Bere vino fa bene o male? Dilemma eterno, che la scienza analizza da tempo. E sono sempre di più le ricerche e le voci che sostengono che sia meglio concedersi un calice, con moderazione, piuttosto che essere astemi. Messaggio confermato, nei giorni scorsi, da medici e docenti dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, nel congresso “Vino e Salute”, organizzato da Ct Consulting Events a Palazzo Borghese a Roma.
“Meglio assumere una quantità moderata di alcol che non assumerlo per niente. Il vino in quantità moderata, in particolare, aiuta l’attività cardiovascolare”, ha spiegato il cardiologo Germano Di Sciascio. Ed i pregi, in particolare, del vino rosso ricco di polifenoli, per il cuore, non sono pochi, ha sottolineato il professor Di Sciascio, partendo dall’esemplare “paradosso francese”, come l’ha definito lo scienziato Serge Renaud, ovvero dal fatto che i francesi, pur avendo una dieta ricca di grassi, vedi foie gras e formaggi vari, hanno una bassa incidenza di malattie cardiovascolari. E questo grazie al vino che aiuta il buon funzionamento cardiovascolare.
“E lo stesso accade per esempio in Sardegna - ha sottolineato Di Sciascio - anche lì la dieta è ricca di grassi ma risulta una bassa incidenza di malattie cardiovascolari nonché è il territorio con l’indice di longevità più alto al mondo. È stato riscontrato che il cannonau ha polifenoli con una attività antiossidente superiore di tre volte alla media”. I polifenoli riducono l’aggregazione piastrinica, quindi favoriscono il funzionamento delle arterie, ha ricordato il professore. Ma sviluppando anche un’azione antinfiammatoria e favoriscono il colesterolo buono contrastando al contrario quello cattivo. “Tutti questi vantaggi esistono solo se parliamo di un consumo moderato di vino - ha ammonito il professore - se si eccede, invece. le conseguenze negative sono numerose”.
Sulle proprietà positive o meno del vino per la salute c’è tuttavia ancora molto da ricercare e verificare, ha osservato Manon Khazrai, docente del Corso di laurea in Scienze dell’alimentazione e nutrizione umana al Bio Campus. Secondo quanto evidenziato da una ricerca scientifica effettuata su 3.000 soggetti del Regno Unito, Usa e Olanda, per esempio, è stato verificato che il vino rosso facilità la diversificazione batterica del microbiota intestinale grazie agli effetti dei numerosi polifenoli dalle capacità antiossidanti e antinfiammatorie. Ma è stato anche dimostrato, ha, peraltro, sottolineato la dottoressa Khazrai, attraverso una ricerca svolta svolta nel Chianti dal 1998 al 2009 in 800 soggetti pari o superiori all’età di 65 anni, che il resveratrolo assunto attraverso la dieta in età adulta e avanzata è privo di potere antiossidante e antinfiammatorio.
Ma all’Università Campus Bio-medico di Roma la ricerca applicata alla nutrizione si focalizza anche sui più sofisticati strumenti tecnologici. L’ingegnere elettronico Marco Santonico, docente di Scienza e tecnologia alimentare e gestione di filiera, ha raccontato che da un anno e mezzo si svolgono prove in laboratorio per affinare le grandi potenzialità offerte nel settore enologico dai sensori elettronici. Gli esperimenti svolti su un campione di vini bianchi e spumanti hanno rilevato la capacità dei sensori di distinguere al 100% la differenza tra le due categorie di vini, e anche la capacità, all’80%, di distinguere tra le varie tipologie di vino. Santonico ritiene che in futuro il sensore elettronico allo studio potrà essere inserito dentro un tappo per essere sempre a contatto con il vino nel suo processo di invecchiamento e “capire in tempo reale cosa sta accadendo all’interno di una bottiglia. E, magari, con uno smartphone in mano girando per la cantina si potrà capire - ha concluso Santonico - sei il vino in quella bottiglia ha subito un’alterazione”.
“Nei nostri laboratori siamo impegnati - ha spiegato la dottoressa Laura De Gara, docente di fisiologia vegetale - in vari test sui sensori nel campo dei cambiamenti biochimici. Li utilizziamo molto, per esempio, per avere informazioni sulla “shelf life” dei prodotti alimentari e pensiamo che possano risultare molto utili anche nel contrasto allo spreco alimentare. Ma indubbiamente ci vuole ancora molta ricerca”.
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