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ATTO DI RESPONSABILITÀ

Riscaldamento, siccità e pesca illegale: i Presìdi Slow Food si fermano per salvare il mare

Succede ad Ancona e Torre Guaceto: stop di un mese nelle Marche a tutela del mosciolo, in Puglia tutto rinviato al 2025 e lotta agli abusivi

Le temperature del mare aumentano, è piovuto poco e la pesca illegale danneggia la natura. Nei Presìdi Slow Food di Ancona e nell’area marina protetta di Torre Guaceto, vicino a Brindisi, i pescatori compiono un atto di responsabilità e interrompono l’attività per salvare il loro mare. Uno stop dovuto ad una situazione definita da Slow Food stesso “drammatica” e che vedrà rinviare di un mese la stagione nel capoluogo marchigiano e di un anno intero quella nell’area marina protetta pugliese.
A preoccupare sulle coste marchigiane è la quasi scomparsa del mosciolo, una cozza selvatica tipica del territorio: “non è soltanto un’economia importante e una tradizione in cucina, è una questione identitaria - racconta Roberto Rubegni, responsabile Slow Food del Presidio - sono due anni che i pescatori denunciano la presenza di pochi moscioli. Nel 2022 hanno chiuso la stagione a fine agosto, anziché a fine ottobre come previsto dal disciplinare, e la scorsa estate ancora prima. L’hanno fatto per cercare di salvare la stagione successiva, cioè quella che si sarebbe dovuta aprire il 15 maggio”. Ma la misura adottata non è stata sufficiente: i molluschi sono pochi anche quest’anno, e così le due principali cooperative di pescatori attive nella zona (tra cui le tre barche di chi aderisce al Presidio Slow Food) hanno scelto di rinviare l’inizio della raccolta al 15 giugno. “Siamo preoccupati e per questo motivo già nei mesi scorsi, come Condotta Slow Food, abbiamo esortato il sindaco di Ancona ad aprire un tavolo, con partner scientifici come l’Università Politecnica delle Marche, l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche, il Cnr e Arpa, per indagare le cause del declino della popolazione di moscioli. Ma oltre agli aspetti scientifici - conclude Rubegni - pesa la pesca illegale, ovvero chi si immerge nelle acque del promontorio, preleva decine di chili se non quintali di molluschi, e li rivende attraverso canali poco limpidi. Temiamo che l’unica soluzione possa essere uno stop a lungo termine, come fatto a Torre Guaceto”.
Nell’area marina protetta pugliese, con l’interruzione dell’attività per un anno, si è ripresa una soluzione adottata già diverso tempo fa quando, tra il 2000 e il 2005, nella zona non si è proprio pescato : “in quel periodo osservammo un incremento della popolazione ittica del 400%”, ricorda Marcello Longo, presidente Slow Food Puglia. Torre Guaceto è un’area marina protetta, nella quale possono operare soltanto sette barche autorizzate (quelle che aderiscono al Presidio Slow Food della piccola pesca di Torre Guaceto), un solo giorno alla settimana e soltanto nell’area più esterna. Eppure, la situazione è tornata critica. Il Consorzio che gestisce l’area non ha dubbi: è colpa della pesca illegale. E per combattere la piaga della pesca di frodo è stato installato un sistema di videosorveglianza che consente di allertare velocemente le forze dell’ordine nel caso in cui dovessero entrare nell’area protetta imbarcazioni non autorizzate. I pescatori artigianali, che per dodici mesi non potranno pescare, saranno invece coinvolti in un progetto (retribuito) di monitoraggio, per verificare l’efficacia del fermo pesca.

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