per la vigna e in molti casi accanto alla vigna. Per questo, ogni intervento conservativo o di salvaguardia viene eseguito con la cura del buon padre di famiglia e in un’ottica di lungo periodo ed è sottoposto a un iter di elaborazione e approvazione che ne verifica l’adeguatezza tecnica e l’idoneità agli scopi di salvaguardia. Dal secondo dopoguerra in poi, la zona ha subito un progressivo spopolamento, rischiando di diventare una mera meta turistica per i fine settimana; la tendenza è stata attenuata proprio grazie alla presenza e alla cura di chi la coltiva e ha l’interesse a mantenerla nelle migliori condizioni per consegnarla alle future generazioni. La zona tra i borghi di Rolle e Arfanta ha caratteristiche idrogeologiche peculiari che la rendono unica, ma che creano anche una fragilità intrinseca che, in presenza di precipitazioni rilevanti, porta a frane o smottamenti. Le acque sono regimate per evitare fenomeni erosivi, conservare la fertilità dei suoli e dare stabilità ai versanti, rafforzando la conservazione dei pendii e rendere durevole la sua fonte di reddito. Abbiamo voluto adottare una dichiarazione congiunta proprio per rimarcare la condivisione del cordoglio per le vittime e le loro famiglie e ribadire l’amore per il nostro territorio e la passione che unisce tutti gli aderenti alle Associazioni e ai Consorzi che rappresentiamo”.
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