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RAPPORTO GREENITALY

Se il Belpaese si scopre più verde: 300.000 imprese hanno investito in green economy nel 2019

A WineNews il presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci: “vino metafora dell’incontro tra green economy, qualità, bellezza e territori”

La green economy è stata, in questi anni difficili, la migliore risposta alla crisi, una strada che guarda avanti e affronta le sfide del futuro incrociando la natura profonda della nostra economia: la spinta per la qualità e la bellezza, la coesione sociale, naturali alleate dell’uso efficiente di energia e materia, dell’innovazione, dell’high-tech. Una coraggiosa e vincente evoluzione di sistema avviata “dal basso”, che si basa su investimenti e produce lavoro, sostiene la coesione delle comunità e si intreccia con il territorio, raccontata dal decimo Rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere - promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont, con la partnership di Si.Camera e Ecocerved e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - che misura e pesa la forza della green economy nazionale, raccontando una accelerazione verso il green del sistema imprenditoriale italiano, con uno studio su oltre 300 storie di economia circolare. Record per gli eco investimenti nel 2019, anno in cui la quota raggiunge un valore pari a 21,5%, corrispondente a un valore assoluto di quasi 300.000 imprese e del 7,2% superiore a quanto registrato nel 2011.
Sono oltre 432.000 le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito nel periodo 2015-2018, o prevedono di farlo entro la fine del 2019 in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. In pratica quasi un’azienda italiana su tre, il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola. E nel manifatturiero sono più di una su tre (35,8%). Solo quest’anno, quasi 300.000 aziende hanno investito, o intendono farlo entro dicembre, sulla sostenibilità e l’efficienza. “In Italia una parte importante dell’economia e della società è incamminata sulla strada giusta - racconta a WineNews Ermete Realacci, presidente del Fondazione Symbol, che oggi a Roma ha presentato il rapporto GreenItaly - al di là del sostegno della politica. In questi dieci anni una parte importante delle imprese italiane, pari ad un terzo del totale, hanno investito in fonti rinnovabili, risparmio energetico, recupero e riusi dei materiali, innovazioni di processo e di prodotto, in tutti i settori produttivi. L’agricoltura, per certi aspetti, è in fondo, producendo però una delle metafore più efficaci di quello che è l’incrocio, molto italiano, tra green economy, qualità, bellezza e legame con i territori, che è la storia del vino. La vicenda del vino ha anticipato ciò che è accaduto un tanti altri settori: per effetto della crisi, drammatica, del metanolo, nel 1986, ci fu un’inversione di rotta, voluta più dalla società e dalle imprese che dalla politica, che pure innalzò il livello dei controlli, così che oggi produciamo molto meno vino che negli anni Ottanta, ma che genera un valore decisamente maggiore. La capacità di produrre vini partendo dalle nostre unicità - aggiunge Realacci - per esempio i vitigni autoctoni, o le diversità dei nostri terreni e dei nostri climi, è stato un esempio seguito, in un certo senso, da tante altre filiere, specie del manifatturiero, ad esempio gli occhiali, le calzature, la meccatronica: un passaggio in cui la qualità, la bellezza, l’innovazione hanno preso il posto della qualità riducendo anche l’impatto ambientale”.
Ecco ciò che misura GreenItaly, specie in termini di crescita e di cambiamenti sul lungo periodo. “La generazione Greta ha bisogno di risposte più che di carezze. Molto sta cambiando anche se troppo lentamente. Quando 10 anni fa pubblicavamo il primo GreenItaly - riprende il presidente della Fondazione Symbola - nel mondo c’erano 25 GW di fotovoltaico installato: oggi i GW sono diventati 660. La tecnologia ha compiuto enormi progressi e in questi 10 anni il costo dell’elettricità da fotovoltaico, dice l’Unep, è crollato dell’81%, e quello dell’eolico del 46%. È già oggi in campo un’economia più sostenibile e a misura d’uomo che mette insieme innovazione e qualità con valori e coesione sociale; ricerca e tecnologia con design e bellezza, industria 4.0 e antichi saperi. Un modello produttivo e sociale che offre al nostro Paese la possibilità di avere un rilevante ruolo internazionale: già oggi l’Italia è la superpotenza europea nell’economia circolare con il 79% di rifiuti totali avviati a riciclo e presenta un’incidenza ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei: la Francia è al 55%, il Regno Unito al 49%, la Germania al 43%. La green economy italiana è la frontiera più avanzata per cogliere queste opportunità. È un’Italia che fa l’Italia, che non perde la propria anima ed è insieme innovativa e in grado di affrontare le sfide del futuro, senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno”.
“Le 10 edizioni di GreenItaly dimostrano come l’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente del sistema economico italiano sia cresciuta anno dopo anno”, ha sottolineato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “I dati parlano chiaro. Una impresa su tre ha imboccato la strada della sostenibilità, 90mila in più dello scorso anno. E questa scelta si traduce in una maggiore produttività e competitività e in più capacità di innovazione e di export. Un dato interessante è che a questa accelerazione stanno contribuendo molto anche le imprese dei giovani under 35, che, nella metà dei casi, hanno puntato sulla greeneconomy. Nei prossimi 5 anni, l’economia circolare e sostenibile offrirà una opportunità di lavoro su 5 sia nel settore privato, sia in quello pubblico. Insomma, la svolta dell’economia italiana verso la sostenibilità e l’ambiente è in pieno svolgimento e l’Italia è in anticipo rispetto alle altre economie europee”.

Focus - Coldiretti, l’agricoltura italiana la più green d’Europa
Dai primati nella sostenibilità alla leadership nella qualità, dai record nella sicurezza alimentare al boom del biologico, l’agricoltura italiana è oggi la più green d’Europa, con una crescita che ne alimenta il successo in tutto il mondo. E’ quanto emerge da un’analisi Coldiretti/Symbola diffusa in occasione della presentazione del Rapporto Greenitaly. L’Italia è ai vertici mondiali per aree coltivate a biologico, ricorda Coldiretti, con 1,95 milioni di ettari nel 2018, pari al 15,5% della superficie agricola ma è anche leader globale nelle produzioni di qualità con 5.155 prodotti agroalimentari tradizionali, e con il 20% in più di prodotti a denominazione di origine (Dop, Igp e Stg) rispetto alla Francia e il 147% in più di quelli registrati dalla Spagna. Il Belpaese, continua Coldiretti; è da record anche per quanto riguarda la sicurezza alimentare. Fra i cinque stati europei più importanti dal punto di vista agricolo, l’Italia è, infatti, quello con il minor numero di prodotti con residui chimici oltre i limiti di legge, con appena lo 0,8% del totale contro l’1,3% della media Ue o il 5,5% dei prodotti extracomunitari.
L’agricoltura italiana è inoltre tra le più sostenibili, prosegue Coldiretti, con appena il 7,2% di tutte le emissioni a livello nazionale con un trend in calo del -1% dal 2012 rispetto alla crescita registrata invece in Francia (+0,85%) Germania (+2,11%), Regno Unito (+2,29%) e con il record negativo della Spagna (+10,55%). E il Paese, secondo l’analisi Coldiretti/Symbola, può vantare risultati importanti anche nel campo dell’economia circolare e delle energie rinnovabili visto che l’Italia con 822.301 impianti fotovoltaici nel 2018 per una potenza totale di 20.108 MW ha il primato europeo di consumi energetici da rinnovabili con il 18,3% del totale contro il 17,5% della Spagna o il 15,5% della Germania ed è anche il quarto produttore mondiale di biogas con oltre duemila impianti in attività di cui 3 su 4 alimentati da residui di origine agricola. “I primati del made in Italy a tavola sono un riconoscimento del ruolo del settore agricolo per la crescita sostenibile del Paese - afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - e l’agricoltura italiana è anche una risorsa strategica per avviare una nuova stagione di sviluppo economico e lavoro. L’Italia deve dunque difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne anche perché con la chiusura di un’azienda agricola, insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare il ruolo insostituibile di presidio del territorio”.

Focus - Green economy
Le aziende di questa GreenItaly hanno un dinamismo sui mercati esteri nettamente superiore al resto del sistema produttivo italiano: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5–499 addetti), il 51% delle eco-investitrici ha segnalato un aumento dell’export nel 2018, contro il più ridotto 38% di quelle che non hanno investito. Queste imprese innovano più delle altre: il 79% ha sviluppato attività di innovazione, contro il 61% delle non investitrici. Innovazione che guarda anche a Impresa 4.0: mentre tra le imprese eco-investitrici il 36% ha già adottato o sta portando avanti progetti per attivare misure legate al programma Impresa 4.0, quelle non investitrici sono al 18%.

Green Jobs: occupazione e innovazione
Nel 2018 il numero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni: 3.100.000 unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva (nel 2017 era il 13,0%). L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% delle altre figure professionali. La green economy è anche una questione anagrafica. Una importante spinta al nostro sistema manifatturiero verso la sostenibilità ambientale, infatti, è impressa dai giovani imprenditori: tra le imprese guidate da under 35, il 47% ha fatto eco-investimenti, contro il 23 delle over 35. Green economy significa anche cura sociale: il 56% delle imprese green sono imprese coesive, che investono cioè nel benessere economico e sociale dei propri lavoratori e della comunità di appartenenza relazionandosi con gli attori del territorio (altre imprese, stakeholder, organizzazioni non profit, ecc.); tra le imprese che non fanno investimenti green, invece, le coesive sono il 48%.

Leadership europea nelle performance ambientali
Le imprese di GreenItaly, incluse le PMI, hanno spinto l’intero sistema produttivo nazionale e il Paese verso una leadership europea nelle performance ambientali. Leadership che fa il paio coi nostri primati internazionali nella competitività. Queste oltre 430 mila imprese hanno dato all’Italia una leadership nella sostenibilità che possiamo misurare constatando che il nostro sistema industriale, con 14,8 tonnellate equivalenti di petrolio per milione di euro prodotto, è il secondo tra quelli dei grandi UE per input energetici per unità di prodotto: dietro alla Gran Bretagna (13,7, che ha però un’economia guidata dalla finanza) ma davanti a Francia (15,6), Spagna (17,3) e Germania (17,8). Stesso discorso per gli input di materia: con 285,9 tonnellate per milione di euro prodotto siamo dietro alla Gran Bretagna (240,1) ma davanti a Francia (340,5), Spagna (355,3) e Germania (399,1). Siamo i più efficienti nella riduzione di rifiuti: le nostre imprese ne producono 43,2 tonnellate per milione di euro, quelle spagnole 54,7, quelle britanniche 63,7, le tedesche 67,4 e le francesi 77,4. Oltre ai rifiuti le emissioni climalteranti: con 97,3 tonnellate di CO₂ equivalenti ogni milione di euro, fanno meglio di noi Francia (80,9, forte del nucleare) e Regno unito (95,1) mentre distanziamo Spagna (125,5) e soprattutto Germania (127,8). L’attenzione delle imprese all’ambiente si legge anche nella crescita dei brevetti green in Italia: complessivamente 3.500 (10% dei brevetti europei). Con un aumento del 22% nel periodo 2006-2015, e una dinamica in controtendenza rispetto ai brevetti in generale. L’Italia è il terzo Paese al mondo, dopo Cina e Giappone e davanti a Spagna, Germania, Francia ma anche Usa, per numero di certificazioni ISO 14001.

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